Si allarga la forbice tra ricchi e poveri
4 milioni di italiani hanno in tasca il 34% del reddito nazionale
Al Sud le disuguaglianze più forti

Sono appena 4 milioni gli italiani più ricchi che nel 2007, poco prima dell'inizio della crisi, avevano in tasca il 34% del reddito nazionale. Il dato è presente in uno studio pubblicato da Bankitalia.
Numerosi studi dimostrano peraltro che la concentrazione di ricchezza nazionale in poche mani è cresciuta progressivamente negli ultimi trent'anni e che tale processo ha avuto un'accelerazione proprio a ridosso della crisi, subendo un lievissimo arretramento fra il 2007 e il 2009, quando la percentuale concentrata nelle mani del 10% della popolazione (i 4milioni) scende dal 34,12 al 33,87.
Nel 1983 assorbivano il 26 per cento del reddito nazionale. Nel 1993 intascavano il 30% del reddito. Nel 2003 più del 33% del reddito.
La concentrazione della ricchezza è tra le concause o tra gli effetti della crisi economica capitalistica? Dibattono ancora gli economisti borghesi se “è nato prima l'uovo o la gallina”. Tuttavia la domanda giusta è: come i governi nazionali hanno operato prima, a ridosso e durante la crisi, per favorire e accentuare tale concentrazione della ricchezza in poche mani?
La misura in Italia dell'indice di Gini (misura la disuguaglianza economica), rilevata dal rapporto 2011 dell’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) è tra le più alte a livello internazionale, mostrando che in Italia le disparità sociali e territoriali sono più pesanti che in altri Paesi nel pieno della crisi. Ciò può e deve essere spiegato anche e soprattutto con le politiche governative che, negli ultimi decenni, certo a partire da quegli anni Ottanta presi in considerazione dalla ricerca di Bankitalia, hanno attaccato i salari dei lavoratori a tutto vantaggio delle rendite finanziarie e dei profitti capitalistici. Hanno depredato le ricchezze e le risorse delle masse e annullato i servizi pubblici, attraverso una criminale serie di privatizzazioni e dismissioni a favore di pochi ricchissimi, e simultaneamente hanno tagliato redditi da lavoro salariato e da pensioni attraverso una serie di controriforme.
Basta mettere in correlazione la politica spoliatrice dei governi con l'ulteriore arricchimento dei 40mila supericchi italiani, lo 0,1% della popolazione, coloro che hanno stipendi, pensioni e rendite superiori ai 250mila euro: nel 1983, costoro detenevano meno dell'1,5% per cento del reddito nazionale, nel 1993 il 2%, nel 2007 si accaparravano il 3%.
Alcuni studi sottolineano, inoltre, come l’Italia sia l’unica tra le potenze economiche capitalistiche a registrare divari territoriali così ampi e come la più elevata disuguaglianza tra i redditi nel Mezzogiorno sia imputabile soprattutto a una maggiore presenza nel Sud di redditi medio-bassi e di tasso di inattività estremamente elevato. Si potrebbe pensare che in fondo è sempre stato così dall'unità d'Italia. Il punto però è ancora una volta che tutti i governi succedutisi in questi anni hanno peggiorato le diseguaglianze tra ricchi e poveri e tra Nord e Sud.
 

15 gennaio 2014