Referendum sulla Costituzione
Solo il 38% dell'elettorato egiziano va alle urne
I Sì superano il 98%

 
Al referendum del 14 e del 15 gennaio sul testo della nuova costituzione egiziana il voto favorevole ha superato il 98% dei voti validi ma la vera entità del plebiscito cercato dal governo insediato dal generale Abdel Fattah al Sisi è espressa dai votanti che sono stati solo il 38% degli oltre 53 milioni di elettori.
Lo scontato voto favorevole alla carta costituzionale, nelle intenzioni di al Sisi, dovrebbe legittimare il governo insediato al Cairo dopo la deposizione e l'arresto dell'ex presidente Morsi del 3 luglio scorso cancellando le parti più contestate della Costituzione voluta dal partito dei Fratelli musulmani in particolare riguardo la preminenza data alla religione islamica.
Sapendo di non riscontrare una larga approvazione nel paese, ai militari bastava superare il dato della partecipazione al referendum della precedente Costituzione nel luglio 2012 quando a votare si era recato il 33% degli elettori e il documento ottenne il 64% di consensi; i due terzi dell'elettorato disertarono le urne nel 2012 e poco di meno lo hanno fatto il 15 gennaio. Da ricordare che il 19 marzo del 2011, al primo voto dopo le rivolte iniziate il 25 gennaio che portarono alla caduta della dittatura del generale Hosni Mubarak, la partecipazione al voto era stata del 70%.
Questa volta al boicottaggio del voto hanno dato il loro contributo il principale partito islamico, quello dei Fratelli musulmani, ma non quello salafita di al Nour che ha partecipato alla stesura del documento e appoggia il governo di al Sisi, e diversi movimenti giovanili e laici tra i protagonisti della rivolta di piazza Tahir che contestano la militarizzazione dello Stato a partire dai maggiori poteri dati all'esercito nel reprimere le manifestazioni di piazza.
Il testo della nuova costituzione, elaborato dalla apposita commissione composta da 50 membri nominati dai militari, conferma l'islam quale religione ufficiale del paese ma prevede molte aperture nei confronti delle minoranze, compresa la libertà religiosa, e esclude dall'attività politica tutti i partiti a “base religiosa”, quelli che nelle prime elezioni di due anni fa avevano ottenuto il consenso di due terzi degli elettori. Per partecipare alle future elezioni politiche dovranno cambiare forma o schierare candidati indipendenti in altre liste. Potranno invece tornare in corsa alcuni protagonisti della dittatura di Mubarak che la precedente costituzione aveva messo al bando. La carta proclama inoltre la libertà di riunione e di espressione e proibisce la tortura e il traffico di esseri umani.
Questi passaggi della costituzione cancellano anche la svolta teocratica semifeudale imposta a colpi di maggioranza dall'ex presidente Morsi e dai Fratelli musulmani ma non hanno convinto neanche parte delle opposizioni laiche e liberali a appoggiarla perché sull'impostazione del documento pesa come un macigno l'impronta dei militari. Il Consiglio supremo delle forze armate, il vero governo del paese, ha il potere di veto sulla nomina del ministro della Difesa, in altre parole il ministro lo scelgono i generali che tra l'altro mantengono il diritto di parola su ogni legge in materia di sicurezza per bloccare all'occorrenza le riforme non gradite; altre norme prevedono che il bilancio delle forze armate rimanga ancora fuori dalle competenze e dalla sorveglianza del parlamento. Infine è ripristinata la competenza dei tribunali militari a giudicare i civili che era stata cancellata nel precedente testo.
Il primo a congratularsi con al Sisi per il “successo” elettorale è stato il nuovo zar del Cremlino Vladimir Putin; gli Usa, che con Turchia e Qatar erano stati tra i sostenitori e finanziatori del regime di Morsi, sembra stiano facendo buon viso a cattiva sorte e dato che anche al Sisi garantisce la continuità della politica della dittatura di Mubarak di copertura verso i sionisti di Tel Aviv si preparano a sganciare anche per il 2014 il consueto aiuto finanziario annuale di 1,5 miliardi di dollari all'esercito egiziano. Che li mette in cassa assieme a quelli del suo nuovo sponsor, l'Arabia Saudita.

22 gennaio 2014