Faraone, uomo di Renzi, indagato per peculato sui rimborsi
Al responsabile Welfare del PD viene contestata una spesa di 3.380 euro
97 indagati, 83 sono deputati di tutti i partiti dell'Assemblea siciliana. Crocetta deve dimettersi

Dal nostro corrispondente della Sicilia
A Davide Faraone, boss dei renziani siciliani, parlamentare nazionale, parlamentare regionale dal 2008 al 2012, candidato renziano trombato alle primarie per il sindaco di Palermo, sono contestate 3.380,60 euro di spese non giustificate nell'inchiesta sui fondi pubblici ai gruppi parlamentari siciliani. Non è ancora noto come avrebbe speso illecitamente parte dei consistenti fondi destinati al suo gruppo, fatto sta che la procura di Palermo indaga su 83 tra parlamentari ed ex-parlamentari siciliani e 14 consulenti al fine di accertare che fine abbia fatto il 50%, e forse più, dei 13 milioni annui destinati ai gruppi parlamentari. Tra le varie contestazioni ci sono l'acquisto di gioielli, borse, profumi e cravatte di marca, regali di nozze, auto, soggiorni in alberghi di lusso per deputati regionali e famiglie.
Si tratta dell'ennesimo scivolone politico del rampante pupillo siciliano del segretario del PD. Il volto "nuovo" Faraone era già finito in un giro di chiacchiere durante le primarie per il candidato PD di Palermo e per un presunto voto di scambio. Esisterebbero persino riprese in cui Faraone entra in casa di Agostino Pizzuto, mafioso del quartiere San Lorenzo-Resuttana, e intercettazioni compromettenti sull'origine dei suoi voti. Costui, il braccio destro di Renzi in Sicilia, è adesso il responsabile Welfare voluto da Renzi nella segretaria nazionale del PD.

L'inchiesta
Nelle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, sui milioni utilizzati da tutti i gruppi presenti in parlamento siciliano tra il 2008 e il 2012, anche il segretario regionale del PD, Giuseppe Lupo, per 39.337 euro, e il capogruppo in parlamento Antonello Cracolici. Cifre alte anche per gli altri parlamentari piddini, come Francesco Rinaldi (45.300 euro), Giacomo Di Benedetto (27.425 euro), Bruno Marziano (12.813 euro), Giovanni Barbagallo (11.569,44 euro), Michele Donato Donegani (10mila euro), Bernardo Mattarella (6.224 euro). La lista potrebbe continuare a lungo.
Tra gli altri parlamentari finiti sotto inchiesta per peculato anche l'ex-presidente della Regione Raffaele Lombardo, MPA, (5.810,66 euro), l'ex presidente del parlamento Francesco Cascio, PDL (5.810,66 euro), l'attuale presidente Giovanni Ardizzone, UDC, (2.090 euro).
Non si spiega, ad esempio, l'ammanco di 45mila euro prelevati dal capogruppo del MPA Francesco Musotto, ex-presidente della provincia di Palermo per FI. Si spiega invece quello di Rudy Maira (PID), già sindaco di Caltanissetta, che ha ricevuto 24 bonifici per un totale di 51mila giustificati come acquisto di un’auto Audi A6 che dalle indagini è risultata di uso privato. I 1.690 euro spesi da Giulia Adamo (adesso UDC sindaco di Marsala) spesi quando era capogruppo del PDL al parlamento sono “giustificati” come acquisto di gioielli.

Gli alleati di Crocetta tra gli indagati
E' scandaloso un tale sperpero di danaro pubblico, mentre le masse popolari siciliane sono allo stremo e questo e i precedenti parlamenti e governi non fanno che approvare tagli su tagli. Solo per fare un esempio con la cifra di denaro pubblico scomparso che oscilla tra i 6,5 e i 10 milioni di euro, avrebbero potuto essere stabilizzati un numero di precari che oscilla tra i cinquecento e gli ottocento. E invece no, i soldi sono serviti a pagare il gioiello della deputata o l'auto di lusso del deputato!
L'attuale governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, PD; approfitta dell'inchiesta per “criticare” il suo partito e lo sperpero di denaro pubblico dei parlamentari. Fatto sta che lo stesso Crocetta, che vorrebbe con vuoti discorsi moralistici allontanare da sé responsabilità in questa vicenda, fa parte egli stesso, sostiene e alimenta concretamente un sistema politico marcio, corrotto, inciucista, scambista di favori, che delapida fondi pubblici. Anzitutto perché lui è uno dei massimi dirigenti regionali e nazionali del PD, responsabile come gli altri di quanto accade nel suo partito. In secondo luogo perché il suo governo è sostenuto da una maggioranza che ha tra le sue fila decine di indagati per peculato in questa recente inchiesta. Che dire, ad esempio, del fatto che uno degli indagati più importati è Lino Leanza (DC a CCD a UDC, MPA) ex-assessore e vice-presidente nel secondo governo Cuffaro, presidente ad interim dopo le dimissioni di Cuffaro. Leanza è colui che ha recentemente inventato l'operazione Articolo 4 per dare alla maggioranza di Crocetta una maggiore consistenza.
E' in questa melma politica reazionaria e intrallazzista, con loschi passati e presenti, che Crocetta ha piantato le fondamenta della sua ascesa politica e mantiene il suo governo. Dunque rivolga anche a se stesso le critiche che ha rivolto ai suoi colleghi parlamentari. Non ne facciamo un discorso unicamente moralista. Diciamo molto più concretamente che questi parlamentari che hanno saccheggiato a piene mani fondi pubblici sono gli stessi che non hanno esitato ad approvare la recente finanziaria di lacrime e sangue del governo Crocetta. E tra le ruberie e i tagli c'è un nesso molto più forte di quello che Crocetta voglia far credere. Anzitutto perché sono le masse popolari siciliane che pagano con i loro sacrifici i lussi di questi politicanti borghesi. Comunque sia il governo Crocetta ne esce ancora una volta del tutto delegittimato, mostrando il suo vero volto che non è per nulla diverso da quello dei recenti governi Lombardo e Cuffaro.
Crocetta si dimetta insieme a tutti i deputati inquisiti, se non vuole l'appellativo di doppio traditore della Sicilia in quanto, dopo aver imposto dolorosissimi tagli, finisce per coprire e giustificare questo ladrocinio criminale. Siamo abbastanza certi che non lo farà. E se non lo farà devono essere le masse popolari siciliane a mandarlo a casa, come fecero con Cuffaro,

22 gennaio 2014