Secondo le previsioni del rapporto “Global Employment Trends 2014”
La disoccupazione aumenterà in Italia ancora per 10 anni
Il 12% degli occupati non arrivano a fine mese

Il rapporto Global Employment Trends 2014 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, agenzia specializzata delle Nazioni Unite, fornisce dati allarmanti sulla disoccupazione e sul peggioramento complessivo delle condizioni lavorative in tutto il mondo dovuti alla più grave crisi che abbia mai colpito il sistema capitalista, superiore a quella del 1929: nel 2013 il numero di disoccupati nel mondo è salito di ulteriori 5 milioni, sfiorando così la terribile quota di 202 milioni di persone senza lavoro, e i più colpiti dalla disoccupazione sono i più giovani, con 74,5 milioni che hanno un’età compresa tra i 15 e i 24 anni in tutto il mondo, quasi un milione in più rispetto al 2012. Il tasso di disoccupazione giovanile, aggiunge l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha ormai raggiunto il 13,1% a livello globale, quasi il triplo del tasso di disoccupazione tra gli adulti, mentre continuano ad aumentare i 'Neet' (ovvero i giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in un'attività di formazione), che in alcuni paesi contano per quasi un quarto della popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni.
Se questi sono i drammatici dati che riguardano la situazione attuale, addirittura catastrofici sono quelli che riguardano le prospettive, dal momento che l’agenzia dell’ONU paventa il rischio reale che possa esserci una ripresa economica senza occupazione, cioè che a una crescita economica futura (peraltro modesta) non corrisponda una ripresa dell’occupazione, rendendo così cronico il problema.
Il rapporto Global Employment Trends 2014 lancia poi una chiara accusa contro le politiche di austerità praticate in alcuni paesi dell’area dell’Euro - menzionando espressamente tra questi anche l’Italia - che per rimettere in sesto i conti pubblici non solo hanno depresso la domanda aggregata, con conseguenze negative sull'occupazione, ma non sono nemmeno riuscite a ridurre il debito, che nella migliore delle ipotesi non è calato, nella peggiore è invece cresciuto ulteriormente: si legge nel rapporto che nei cosiddetti “Piigs” - Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna - le misure di consolidamento fiscale imposte dall’Unione Europea hanno avuto effetti totalmente negativi sui consumi privati, facendo sì che la crescita sia calata più di quanto non sia calato il debito in termini assoluti, facendo così ulteriormente aumentare il peso del debito in relazione al prodotto interno lordo, mentre in altri Paesi come il Giappone - dove invece è stata seguita una politica fiscale espansiva per contrastare la crisi - il rapporto tra debito e prodotto interno lordo non è cresciuto a ritmi più veloci che in passato.
Per l’Italia il rapporto vede nero, stimando un tasso di disoccupazione al 12,2% nel 2013, in deciso rialzo rispetto al 10,7% del 2012 e il doppio del 6,1% registrato nel 2007, ma il peggio deve ancora venire, perché sono le stime del rapporto per gli anni a venire a far comprendere che il tasso dei senza lavoro è destinato a salire ancora nei prossimi anni, attestandosi al 12,6% nel 2014 per poi arrivare al 12,7% nel 2015 e nel 2016. Complessivamente, secondo l’agenzia dell’ONU, la disoccupazione potrebbe aumentare per i prossimi 10 anni, e a farne le spese saranno soprattutto le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni, che hanno subito e subiranno l’effetto della crisi ancora più dei giovani sotto i 25 anni per i quali comunque le prospettive sono pessime. Resta in Italia elevatissimo il tasso di Neet, i giovani totalmente inattivi che non studiano e non lavorano: questo fenomeno pone il nostro Paese al settimo posto in una graduatoria di 40 Stati presi in considerazione, dopo Turchia, Macedonia, Israele, Messico, Bulgaria e Spagna, con un tasso che supera il 25% contro il 20% del 2007.
Il rapporto, sempre in relazione all’Italia, mette poi in rilievo come all’aumento della disoccupazione corrisponde un drastico peggioramento delle condizioni e del trattamento dei lavoratori, con un 12% di essi che non dispone più di un salario sufficiente per arrivare dignitosamente alla fine del mese.

29 gennaio 2014