L'inganno della socialdemocrazia tedesca, la grande coalizione e logiche conclusioni sulla situazione italiana
Rispetto al 2002 la diserzione delle urne aumenta del 10%

di Stefano
Lo scorso 17 dicembre Angela Markel è stata eletta cancelliera per la terza volta consecutiva dal parlamento tedesco (Bundestag ) con 462 voti favorevoli e 150 contrari su 631. A supportare il governo i deputati dell'Unione Cristiano Democratica (CDU), il partito della cancelliera, il partito bavarese fratello, l'Unione Cristiano Sociale (CSU), ed il partito Socialdemocratico (SPD), in una riedizione, neppure troppo originale, di quella grosse Koalition del 2005 che già contribuì a smascherare altre ogni dubbio la vera natura della socialdemocrazia tedesca. Quella che ci accingiamo a raccontare è una storia già vista negli ultimi anni in Italia, col duo Letta-Alfano e prima con Monti, in Grecia con l'alleanza di ferro tra il partito di centro-destra Nuova Democrazia ed “socialisti” del PASOK, ed in Austria dove socialdemocratici e popolari vanno a braccetto ormai da decenni. Senza contare le innumerevoli esperienze in ogni angolo del continente in cui grandi coalizioni di fatto sono mascherate da opposizioni “responsabili”, la cui gigantesca responsabilità è invece quella di ingannare le masse lavoratrici e di gettare fumo negli occhi delle classi popolari per non permettere loro di vedere la vera natura della socialdemocrazia, vicina al grande capitale quanto – se non più della destra – e sempre più a braccetto della conservazione e della reazione in tutto il continente.

“Grosse Koalition” e “Larghe intese”
A più di un mese dell'inaugurazione del terzo governo Merkel, è possibile ripercorrere le fasi che hanno portato alla sua formazione e fare una breve analisi del patto (scellerato) di coalizione su cui esso si fonda e sulle misure che lo hanno preceduto e determinato. Rileggere quello che è successo e sta succedendo a Berlino può aiutarci a riflettere sulla dimensione europea di quanto in Italia è rappresentato prima dal governo del massone Monti e poi dalla coalizione tra PD e destre del duo Letta-Alfano e non potrà che farci vedere ancora più chiaramente il vero volto della “sinistra” borghese che si nasconde dietro una maschera ormai marcescente.
Questi i fatti. Alle elezioni parlamentari del 22 settembre, il partito della cancelliera - espressione della grande industria e della piccola e media borghesia - ha ottenuto il 41,5% sui voti validi, segnando un lieve aumento rispetto alle precedenti elezioni del 2009 ma mancando l'obiettivo tanto sbandierato durante la campagna elettorale della maggioranza assoluta dei seggi, e peggio perdendo il supporto del proprio tradizionale alleato di governo – il partito liberal-democratico, che non avendo superato la soglia del 5% dei voti è stato escluso dal parlamento per la prima volta dal 1949. Solo il 25,7% dei voti ai Socialdemocratici, che dimostrano di non essere riusciti a capitalizzare quattro anni di “opposizione”, tale solo a parole. In calo anche i partiti della “sinistra” verde (-3% rispetto al 2009) e “radicale” della Linke (-3%), erede della tradizione revisionista del Partito Socialista Unificato (SED) al potere a Berlino Est.
Un dato interessante e significativo, è stata la costante e significativa crescita dell'astensionismo nelle ultime due consultazioni elettorali con un aumento di oltre 10 punti rispetto alle elezioni del 2002, le ultime vinte della socialdemocrazia. In questa ottica, il dato è ancora più significativo, dimostrando come la gran parte del incremento del voto astensionista è rappresentato da ex elettori del SPD o della “sinistra” borghese che hanno progressivamente preso coscienza del grande imbroglio di cui erano vittima.
Le masse popolari tedesche, nonostante lo sbandierato successo dell'economia nazionale, sono sempre più vittime del patronato, della grande industria, e della speculazione e vedono una costante e progressiva erosione dei propri diritti sociali che si riflette – tra le altre cose – in un taglio sempre crescente dei salari ed in una riduzione del potere d'acquisto. Il recente “Rapporto sulla povertà” pubblicato dalla ONG Paritärischer Gesamtverband presenta un'immagine della cosiddetta “locomotiva d'Europa” tutt'altro che rosea. A livello nazionale la popolazione in condizioni di povertà ammonta al 15,2% del totale. Il dato diventa ancora più vertiginoso nell'est del paese, dove i poveri ammontano in alcuni casi a più del 25% della popolazione, come nel caso della capitale Berlino, del Sachsen-Anhalt e del Maclemburgo (regione della cancelliera). Secondo il rapporto, in queste categorie rientrano individui che guadagnano meno di 869 euro al mese, e famiglie con quattro o più componenti che guadagnano meno di 1800 euro.
Non è un caso che questo trend di progressivo impoverimento, deprivazione, e de-sindacalizzazione delle masse lavoratrici tedesche è stato inaugurato dalle cosiddette riforme Hartz della “Commissione per la modernizzazione dei servizi nel mercato del lavoro” sotto l'egida dell'ultimo governo socialdemocratico (e verde) nel 2002. Tra le altre cose, queste controriforme hanno introdotto una vasta fascia di “minijobs” a contratti non garantiti e a stipendi (sensibilmente più bassi rispetto alla media) non determinati dalla normale contrattazione sindacale ed hanno portato alla progressiva privatizzazione del collocamento col fiorire di agenzie interinali che giocano al ribasso per vendere al capitale carne di operaio al prezzo più basso possibile. L'ultimo pacchetto Hartz IV , approvato nel 2005 dal governo “rosso”-verde di Schröder, oltre a consolidare il già drammatico processo di precarizzazione del lavoro ha ridotto il sussidio di disoccupazione alla risibile cifra di 374 euro mensili, vincolato all'accettazione di qualunque mansione “offerta” dal collocamento. In questo senso, il caso tanto drammatico quanto paradossale di molte donne che si sono viste “offrire” lavori degradanti come spogliarellista o intrattenitrice a fronte del rischio della perdita del sussidio ci può dare l'idea del livello di inumanità del sistema.
L'approvazione del pacchetto Hartz IV determinò una serie di proteste delle masse lavoratrici tedesche e rappresentò uno dei fattori determinanti nella sconfitta SPD alle elezioni del 2005, quando il partito perse più di dieci punti percentuali.
Nel gli anni che seguirono, i successivi esecutivi liberal-conservatori e di grande coalizione tra conservatori e socialdemocratici hanno solo perfezionato il tritacarne sociale introdotto dal governo di “sinistra” di Schröder e lo hanno promosso a livello europeo (come nel caso – in Italia – delle leggi Biagi per giungere fino a Monti e Letta-Alfano), per toccare l'apice dopo la “scoperta” della crisi del capitalismo europeo nel 2009.

I socialdemocratici in soccorso dei democristiani
In questo scenario si inserisce l'ultima pugnalata alle spalle che la SPD sta riservando alle masse lavoratrici con la firma dello scellerato patto di coalizione con i conservatori della cancelliera Merkel. La socialdemocrazia, non paga delle tre successive batoste elettorali, persiste nella sua strategia suicida ritenendo forse le masse popolari così stupide da credere ancora alle proprie bugie.
Pur contenendo sulla carta qualche briciola per il lavoratori tedeschi e per le classi popolari, come il lieve innalzamento del salario minimo garantito, il patto di 187 pagine significherà per i lavoratori tedeschi nuove privazioni e l'ulteriore scardinamento dei diritti sociali, ora non solo più in nome della produttività nazionale ma anche dell'austerity europea, di cui la Germania, “locomotiva d'Europa”, punta ad essere allo stesso tempo campione e promotrice di fronte alle istituzioni europee, espressione del grande capitale monopolista transnazionale. Tra le altre cose merita una menzione apposita la mancata copertura finanziaria per un certo numero di misure dovuta all'assenza di una tassa patrimoniale che rende incerta anche l'applicazione delle limitatissime misure di contenimento del disagio popolare, come l'aumento di pochi centesimi del salario minimo.
I fatti recenti e la lezione che ci insegnano – in Germania come in Italia – rendono oggi più che mai tristemente attuale la strofa di un canto intonato dagli operai e dalle masse lavoratrici tedesche negli anni appena precedenti l'ascesa al potere di Hitler: “Wer hat uns verraten? Die Sozialdemokraten ” (Chi ci ha tradito? I Socialdemocratici).

29 gennaio 2014