Al 17° congresso della Cgil
Sosteniamo il documento 2 primo firmatario Cremaschi
Dobbiamo fare fronte unito contro la Camusso e la destra anche se la nostra proposta generale prevede un sindacato unico di tutte le lavoratrici e i lavoratori, delle pensionate e dei pensionati

Con questo articolo vogliamo spendere qualche parola in più sul documento “Il sindacato è un altra cosa” che vede come primo firmatario Giorgio Cremaschi. Anzitutto riconfermiamo il nostro sostegno al documento congressuale alternativo a quello della destra capeggiato dalla segretaria Susanna Camusso. Come sostiene il documento del PMLI sul XVII congresso della CGIL (cfr. “Il Bolscevico” n.2/2014, pag. 8) nell'attuale situazione non ci sono le condizioni affinché i marxisti-leninisti, attraverso una loro corrente sindacale, possano presentare una loro proposta. Per questo motivo era quasi inevitabile aderire a un documento che, pur con i suoi limiti, si smarca dalla segreteria e critica duramente la linea tenuta dalla Cgil e chi l'ha guidata dall'ultimo congresso a oggi. Non potevamo certo seguire Landini e Rinaldini che, dietro la foglia di fico degli emendamenti, alla fine sono diventati sostenitori di quel gruppo dirigente che non ha difeso adeguatamente i lavoratori e che loro stessi, almeno per un certo periodo, hanno messo in discussione. Il duro scontro tra Landini e Camusso di questi giorni sull'accordo sulla rappresentanza sindacale è arrivato fuori tempo massimo e a meno che il segretario della Fiom passi a sostenere il documento due, cosa alquanto improbabile, non cambia il nostro giudizio sul suo comportamento, quantomeno ambiguo.

Sostegno leale ma autonomo
Il nostro sostegno al documento “Il sindacato è un'altra cosa” è leale ma non acritico. Alla sua lettura vediamo subito come l'analisi politica è quasi del tutto assente. Bisogna ammettere che i tempi sono stati stretti perché fino a un certo punto si è dovuto attendere che gli schieramenti interni alla Cgil fossero definiti ma probabilmente concentrarsi sulle rivendicazioni è stata una scelta. Ci aspettavamo quanto meno un attacco serrato ai governi degli ultimi anni, in particolare a quello in carica Letta-Alfano e al presidenzialista Napolitano. Certo sulle singole questioni non mancano le critiche, ad esempio dove si denuncia il cambiamento della Costituzione quando è stata istituita l'obbligatorietà del pareggio in bilancio e quindi dell'austerità (ovviamente per le masse popolari). Ma una denuncia globale ed organica del regime neofascista imperante nel nostro Paese manca totalmente, questa secondo noi è una delle principali lacune del documento.
Le politiche dell'Unione Europea sono giustamente criticate, ma non si giunge a chiedere l'uscita dell'Italia dalla UE, lasciando intendere che si possa comunque cambiare questo organismo. Noi invece siamo contro la UE imperialista per principio, perché essa non è riformabile ma è nella sua stessa natura essere nemica dei lavoratori in quanto alleanza di Paesi capitalistici uniti per competere contro gli altri imperialismi mondiali. L'imperialismo è messo sotto accusa, ma affermare che “la pace nel mondo è sempre più minacciata dal sistema competitivo mondiale fondato sul liberismo e la finanza” e non dal capitalismo in quanto tale ci sembra inesatto e riduttivo. Insomma sulle questioni generali si denunciano gli effetti della crisi ma non le cause, al massimo si punta il dito sul neoliberismo.

Il reddito minimo garantito
Diverso il discorso sulle rivendicazioni; queste in generale sono in linea con le nostre. Un approfondimento però richiederebbero il salario minimo garantito e il reddito minimo garantito , due rivendicazioni presenti nel documento 2 dal nome simile ma diverse. Nel primo caso si tratta di un minimo salariale, in genere la paga oraria, esistente in molti Paesi, (Francia, Usa, Australia ecc.) sotto la quale non si può scendere per nessun tipo di lavoro. Possiamo condividerlo ma a una condizione: che la centralità del contratto collettivo nazionale di lavoro non venga messa in discussione. Non vogliamo copiare altre nazioni dove esiste questo salario minimo come riferimento e poi solo contratti aziendali o addirittura personali come negli Usa.
Il reddito minimo garantito o reddito di cittadinanza consiste in una quota di reddito pagato dalla collettività. Per tutti (di cittadinanza) senza badare se una persona lavora oppure no, se è ricca o povera. Siamo totalmente contrari anche perché costituisce un'alternativa alla piena occupazione. Non ci convince nemmeno il “reddito minimo garantito”; questa variante è più selettiva ma alla fine è un “sussidio di povertà”, studiato per attenuare il malcontento delle masse più povere, arrabbiate per l'ingiustizia sociale e l'indigenza e affinché queste contraddizioni non scoppino in maniera radicale. Insomma una rivendicazione scissa dal diritto al salario e al lavoro. Questo sussidio generalmente viene anche inteso come sostitutivo della cassa integrazione e dell'indennità di disoccupazione (che difatti vengono messe in discussione dal governo). Noi non escludiamo strumenti di sostegno al reddito ma tali strumenti non devono sostituire o surrogare i diritti ma semplicemente integrarli. Il diritto al lavoro, in primo luogo non può essere sostituito da nessun altro surrogato.
Complessivamente lo giudichiamo un documento politicamente debole, forte invece dal punto di vista sindacale e delle rivendicazioni. Come ad esempio quella che propone l’annullamento del debito dei paesi sottoposti alle politiche di austerità; il blocco immediato dei licenziamenti, la richiesta per le grandi aziende che vogliano chiudere di essere nazionalizzate senza indennizzo e poste sotto controllo dei lavoratori. E ancora: da appoggiare il ripristino e l'estensione dell'articolo 18, la cancellazione della “riforma” Fornero delle pensioni che devono essere aumentate assieme ai salari, una nuova scala mobile per il recupero dell'inflazione, l'abolizione degli enti bilaterali tra sindacati e industriali. Tanti altri temi collocano a sinistra il documento 2 rispetto a quello della Camusso: il netto no alle privatizzazioni e alla svendita dei beni comuni, il diritto alla casa, la difesa della scuola pubblica, la richiesta di una patrimoniale.

La democrazia sindacale
Infine viene trattato il tema della democrazia sindacale dove giustamente si rigetta in toto l'accordo sulla rappresentanza del 31 maggio 2013. Rispetto ad altri documenti presentati dalla sinistra sindacale in precedenti congressi della Cgil c'è un passo avanti. Si pone l'esigenza di maggiore democrazia e partecipazione interna al sindacato che una gigantesca burocrazia invece frena e non sviluppa. Oltre alla rappresentanza garantita dalla legge si rivendicano forme più flessibili e inclusive, come ad esempio i comitati di lotta e i consigli dei delegati, da affiancare alle classiche rappresentanze di categoria, il ricorso al referendum per accettare o rifiutare le piattaforme contrattuali. Tutte questioni importanti che trovano il nostro appoggio.
Noi marxisti-leninisti sosteniamo la mozione due, la nostra visione strategica di sindacato però è un altra. Noi proponiamo un sindacato unico di tutti i lavoratori e i pensionati basato sulla democrazia diretta che non sia limitata solo ai referendum ma possa decidere, discutere, elaborare proposte, revocare in qualsiasi momento i rappresentanti sindacali ritenuti non più idonei. Un sindacato che non abbia le mani legate dalla collaborazione con il governo e i padroni ma che abbia come scopo quello di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori e dei pensionati, per quanto sia possibile sotto il capitalismo.
 

29 gennaio 2014