Sull'articolo Prove di metà studio, metà lavoro (agricolo) all'Accademia delle Belle arti di Pechino
14 aprile 1966
 
 
Tutte le singole scuole di ogni ordine e grado (primarie, medie, università, scuole militari, scuole mediche, accademie di letteratura ed arte, così come altri tipi di scuole come le scuole di partito, le scuole per giornalisti, le scuole di lingue straniere, le scuole per diplomatici, ecc., ivi comprese discipline come le scienze sociali, le scienze naturali e le conoscenze elementari di entrambe) devono fare così. Bisogna fare gradualmente dei preparativi affinché si esca dalle scuole e si vada nelle fabbriche e nelle zone rurali a mangiare, vivere e lavorare con gli operai e i contadini, a studiare il lavoro di fabbrica e l'agricoltura. Per quel che riguarda i programmi di lavoro industriale e studio, la cosa migliore è fare metà e metà, o al massimo 40% di lavoro e 60% di studio.
Il tempo dedicato allo studio sui libri deve pertanto essere assai ridotto. Certamente bisogna leggere libri, ma a leggerne troppi, ci si atrofizza.
Tutti gli insegnanti, senza eccezione, devono rinunciare a darsi delle arie, perché l'insegnamento è benefico tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti. Al momento opportuno occorre fare il bilancio dell'esperienza acquisita e correggere gli errori commessi. Numerosi libri inutili andrebbero chiusi in soffitta. È un po' come quando abolimmo l'obbligo di studiare i Cinque Classici e i Quattro Libri, le Ventiquattro Storie, le cento scuole di pensiero1 e quelle innumerevoli raccolte e antologie. È stata la rivoluzione ad avere la meglio. Facciamo un esempio: fra i membri del Partito comunista e i nostri quadri militari, chi non sapeva scrivere o conosceva appena qualche carattere ammontava al 90% circa, e chi sapeva scrivere qualcosa, avendo frequentato per esempio tre anni di scuola media, oppure l'Accademia militare di Whampoa o le accademie militari dello Yunnan o dell'Unione Sovietica, erano pochissimi. I laureati erano praticamente inesistenti. Perciò c'era chi diceva che il Partito comunista era "ignorante ma capace", anziché "erudito ma maldestro". Da un punto di vista formale, questa massima sembrerebbe avere un fondo di verità, ma in realtà è totalmente sbagliata. Il Partito comunista ha frequentato vent'anni di università militare e rivoluzionaria. I professori e gli studenti delle università dell'epoca non erano altro che topi di biblioteca: primo, non sapevano combattere; secondo, non sapevamo fare la rivoluzione; terzo, non sapevano svolgere lavoro manuale; quarto, non sapevano lavorare la terra. Le loro conoscenze erano decisamente incomplete e non riuscivano a capire una parola di quello che gli si diceva. Tra di loro c'era chi poteva vantare una qualche conoscenza, ma si trattava di saperi anticomunisti, antipopolari e controrivoluzionari; le cose più o meno stanno così ancor oggi. Erano anche "capaci", certo, ma di attuare metodi controrivoluzionari. Per questo dico spesso che, a confronto con gli operai e i contadini, gli intellettuali sono decisamente ignoranti. Senza provare vergogna passano di libro in libro, da concetto a concetto. Così facendo, oltre che a fare attività controrivoluzionaria, si finisce per favorire la restaurazione del potere borghese e a formare i revisionisti. Alcuni, dopo essere stati rieducati dagli operai e contadini nel corso del movimento delle quattro pulizie, hanno finalmente provato vergogna per quanto stavano facendo e hanno acquisito entusiasmo rivoluzionario. Così va bene.
Dice una poesia Tang: "Nel fumo dei rotoli di seta e bambù svaniscono le gesta dell'imperatore, / invano il passo e il fiume sorvegliarono la casa degli antenati del drago. / Le ceneri non ancora fredde nella fossa, scoppia il caos sotto i monti d'oriente; / Liu e Xiang mai alcun libro avevano letto"2. Ci sono dei compagni che affermano: "I poco istruiti rovesciano gli eruditi, i giovani rovesciano gli anziani"; questa è una legge valida ora come nell'antichità. Di classici, annali e libri di maestri ce n'erano a bizzeffe, talmente tanti che si sarebbe potuto riempire un oceano, ma questo non ha fatto che sancire la loro distruzione: infatti c'era appena qualche migliaio di persone che riusciva a stare al passo con loro, mentre tutti gli altri fondamentalmente non capivano di che si stesse parlando. È stata davvero una grande liberazione per la quale ci sarebbero da ringraziare cielo e terra. Pertanto, tutte le scuole, senza distinzione, devono impiegare il metodo di mandare gli studenti a lavorare in fabbrica o nelle campagne e mettere in pratica programmi di metà studio, metà lavoro. Naturalmente ciò va fatto passo dopo passo, per fasi, ma va fatto. Le scuole che si rifiutano andrebbero chiuse, per evitare che, così facendo, possano provocare indicibili pericoli che si ripercuoteranno nel futuro.
 
 
NOTE
La fonte dell'opera è Mao Zedong Wenge Tanhua Zhishi Huibian (Raccolta delle dichiarazioni e direttive di Mao Zedong nel corso della rivoluzione culturale).
1. Le opere qui enumerate da Mao (testi classici confuciani, famosi libri storici dinastici e le scuole di pensiero protagoniste del dibattito avvenuto nel Periodo delle Primavere e Autunni e nel Periodo degli Stati Combattenti) dovevano essere obbligatoriamente studiate (e addirittura imparate a memoria) nelle scuole cinesi fino al 1949.
2. Si tratta della poesia Fossa del rogo dei libri (Fenshu Keng) di Zhang Jie (836-905), poeta della dinastia Tang. Il breve componimento sarcasticamente vuole dimostrare come il rogo dei libri ordito da Qin Shi Huang fra il 213 e il 206 a.C. non servì a salvare la sua dinastia, che fu rovesciata nel 202 ad opera di Liu Bang (futuro imperatore Gaozu) e Xiang Yu, che pure "mai alcun libro avevano letto", nel senso
che non provenivano da famiglie agiate o erudite.