Conversazione in occasione del 73° compleanno

 
26 dicembre 1966
 
 
 
(Dalle memorie di Wang Li1.)
Ho letto numerose ricerche cinesi e internazionali sulla rivoluzione culturale cinese, ma tutte ignorano od omettono l’importante conversazione di Mao Zedong tenuta in occasione del suo settantatreesimo compleanno. Così facendo, è difficile effettuare un’analisi scientifica del retroscena della “rivolta di gennaio” e di tutta una serie di altri incidenti storici, della rivoluzione culturale cinese e di Mao Zedong. Perciò prima la esporrò in modo imparziale, dopodiché darò i miei giudizi.
Il 26 dicembre 1966 era il compleanno del presidente Mao e, la sera, lui e Jiang Qing all’improvviso invitarono Chen Boda, Zhang Chunqiao, Wang Li, Guan Feng, Qi Benyu e Yao Wenyuan a cena presso la piscina di Zhongnanhai. Lin Biao, il Primo ministro, Tao Zhu e Li Fuchun non c’erano. Quando arrivammo, il presidente Mao era già ad aspettarci. Quel giorno faceva molto caldo. Cenammo come facevano loro di solito, e come lui stesso faceva quando riceveva gli ospiti stranieri, con quattro piatti di pesce e una zuppa. Quel giorno vi si aggiunse una piccola scodella di spaghetti, patate dolci al forno e mais bollito.
Prima di cena, il presidente Mao parlò molto. Non aveva mai festeggiato il compleanno, eppure quella volta lo fece. In realtà si trattava di una riunione importante. Rimasi profondamente impressionato dalle parole del presidente Mao in quella occasione.
Il presidente Mao disse: Lo sviluppo della rivoluzione socialista è giunto ad una fase nuova. Nell’Unione Sovietica è stato restaurato il capitalismo: è venuta meno la culla della Rivoluzione d’Ottobre. L’esperienza sovietica ci insegna che, dopo la presa del potere politico, il problema centrale diventa se il proletariato può o non può consolidare questo potere politico, può o non può impedire la restaurazione del capitalismo. Il problema sta proprio nel Partito, la fortezza che si può demolire dall’interno con più facilità. La lotta di classe non è finita. La Grande Rivoluzione culturale proletaria è diretta contro la borghesia, ed in particolare è una prova di forza generale contro gli agenti piccolo-borghesi infiltratisi nel Partito, una prova di forza cominciata sin dalla presa del potere politico.
Il presidente Mao disse: Ho contribuito alla redazione della circolare del 16 maggio, alla diffusione dei manifesti murali a grandi caratteri, al grande scambio di contatti fra le guardie rosse ed al grande scambio di esperienza rivoluzionaria in tutto il Paese. Tutto il corso degli eventi della Grande Rivoluzione culturale è stato sinora rivolto alla lotta contro la linea reazionaria borghese e ora così deve proseguire. La borghesia ha un mercato sicuro, all’interno del Partito: si tratta dei numerosi quadri che non hanno trasformato o che hanno trasformato male la propria concezione del mondo. Eccolo, il mercato dove la borghesia fa i suoi acquisti. Perché sono in grado di ingannare le masse? Perché sono il Partito comunista. Il Partito comunista ha rivoltato cielo e terra, la condizione degli operai è notevolmente migliorata, i contadini hanno preso la terra; tutti sostengono il Partito comunista. Queste persone invece spacciano per propri i meriti di altri e si fanno passare come l’incarnazione del Partito. Ma che dicono? Dicono di essere i capi del Partito e credono che il Partito darà loro ascolto. Sostengono che non bisogna basarsi sui principi, bensì sull’obbedienza incondizionata, ma non alla giusta direzione del CC del Partito, quanto piuttosto alle autorità superiori. Sono per l’obbedienza cieca, per la giustizia dei proprietari di schiavi. Su questo sono diverso da loro, ed è una differenza non da poco. Disapprovo il fatto che si autoproteggano, che lottino contro le masse, che promuovano l’obbedienza cieca. Non mi stancherò mai di ripetere che l’obbedienza se la merita una giusta direzione che si basi su una linea conseguentemente rivoluzionaria, mentre invece una direzione sbagliata che mette in pericolo la rivoluzione si merita la critica. Si tratta di un principio politico e di un principio organizzativo. Occorre lavorare partendo da questo principio e far sì che anche le masse capiscano, che le masse se ne impadroniscano per davvero.
Questo genere di persone che percorrono la via capitalista, così come chi persiste ostinatamente sulla linea reazionaria borghese, hanno deposto le armi. Da una parte c’è chi vuole condurre la rivoluzione socialista fino alla vittoria, dall’altra chi vuole conservare l’ordine capitalista, le vecchie convenzioni, le vecchie organizzazioni, i vecchi costumi. Da una parte c’è chi vuole la rivoluzione, dall’altra chi vuole la reazione. Ecco quindi la continuazione della lotta fra le due vie.
Il presidente Mao disse: Di recente sono apparsi degli aspetti nuovi e gli operai, i contadini e i soldati si sono sollevati su vasta scala, hanno infranto ogni tipo di ostacolo, hanno stabilito le proprie organizzazioni rivoluzionarie e si sono lanciati nella Grande Rivoluzione culturale. Inoltre, gli studenti rivoluzionari hanno cominciato a trasformarsi, si sono sviluppati, espansi e aumentati. Essi vanno fra gli operai e i contadini e si uniscono a loro. Un’altra caratteristica è che anche i quadri rivoluzionari del Partito e dello Stato si sono ribellati. La forza principale è costituita dagli operai, ma anche l’unità fra gli studenti e gli operai e la presenza dei quadri rivoluzionari sono essenziali. Tutti i movimenti rivoluzionari apparsi sulla scena della storia moderna della Cina sono partiti dagli studenti e si sono sviluppati inglobando gli operai, i contadini e gli intellettuali rivoluzionari, divenendo così effettivamente di successo. Questa è una legge oggettiva. Il Movimento del 4 maggio è stato di questo tipo, così come la Grande Rivoluzione culturale.
Il concetto principale del discorso del presidente Mao era la lotta di classe totale in tutto il Paese. A cena, proponendo un brindisi, il presidente Mao disse: “Alla salute della lotta di classe totale in tutto il Paese”. Lo disse anche nella conversazione tenuta prima della cena. Oltre a quanto detto sopra, prima di cena disse anche molte altre cose. Queste parole è possibile ritrovarle in articoli pubblicati successivamente. Pur non utilizzando il grassetto, questi pensieri appartenevano al presidente Mao. “Lotta di classe totale in tutto il Paese”: queste parole sintetizzano perfettamente la sua idea della situazione corrente di allora e del successivo corso di azioni.
Secondo alcuni, il presidente Mao avrebbe detto: “Bisogna sviluppare una guerra civile totale in tutto il Paese”, ma io non ricordo di averlo sentito dire ciò. Le parole “totale” e “in tutto il Paese” si riferivano all’industria ed all’agricoltura. Intendeva dire che bisognava assolutamente condurre la Grande Rivoluzione culturale nell’industria e nell’agricoltura, altrimenti sarebbe stato come lasciarla a metà.
In merito alle parole: “Fare la rivoluzione e promuovere la produzione”, il presidente Mao disse che fare la rivoluzione permette di promuovere la produzione, poiché rivoluzionarizzando il pensiero degli individui, è possibile risolvere i problemi di orientamento della produzione, è possibile far cadere i vecchi schemi che ostacolano la produzione e produrre un nuovo sistema di regolamenti, ed ancora, è possibile spingere in avanti lo sviluppo della produzione. Il presidente Mao disse: Alcuni usano come scusa la necessità di avanzare la produzione per schiacciare la rivoluzione, non si preoccupano di altro che il proprio cappello nero2, di conservare i vecchi schemi capitalisti e revisionisti. Hanno paura che la rivoluzione delle masse li travolga. In passato campavano sui vecchi schemi e sarebbe stato incomprensibile per loro distaccarsi da essi. Provocare le masse a fermare la produzione e incitare le masse a lottare contro sé stesse, significa praticare la linea reazionaria borghese. Seguendo questa rotta, si finirà per intraprendere la via capitalista. Tutto ciò che è volto a impedire che la Grande Rivoluzione culturale penetri fra gli operai e i contadini, tutto ciò che rifiuta l’idea per cui gli operai e i contadini debbano condurre la Grande Rivoluzione culturale, tutto ciò va respinto, è sbagliato. La partecipazione degli operai e dei contadini alla Grande Rivoluzione culturale è una tendenza storica inarrestabile, e tutti coloro che tentano di ostruirla ne devono essere cacciati fuori.
Il presidente Mao disse che questa era la sostanza delle sue divergenze con Tao Zhu. Allora un numero relativamente elevato di persone, me compreso, non capiva queste cose. Prima si diceva che le organizzazioni del Partito sotto il livello dei comitati di prefettura non dovevano fare la rivoluzione culturale, poi si diceva che doveva essere condotta anche nelle fabbriche e nelle campagne. Queste due indicazioni erano basate su istruzioni del presidente Mao, ma io e altri inizialmente non capivamo per quale motivo egli avesse voluto generare una trasformazione tanto radicale. Dopo aver ascoltato il presidente Mao in occasione del suo compleanno, finalmente capii.
Il presidente Mao disse inoltre: Lotta-critica-trasformazione. Ma che bisogna trasformare? Bisogna trasformare solo qualcosa nei dipartimenti culturali e nelle scuole? O la Grande Rivoluzione culturale deve forse trasformare l’intera nazione? E che bisogna cambiare rispetto all’industria, all’agricoltura, alla base socio-economica? Non c’erano bersagli. Ancor oggi si fa fatica a comprendere il retroscena di questa questione. La rivoluzione culturale fu una tragedia e il presidente Mao non raggiunse il suo scopo originale. Alcuni sono davvero convinti che il presidente Mao volesse scatenare la ribellione in tutto il Paese, ma per quale motivo qualcuno dovrebbe voler mandare nello scompiglio la propria nazione?
Il presidente Mao era convinto che le vecchie macchine andassero convertite in nuove macchine, i vecchi metodi in nuovi metodi, il vecchio ordine sociale in nuovo ordine sociale, il vecchio sistema (non il sistema socialista, ma il vecchio sistema di regolamenti) in nuovo sistema, e che la vecchia disciplina (obbedienza assoluta verso le autorità superiori) dovesse cadere. Circa la grande democrazia, il presidente Mao la pensava così. Credeva che i nostri vecchi sistemi fossero praticamente identici a quelli capitalisti, feudali e sovietici e che la grande democrazia andasse bene e fosse il metodo più conveniente per attaccare il nemico, anche perché consentiva di creare la nuova pratica comune della supervisione diretta degli organi e del personale dirigenti a tutti i livelli.
Il presidente Mao inoltre affermò che la dittatura del proletariato è la garanzia per la grande democrazia proletaria: senza dittatura del proletariato, non ci può essere grande democrazia, ma nemmeno una piccola democrazia. La dittatura deve garantire l’autorità democratica del popolo, garantire la regolarità dei grandi dibattiti, il grande confronto delle idee, i manifesti murali a grandi caratteri e il grande scambio di esperienza da parte delle masse, ma non può intervenire con repressioni o arresti indiscriminati. Misure dittatoriali e sanzioni legali devono, in presenza di prove, essere rivolte unicamente contro controrivoluzionari come omicidi, sabotatori, avvelenatori (e non si intendeva chi parlava maliziosamente contro la dirigenza, bensì chi materialmente avvelenava qualcuno), istigatori di incidenti, assassini segreti e spie. Le masse rivoluzionarie devono mobilitarsi, contribuire a porre la dittatura sotto supervisione e garantire il successo della grande democrazia proletaria.
Il presidente Mao disse più volte che quello degli avvelenatori era un problema ideologico, di pensiero reazionario, di perseverare sull’ideologia borghese, e fintanto che non veniva infranta la legge, non andava arrestato nessuno. Bisognava tirare fuori i fatti e ragionare, parlare con i responsabili. Disse che la dittatura va limitata in estensione. I problemi interni, anche trattandosi di dirigenti che hanno intrapreso la via capitalista e di irriducibili seguaci della linea reazionaria borghese, vanno risolti all’interno del Partito, all’interno del governo o all’interno dei partiti democratici, persino nel caso di spie comprovate, senza giustiziare nessuno. Questa cosa, durante la rivoluzione culturale, la sentii ripetere dal presidente Mao fino alla nausea. Ci teneva molto a insistere su questo. Ciononostante, egli non proseguì su questa strada: prima disse che non bisognava ricorrere ad arresti in grande quantità, riferendosi anche alle spie comprovate, poi però la maggioranza dei quadri rovesciati furono arrestati. Egli non tenne fede alle sue parole iniziali.
Il presidente Mao disse: Sembra impossibile dire che la lotta fra le due linee all’interno del Partito sia terminata. Aggiunse: Non si tratta di una lotta cominciata con la Grande Rivoluzione culturale, bensì con il socialismo stesso. In ultima analisi, si tratta di stabilire se costruire il socialismo o il capitalismo. La lotta fra queste due linee si riflette nel Partito, riproducendosi al suo interno. Inoltre disse: Questa lotta al momento non è stata risolta. Liu Shaoqi la sta ancora combattendo. A tutti i livelli e in tutti i campi esiste questo problema. Essi occupano incarichi dirigenti all’interno del Partito ed hanno una grande influenza in certi ambienti. Per eliminare questa influenza e risolvere il problema dal punto di vista del pensiero, in ogni aspetto e in ogni campo, bisogna svolgere un lavoro penetrante e meticoloso e ci vuole una lotta di durata estremamente lunga.
Il presidente Mao disse: La partecipazione dei quadri dirigenti rivoluzionari alla Grande Rivoluzione culturale è senz’altro essenziale. Bisogna distruggere le “sacre regole e interdizioni” e le restrizioni all’attività delle masse, andare fra le masse, unirsi ai compagni operai, contadini e studenti, partecipare alla lotta-critica-trasformazione, e portare a compimento la rivoluzione del sistema. Occorre continuare a distinguere fra i due tipi di contraddizione di natura differente, criticare i dirigenti allo scopo di curare la malattia e salvare il paziente, unire la grande maggioranza e il 95% della popolazione. Il presidente Mao credeva che più dirigenti fossero passati dalla parte delle masse rivoluzionarie, più avrebbero appoggiato il fatto che aveva messo in campo la rivoluzione da parte delle masse. Egli disse che il piccolo pugno di duri a morire, di irriducibili nei loro errori, di elementi “devoti fuori e nemici dentro” e di doppiogiochisti deve essere rovesciato dalle masse, perché si tratta di gente che “sfrutta gli errori e le calamità per istigare il disordine” (queste ultime parole citate dal presidente Mao appartenevano a Tao Zhu).
Questo fu quanto disse il presidente Mao prima di cena. Qui si trova il contenuto essenziale della sua “lotta di classe totale in tutto il Paese”, nonché la base che avrebbe portato al suo appello per la presa del potere totale in gennaio, ma anche delle sue ripetute critiche all’anarchismo. Queste parole illustrano in modo più completo il pensiero alla base della sua decisione di scatenare la rivoluzione culturale. A cena non disse nulla e si limitò ad un brindisi. Dopo cena si soffermò a chiacchierare di questioni di poco conto, poi noi ci accomiatammo.
Questa conversazione tenuta dal presidente Mao in occasione del suo compleanno, è un discorso importantissimo della rivoluzione culturale. Dopo aver ascoltato queste parole, in qualche modo mi ero convinto che il mio pensiero fosse indietro rispetto al presidente Mao e rispetto al movimento. Pensavo che il presidente Mao fosse sempre una spanna avanti e che noi non potessimo tenere il passo con lui. Ritenni il discorso del presidente Mao molto profondo, perché la rivoluzione culturale andava avanti da sei mesi e lui era già in grado di fornire una sintesi generale e di permetterci di comprendere alcune cose in modo relativamente più chiaro. Allora ero un sostenitore della linea del presidente Mao, e questo era il punto principale. Non voglio fare come altri, che nelle loro memorie hanno scritto di aver condotto, all’epoca, una lotta risoluta contro gli errori del presidente Mao. Costoro non sono che “santi in retrospettiva” e comunque io non vidi mai nessuna traccia di questa lotta risoluta. Possibile che non si avessero dei dubbi allora? Impossibile. Questo metodo a che ha portato, alla fine? Io ero un po’ nervoso. Qualche giorno dopo aver ascoltato le parole del presidente Mao, parlando con il mio autista del Dipartimento per le Relazioni internazionali, Wang Gui, dissi: “La Grande Rivoluzione culturale va avanti da sei mesi e deve ancora essere estesa. Sembra proprio che tutti i quadri dovranno essere rovesciati”. Successivamente, quando, nel 1982, uscii dalla prigione di Qincheng, Wang Gui mi disse: “Avevi visto giusto, alla fine tutti i quadri dirigenti sono stati rovesciati”. Ciononostante, all’epoca non sollevai proposte differenti.
 
NOTE
 
La fonte dell’opera è Mao Zedong Wenge Tanhua Zhishi Huibian (Raccolta delle dichiarazioni e direttive di Mao Zedong nel corso della rivoluzione culturale ).
 
1. Il testo è tratto da Wang Li Fansilu (Memorie di Wang Li ), inserito in una raccolta di manoscritti di Wang Li (Wang Li Yigao ), Casa editrice “Stella polare” di Hong Kong, pp. 322-329.
Wang Li (1922-1996) entrò nel Partito Comunista Cinese nel 1939 e lavorò nello Shandong fino alla fondazione della Repubblica popolare cinese. Nel 1955 fu vicesegretario della Commissione per gli Affari internazionali del CC del PCC; successivamente divenne vicedirettore della rivista Hongqi , occupandosi di politica estera, e nel 1963 fu nominato vicedirettore del Dipartimento per le Relazioni internazionali del CC del PCC. Allo scoppio della Rivoluzione culturale proletaria nel 1966, Wang Li divenne membro del Gruppo per la Rivoluzione culturale sotto il CC; nel gennaio 1967, dopo la caduta di Tao Zhu e lo scioglimento del Dipartimento di Propaganda, Wang fu nominato presidente del Gruppo centrale per il lavoro di Propaganda. Diede ripetutamente prova di essere un “ultrasinistro” e fu espulso dal PCC ed arrestato nel gennaio 1968 per il suo ruolo in alcuni incidenti. Fu rilasciato nel 1982.
2. Il cappello nero era portato dai burocrati della Cina feudale.