Cambogia
La polizia spara sugli operai tessili in sciopero
La lotta è per il raddoppio della misera paga e per migliori condizioni di lavoro

 
Dall'ultima settimana dello scorso dicembre decine di migliaia di operai tessili, guidati dai due principali sindacati del paese, sono scesi più volte in piazza a Phnom Penh, bloccando la circolazione e assediando il ministero del Lavoro per avere consistenti aumenti salariali e per migliori condizioni di lavoro. Il governo del rinnegato Hun Sen ha tentato di far cessare la protesta con una misera offerta di aumenti salariali e poi ha inviato la polizia a sparare sui manifestanti anche per impedire che la lotta dei lavoratori possa unirsi alla protesta delle opposizioni, che denunciano brogli e contestano i risultati del voto dello scorso luglio vinte di stretta misura dal suo partito al potere da 28 anni. Da quando, appoggiato dai revisionisti vietnamiti, distrusse l'esperienza socialista del Kampuchea Democratico diretto dal compagno Pol Pot e ripiombò il paese sotto capitalismo. La situazione attuale ne evidenzia gli amari frutti per i lavoratori e le masse popolari cambogiane.
I sindacati di categoria avevano organizzato la forte protesta degli operai tessili a sostegno della richiesta del raddoppio del misero salario minimo, dagli attuali 80 dollari a 160 dollari al mese. Un aumento necessario per garantire migliori condizioni di vita agli operai e alle loro famiglie, molti lavoratori sono costretti a pagare dai 30 ai 60 dollari al mese per l'affitto di una sola stanza nelle baracche dei quartieri dormitorio costruiti nella periferia della capitale presso le zone industriali.
Nella manifestazione del 27 dicembre decine di migliaia di operai bloccavano le vie di accesso al ministero del Lavoro e affrontavano col lancio di sassi e molotov la polizia che cercava di disperderli. Il bilancio degli scontri era di una decina di feriti e altrettanti lavoratori arrestati. Il governo prometteva un aumento del salario minimo da 80 a 95 dollari al mese; una proposta ritenuta insufficiente dai sindacati e dai lavoratori che continuavano le proteste.
La mobilitazione dei lavoratori tessili si estendeva e minacciava di paralizzare l'industria manifatturiera del paese, fra le più importanti con oltre 650 mila occupati e un giro di affari di oltre 5 miliardi di dollari che copre oltre l'80% delle esportazioni cambogiane; esportazioni verso l'Unione europea e gli Usa cresciute a dismisura negli ultimi anni che hanno garantito crescenti profitti ai capitalisti cambogiani permettendo loro tra l'altro di sfilare fette di mercato ai pur potenti concorrenti capitalisti cinesi. Le quasi 600 fabbriche tessili cambogiane, delle quali quasi 400 sono nella capitale Phnom Penh, producono a bassissimi costi per le principali multinazionali del settore dall'Adidas a Calvin Klein, Clarcks, Levi's, Nike, Puma, Reebok e per numerose marche cinesi e di Hong Kong.
Nella capitale le manifestazioni operaie si affiancavano a quelle dei sostenitori del principale partito di opposizione, il Partito di salvezza nazionale, che da mesi avevano costruito un accampamento di tende e baracche nel Parco della Libertà, da dove il 29 dicembre era partito il corteo degli oltre 100 mila manifestanti, lavoratori, contadini, monaci, che protestavano contro il Partito del popolo di Hun Sen chiedendo le dimissioni del premier e una nuova tornata elettorale.
Il regime del rinnegato Hun Sen vista fallire la tecnica della carota ha impugnato il bastone inviando le squadre speciali della polizia a sparare sui lavoratori in sciopero.
Già il 2 gennaio le squadre speciali della polizia scioglievano con la forza un corteo di protesta alla periferia di Phnom Penh arrestando una quindicina di persone fra le quali cinque monaci buddisti. Gli arrestati erano rilasciati la sera stessa dopo che migliaia di manifestanti avevano bloccato una delle principali autostrade che collegano la capitale chiedendo la loro liberazione.
I corpi speciali della polizia entravano in azione anche il 3 gennaio e sparavano sul corteo dei lavoratori; al termine degli scontri il pesante bilancio era di 4 morti, almeno 10 i feriti e più di una ventina di manifestanti arrestati.
Il pugno di ferro usato sui lavoratori in sciopero si abbatteva il 4 gennaio anche suIl'opposizione; toccava all'esercito il compito di sgomberare e distruggere l'accampamento nel Parco della Libertà a Phnom Penh. Mentre l'Onu, che ha sostenuto Hun Sen nel ripristinare la “democrazia borghese” nel paese, faceva sentire un flebile vagito lamentandosi per “l'uso eccessivo” della forza contro i lavoratori. Ipocrisia imperialista.

15 gennaio 2014