Discorso di Lenin: “La fondazione dell'Internazionale comunista”
Tentano di isolarci, ma gli operai di Cavriago sono per noi

Pubblichiamo il discorso pronunciato da Lenin alla seduta comune del Comitato esecutivo centrale dei soviet di Mosca, del comitato moscovita del partito comunista, del Consiglio centrale dei sindacati, dei sindacati e dei comitati di fabbrica e d'officina di Mosca il 6 marzo 1919. Il titolo è redazionale.

Compagni, non siamo riusciti a riunire al primo congresso dell’Internazionale comunista i rappresentanti di tutti i paesi dove si trovano gli amici più fedeli di quest’organizzazione, dove vi sono operai che simpatizzano appieno per noi. Consentitemi quindi di cominciare con una breve citazione che vi mostrerà quanto i nostri amici siano più numerosi di quel che vediamo e pensiamo, di quelli che siamo riusciti a radunare qui, a Mosca, nonostante tutte le persecuzioni, nonostante la coalizione dell’onnipotente (così sembra) borghesia del mondo intero. Queste persecuzioni sono arrivate al punto che si è tentato di circondarci come con una muraglia cinese e che si sono espulsi i bolscevichi, a decine e a dozzine, dalle repubbliche più libere del mondo, quasi si temesse che una decina o una dozzina di bolscevichi fosse capace di contagiare il mondo intero; ma noi sappiamo che questo timore è ridicolo, perché i bolscevichi hanno già contagiato tutto il mondo, perché la lotta degli operai russi ha già fatto comprendere alle masse operaie di tutti i paesi che proprio qui, in Russia, si decide la sorte della rivoluzione mondiale.
Compagni, ho qui tra le mani L’humanité , un giornale francese che per il suo indirizzo è soprattutto affine all’orientamento dei nostri menscevichi e socialisti-rivoluzionari di destra. Durante la guerra questo giornale ha perseguitato nel modo più implacabile coloro che si attenevano alle nostre posizioni. Attualmente il giornale sostiene gli elementi che nel corso della guerra si sono schierati con la borghesia dei loro paesi. Ebbene, nel numero del 13 gennaio 1919, questo giornale informa che a Parigi si è tenuta un’assemblea molto larga, come riconosce Io stesso quotidiano, dei quadri di partito e dell'attivo dei sindacati operai della federazione della Senna, cioè della zona più vicina a Parigi, della zona che è il centro del movimento proletario, il centro di tutta la vita politica francese. All’assemblea ha preso anzitutto la parola Bracke, un socialista che per tutta la guerra ha condiviso le posizioni dei nostri menscevichi e dei nostri difensisti di destra. Bracke è stato cheto come l’olio. Non ha nemmeno sfiorato una sola questione spinosa! E ha concluso dichiarandosi contrario all’intervento del governo del suo paese nella lotta del proletariato degli altri paesi. Le sue parole sono state sommerse dagli applausi. È poi intervenuto uno dei suoi compagni di idee, un certo Pierre Laval, che ha parlato della smobilitazione, cioè della questione più dolente della Francia odierna, del paese che ha forse sopportato più sacrifici di ogni altro in questa guerra criminale. La Francia vede oggi che la smobilitazione si trascina per le lunghe, viene rallentata, che non si ha alcun desiderio di realizzarla e che si prepara invece una nuova guerra, che imporrà evidentemente agli operai francesi nuovi sacrifici, al fine di determinare quale parte del bottino dovranno ancora ricevere i capitalisti francesi o inglesi. Ebbene, il giornale dichiara che la folla ha ascoltato il discorso di Pierre Laval, ma che le sue affermazioni ostili al bolscevismo hanno suscitato tali proteste e provocato tale indignazione che l’assemblea è stata sospesa. In seguito il cittadino Pierre Renaudel non è riuscito a prendere la parola, e la riunione si è conclusa con un breve intervento del cittadino Péricat, cioè di uno dei pochi rappresentanti del movimento operaio francese che nella sostanza solidarizzano con noi. Il giornale è stato pertanto costretto a confessare che l’assemblea toglieva la parola all’oratore non appena costui cominciava ad attaccare i bolscevichi.
Compagni, nel momento presente non siamo riusciti ad avere qui direttamente dalla Francia un solo delegato, e soltanto con grande fatica è potuto arrivare fra noi un francese, il compagno Guilbeaux. Egli prenderà la parola oggi. È stato rinchiuso per mesi nelle prigioni della Svizzera, di questa libera repubblica, sotto l’accusa di essere in rapporto con Lenin e di preparare la rivoluzione in Svizzera. Gli hanno fatto attraversare la Germania sotto una scorta di gendarmi e ufficiali, temendo, evidentemente, che vi facesse cadere un fiammifero dando così fuoco alla Germania. Ma la Germania è già in fiamme anche senza questo fiammifero. E, come si vede, in Francia non manca chi simpatizza per il movimento bolscevico. Le masse francesi sono forse tra le masse più esperte, educate politicamente, vive è sensibili. In un’assemblea popolare non permettono a un oratore una sola nota falsa. Gli tolgono la parola. Ed è ancora una fortuna per lui, se, dato il temperamento francese, non lo tirano giù dalla tribuna! Pertanto, quando un giornale che ci è ostile riferisce ciò che è avvenuto in questa grande assemblea, noi diciamo che il proletariato francese è con noi.
Riporto ora una breve citazione da un giornale italiano. Si tenta di isolarci dal resto del mondo in modo tale che noi riceviamo i giornali socialisti degli altri paesi come una grande rarità. Come una rarità ci è pervenuto un numero del giornale italiano Avanti! , organo del Partito socialista italiano, che ha partecipato a Zimmerwald, che ha lottato contro la guerra e che ha deciso oggi di non intervenire al congresso dei gialli a Berna, al congresso della vecchia Internazionale, al congresso di coloro che hanno contribuito con i propri governi a tirare in lungo questa guerra criminale. L’Avanti! è ancora sottoposto a una censura rigorosa. Ma nel numero, che ci è capitato di avere per caso, leggo una corrispondenza sulla vita del partito da una località chiamata Cavriago (un angolino sperduto, evidentemente, perché non si trova sulla carta geografica) e vedo che gli operai, dopo essersi riuniti, hanno approvato una risoluzione in cui si esprime simpatia al giornale per la sua intransigenza e dichiarano di approvare gli spartachisti tedeschi; seguono quindi parole che, pur scritte in italiano, sono comprensibili in tutto il mondo: “sovietisti russi”; gli operai salutano i “sovietisti” russi ed esprimono l’augurio che il programma dei rivoluzionari russi e tedeschi sia accettato in tutto il mondo e serva a condurre sino in fondo la lotta contro la borghesia e contro la dominazione militare. Ebbene, quando leggiamo una tale risoluzione di una qualsiasi sperduta Poscekhonie italiana, possiamo dire a buon diritto che le masse italiane sono per noi, che le masse italiane hanno capito che cosa sono i “sovietisti” russi, quale è il programma dei “sovietisti” russi e degli spartachisti tedeschi. E dire che fino a poco fa non avevamo un tale programma! Non avevamo alcun programma comune con gli spartachisti tedeschi! Ma gli operai italiani respingono tutto ciò che leggono nella loro stampa borghese, la quale, pagata dai milionari e dai miliardari, diffonde in milioni di copie calunnie contro di noi. Gli operai italiani non si fanno ingannare. Essi capiscono che cosa sono gli spartachisti e i “sovietisti” e dichiarano di simpatizzare per il loro programma, persino nel momento in cui questo programma non è ancora tracciato. Ecco perché è stato così facile il nostro lavoro a questo congresso. Ci è bastato trascrivere come programma ciò che era già impresso nella coscienza e nei cuori degli operai, persino di quelli isolati in un angolino sperduto, separati da noi mediante cordoni polizieschi e militari. Ecco perché abbiamo ottenuto così facilmente e concordemente, in tutte le questioni principali, una decisione unanime, ecco perché siamo pienamente convinti che queste decisioni avranno una ripercussione possente sul proletariato di tutti i paesi.
Il movimento dei soviet, compagni, ecco la forma che è stata conquistata in Russia, che si propaga oggi nel mondo intero e che con il suo solo nome fornisce agli operai un programma. Compagni, io mi auguro che noi, a cui è toccata la grande fortuna di sviluppare la forma dei soviet fino alla vittoria, non finiremo per trovarci nella situazione di chi può essere biasimato per presunzione.
Noi sappiamo molto bene, compagni, che siamo riusciti a prender parte per primi alla rivoluzione proletaria sovietica non perché fossimo preparati come gli altri operai, o meglio di loro, ma solo perché eravamo peggio preparati. Questa circostanza ha fatto sì che ci trovassimo dinanzi il nemico più feroce e decrepito, questa circostanza ha determinato la palese ampiezza della rivoluzione. Ma noi sappiamo anche che i soviet esistono da noi e combattono tuttora contro difficoltà immani, causate dall’inadeguato grado di cultura e dal peso che grava da più di un anno su di noi, che restiamo al nostro posto isolati, mentre i nemici ci accerchiano da ogni lato e mentre, voi lo sapete benissimo, sofferenze incredibili, la tortura della fame e tormenti atroci si abbattono su di noi.
Compagni, coloro che direttamente o indirettamente si schierano con la borghesia cercano spesso di rivolgersi agli operai e di suscitare la loro indignazione, mostrando a quali gravi sofferenze siano oggi soggetti gli operai. Per parte nostra diciamo che queste sofferenze sono gravi e che noi non ve le nascondiamo. Così noi parliamo agli operai, ed essi lo sanno bene per loro esperienza. Voi vedete che lottiamo per la vittoria del socialismo non soltanto per noi, non soltanto perché i nostri figli si ricordino dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari come di mostri preistorici, ma anche perché gli operai del mondo intero vincano insieme con noi.
Il primo congresso dell’Internazionale comunista, il quale ha rivelato che i soviet si conquistano la simpatia degli operai in tutto il mondo, ci mostra che la vittoria della rivoluzione internazionale comunista è assicurata. La borghesia imperverserà ancora in molti paesi, dove si sta accingendo a mandare a morte gli uomini migliori, i migliori rappresentanti del socialismo, come attesta il selvaggio assassinio di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht da parte delle guardie bianche. Non cerchiamo intese con la borghesia, marciamo contro di essa verso la battaglia decisiva, finale, ma sappiamo che, dopo le torture, le sofferenze, le sventure della guerra, nel momento in cui le masse lottano in tutto il mondo per la smobilitazione, si sentono ingannate, capiscono quanto sia gravoso il peso delle imposte a cui le sottopongono i capitalisti, che hanno martoriato decine di milioni di uomini per stabilire chi dovesse ottenere un profitto più alto, noi sappiamo che l’ora della dominazione di questi banditi sta ormai passando!
Oggi che la parola “soviet” è diventata chiara per tutti, la vittoria della rivoluzione comunista è assicurata. I compagni presenti in questa sala hanno visto come sia stata fondata la prima repubblica dei soviet, essi vedono oggi come venga fondata la III Internazionale, l’Internazionale comunista, vedranno domani come sarà fondata la repubblica federativa mondiale dei soviet.
(Lenin, “La fondazione dell'Internazionale comunista”, 7 marzo 1919, Opere complete vol. 28, Editori Riuniti, pagg. 484-488)

22 gennaio 2014