Staccati gli USA
La Cina si conferma il 1° mercato mondiale
Il socialimperialismo cinese continua la sua corsa per superare la superpotenza americana

 
Secondo i dati diffusi il 10 gennaio scorso dall'ufficio centrale delle dogane di Pechino, la somma del valore delle esportazioni e importazioni cinesi nel 2013 ha raggiunto i 4.160 miliardi di dollari, con un aumento del 7,6% rispetto l'anno precedente. Il corrispondente dato degli Usa sarà reso noto solo a febbraio ma la cifra parziale dei primi dodici mesi del 2013 è di gran lunga inferiore, 3.570 miliardi, e non permetterà il recupero. La Cina stacca gli Stati Uniti, che già nel 2013 avevano perso un primato che detenevano dalla fine della Seconda guerra mondiale, e si conferma la prima potenza commerciale al mondo
La tappa che ha portato il socialimperialismo cinese a registrare una nuova vittoria nella corsa per superare la superpotenza imperialista americana ha avuto inizio nel 2009 quando, nonostante il calo delle esportazioni nei paesi occidentali già colpiti dalla crisi finanziaria, Usa compresi, Pechino diventava il primo esportatore mondiale; il primato nelle importazioni e nel volume totale degli scambi restava ancora a Washington. Il sorpasso avviene nel 2012 quando il dipartimento del Commercio americano registrava un giro di scambi pari a 3.820 miliardi di dollari; poco prima Pechino aveva fatto registrare la somma di 3.870 miliardi e conquistava il primato, seppur per poco. La vittoria era soprattutto merito delle esportazioni che spingevano il saldo tra export e import cinesi a un avanzo di 231 miliardi di dollari mentre gli Stati Uniti ancora in piena crisi registravano un disavanzo di 728 miliardi.
La tendenza si confermava anche nel 2013 quando il valore delle esportazioni cinesi aumentava del 7,9%, arrivando a 2.210 miliardi di dollari e le importazioni salivano del 7,3%, fino a 1.950 miliardi. L'aumento del totale, export più import, risultava in media del 7,6% mentre il surplus del commercio estero cinese saliva di quasi il 13%, fino a 260 miliardi di dollari registrando il livello più alto dal 2008.
La crisi economica ha quindi accelerato la tendenza già in corso della crescente potenza dell'emergente socialimperialismo cinese e della caduta contemporanea dell'imperialismo americano. Che tra l'altro si potrebbe dire che è vittima di se stesso dato che 216 miliardi di dollari di surplus commerciale cinese, su 260 miliardi, provengono dagli scambi tra i due paesi.
Il valore totale del commercio tra Cina e Usa è di 521 miliardi di dollari. Gli Usa sono il secondo partner commerciale della Cina; il primo è l'Unione europea (Ue) con un valore degli scambi di 559 miliardi di dollari. Dalla differenza tra export e import con la Ue la Cina ricava un surplus di 119 miliardi di dollari. Pechino sta diventando il primo partner commerciale di molti paesi europei, tra cui la Germania in uno scambio reciprocamente fruttuoso dato che secondo stime di banche d'affari
entro il 2020 le esportazioni tedesche in Cina saranno il doppio rispetto a quelle dirette in Francia.
Non è un caso che la Germania sia tra i paesi che usano più di altri la moneta cinese, lo yuan (o renminbi), nelle transazioni finanziarie commerciali attraverso lettere di credito o riscossione, assieme a Hong Kong, Singapore e Australia. E lo scorso 4 dicembre lo yuan ha fatto registrare il sorpasso dell'euro, subito dopo quello sullo yen del Giappone, diventando dietro al dollaro la seconda valuta per questa tipologia di scambi commerciali. Un sorpasso “facile” tra monete che coprono basse quote degli scambi finanziari interbancari: lo yuan è all'8,66% e l'euro al 6,64%. Il dollaro domina ancora con un 81,08% del totale ma si può dire che anche in questo settore la rincorsa è appena partita. Ancora più difficoltosa sarà quella della risalita della graduatoria dell'uso delle monete nel totale dei pagamenti effettuati a livello mondiale dove lo yuan, con una quota dello 0,84%, occupa il 12° posto. La testa della classifica vede quarto lo yen giapponese col 2,56%, terza la sterlina inglese col 9,92%, secondo l'euro che è cresciuto fino al 34,69% e oramai a tiro del primo posto, quello occupato dal dollaro col 38,12%. Solo due anni fa, all'inizio del 2012 la distanza tra dollaro e euro era di oltre 14 punti percentuali. Un altro piccolo segnale del declino dell'imperialismo americano che sente sempre più sul collo il fiato della Cina.

29 gennaio 2014