Una nuova sporca e insidiosa operazione dei falsi comunisti
Rizzo rifonda il PCI sul pensiero revisionista di Gramsci e Secchia
I sinceri comunisti per chiarirsi le idee devono studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, la linea ideologica, politica e organizzativa del PMLI e del PC e aprire un confronto col PMLI

Da venerdì 17 a domenica 19 gennaio si è svolto a Roma, presso l'Auditorium Frentani, il congresso di rifondazione del Partito comunista (PC), organizzato da Comunisti sinistra popolare (CSP), il partito guidato dal trotzkista Marco Rizzo, che è anche stato eletto per acclamazione Segretario generale del nuovo partito revisionista. Vi hanno partecipato 284 delegati in rappresentanza di 3.000 iscritti, con la presenza dei segretari generali dei partiti revisionisti di Grecia (KKE) e di Spagna (PCPE), che hanno anche tenuto discorsi di saluto, mentre altri 45 partiti revisionisti del mondo hanno inviato messaggi di saluto al congresso. Presenti in sala anche gli ambasciatori di Cuba, Corea del Nord e Venezuela.
Un evento, quindi, propagandisticamente ben orchestrato e supportato, anche sul piano internazionale, da altri partiti revisionisti al potere e non, e anche perché fatto coincidere con il 93° anniversario della fondazione a Livorno del Partito comunista d'Italia, prima denominazione del PCI revisionista. In realtà si è trattato di un congresso farsa, in quanto il dibattito generale congressuale è durato solo 4 ore su tre giorni di congresso, e la relazione del segretario generale non è stata fatta e discussa al congresso, ma solo davanti alla Direzione nazionale uscente dei Comunisti sinistra popolare, riunitasi il primo giorno dei lavori.
Nello stesso giorno dell'inaugurazione del congresso, intervistato da “Il Fatto Quotidiano”, Marco Rizzo alla prima domanda dell'intervistatore ha risposto: “Noi siamo marxisti-leninisti che vogliono il socialismo”. Ma ciò risponde alla realtà? A noi sembra di no, se pensiamo alle giravolte politiche e organizzative compiute da Rizzo, al passato revisionista dei principali promotori del nuovo PCI, e se ci atteniamo ai documenti congressuali.

I principali fondatori del nuovo PCI non sono credibili e affidabili
In realtà i principali fondatori di questo nuovo partito revisionista, che si richiama ostentatamente al PCI, non sono per nulla credibili nella loro improvvisa folgorazione marxista-leninista, e tanto meno affidabili circa la loro proclamata volontà di lottare per il socialismo.
In primo luogo perché non hanno fatto una seria e profonda autocritica del loro passato revisionista, riformista e parlamentare, rigettandolo apertamente e interamente. Il che sarebbe il minimo, per chi a parole sostiene di essere approdato al marxismo-leninismo e al socialismo dopo aver disinvoltamente praticato attivamente e in ruoli dirigenti tutte le forme possibili e immaginabili di revisionismo, riformismo e trotzkismo. I principali promotori del nuovo PCI sono infatti vecchi esponenti di PRC, PdCI e di sedicenti gruppi comunisti di matrice operaista, spontaneista e trotzkista. Questo vale in particolare per il Segretario generale Marco Rizzo, che dovrebbe dare delle convincenti spiegazioni del suo passato anticomunista.

Rizzo ieri e oggi
La carriera politica di Rizzo ha attraversato infatti tutte le stagioni del trotzkismo, del revisionismo e del riformismo dal '77 ad oggi: partito giovanissimo nell'organizzazione dell'”ultrasinistra” Lotta Continua, a 21 anni, nel 1981, entrò nel PCI di Berlinguer, Natta e Occhetto, ricoprendovi incarichi dirigenti fino alla sua liquidazione nel 1991. Fu tra i fondatori del PRC, legandosi subito a Cossutta e ai filosovietici seguaci di Breznev, ma votò anche per la segreteria Bertinotti, per poi partecipare insieme a Cossutta e Diliberto alla scissione da destra del PRC del 1998, fondando il PdCI per sostenere il governo D'Alema, quello dell'aggressione alla Federazione jugoslava. Nel PdCI ha ricoperto la carica di coordinatore della Segreteria nazionale fino al 2004, è stato presidente del gruppo parlamentare dal 2001, ed eletto parlamentare europeo nel 2004. Da deputato (dal 1994 al 2004) votò per il lavoro interinale e i lager per migranti approvati dal primo governo Prodi.
Nel 2009 fu espulso dal PdCI con l'accusa di aver appoggiato la campagna dell'Italia dei valori per le europee, mentre lui sostenne che fu una ritorsione per aver denunciato le equivoche frequentazioni del segretario Diliberto col piduista Giancarlo Elia Valori. Quello stesso anno fondò Comunisti sinistra popolare, che nel 2012 partecipò alle amministrative.
Anche sul suo conto, però, non mancano le frequentazioni equivoche, come la pubblicazione nel 2013 sul sito di CSP di un articolo invocante una “mobilitazione generale contro l'aggressione imperialista alla Siria” firmato dall'ammiratore del filosofo fascista Gentile, Diego Fusaro. Articolo precedentemente comparso sulla rivista “Comunismo e comunità” diretta dal Fascista Maurizio Neri. Inoltre Rizzo ha partecipato a presentazioni di libri insieme al redattore di “Stato e potenza”, Bogazzi, autore anche di un libro sul “Nazionalbolscevismo”. Molte sono anche le attenzioni che gli dedica il sito fascista “Basileus88”. Senza parlare dei servizi che spesso gli dedicano le reti Mediaset e “Il Giornale” della famiglia Berlusconi.
In ogni caso Rizzo non ha mai creduto alla concezione marxista-leninista del Partito, al marxismo-leninismo, alla rivoluzione proletaria, al socialismo, alla dittatura del proletariato, a Stalin, alla lotta contro il revisionismo moderno, all'abbattimento dell'Unione europea.
Nella sua autobiografia del 2007 infatti sostiene la necessità di un “moderno partito comunista”, e che “i comunisti non chiedono oggi nulla di rivoluzionario, non travalicano affatto l'orizzonte borghese”. Ed aggiunge: “Non voglio dire che nella storia mondiale del movimento comunista non ci siano stati errori e tragedie, probabilmente il limite della Rivoluzione d'Ottobre è costituito nel costruire uno Stato con l'aiuto della dottrina di Lenin e poi nel giudicarlo con i parametri di Marx, certo diversi da quelli di Lenin”.
Riguardo all'Unione europea ha detto: “La politica dei comunisti nei confronti della Ue potrebbe essere analoga a quella che essi hanno nei confronti della grande industria: non ne propongono la distruzione luddista, ma il rovesciamento della sua direzione”. E anche se ora propone di uscire dalla Ue e dall'euro, dovrebbe spiegare perché dal 2004 al 2009, cioè in piena era dell'euro, sedeva felice e contento sugli scranni del parlamento europeo, scippando addirittura il posto a Cossutta. Inoltre il congresso non ha sciolto la questione della partecipazione o meno alle prossime elezioni europee, questione che è stata rinviata alla riunione del 27 gennaio a Bruxelles dei 30 partiti revisionisti europei, la quale poi ha approvato un documento che però ad oggi non risulta ancora pubblicato.

Il PCI era o non era un partito revisionista?
I principali fondatori del nuovo PCI non sono credibili né affidabili perché, in secondo luogo , sostengono che il PCI sia stato sostanzialmente un autentico partito comunista.
Nel documento congressuale si afferma infatti che “è innegabile il ruolo fondamentale che il PCI ha svolto nel dopoguerra per l'affermazione dei diritti dei lavoratori... da qui la nostra difesa del suo ruolo, che rivendichiamo come parte della nostra storia, tanto dagli attacchi di destra e reazionari, quanto da quelli dell'estremismo parolaio e avventuristico”.
“Un conto – prosegue il documento - è la 'nostra' critica da comunisti a Togliatti, che tra l'altro analizzò strutturalmente la dittatura nelle celebri 'lezioni su fascismo' (in contrapposizione da destra con le analisi sul fascismo di Stalin, ndr), un altro è togliere il suo nome dalla toponomastica delle città, come vorrebbero Alemanno e Volontè, o definirlo un traditore del proletariato, come fanno alcuni cripto-estremisti: a questo ci opporremo sempre”. Comunque, si aggiunge, “non affretteremo conclusioni che solo con un percorso condiviso di rilettura del passato si potranno avere”. Certo è che “la temperie in cui Palmiro Togliatti dirige il PCI post-resistenziale era innegabilmente avversa ad una reale possibilità di fare la rivoluzione in Italia”. Ma allora il PCI, secondo questi falsi comunisti, non è mai stato revisionista? Sì, ammettono a denti stretti, lo è stato, ma solo dal 1956, quando “l'VIII Congresso sanzionò ufficialmente e irreversibilmente la svolta revisionista kruscioviana del PCI”.
In terzo luogo perché hanno rifondato il PCI sul pensiero di Gramsci, capostipite del revisionismo italiano, e su quello dell'operaista e trotzkista di fatto Pietro Secchia. A Gramsci hanno dedicato ben 14 pagine del documento congressuale, nel tentativo di dimostrare che il suo pensiero e la sua strategia sono in linea con quelli di Lenin. Da qui l'affermazione, come si legge nel documento congressuale, che “il nostro Partito si riconosce pienamente e si richiama alla concezione leninista del partito, recepita da Antonio Gramsci”.
Di Secchia sposano tutte le sue posizioni, soprattutto sula resistenza al nazi-fascismo, esaltando il Comitato di liberazione per l'Alta Italia (e i “governi popolari” da esso guidati) rispetto al Comitato di liberazione nazionale.
In quarto luogo perché ignorano completamente Mao, il suo pensiero e la sua opera, specie la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria e la lotta contro il revisionismo mondiale con al centro le cricche di Krusciov e di Breznev.
In quinto luogo perché hanno una posizione ambigua sulla restaurazione del capitalismo in Urss. Nel documento congressuale, infatti, si parla di “degenerazione revisionista nel 1956 con il XX Congresso del PCUS”, quando in realtà si è trattato di un colpo di Stato da parte della cricca revisionista di Krusciov per restaurare il capitalismo in Urss. Questa ambiguità si riflette anche nel passaggio del documento in cui si sostiene che “i processi di revisionismo dell'esperienza dell'Urss (quella di Lenin e Stalin?, ndr), sono stati una delle cause del fallimento dell'Urss”.
Da buoni revisionisti alla fine salvano Krusciov, dando tutta la colpa a Gorbaciov, quando affermano che “la storia del primo Stato socialista terminerà nel 1991 con la restaurazione del capitalismo”. E sono completamente fuori strada anche quando affermano che il “revisionismo é il riflesso intellettuale della situazione sociale di determinati ceti, intermedi o settori della stessa classe operaia”.

Annacquati e snaturati i capisaldi del marxismo-leninismo
In sesto luogo i principali fondatori del nuovo PCI non sono credibili né affidabili perché hanno una posizione ambigua sul socialismo e sul marxismo-leninismo. Il documento congressuale parla molto di socialismo, ma certe affermazioni contraddicono il socialismo stesso. A partire dalla formula, ripetuta mille volte, “socialismo-comunismo”. O l'uno o l'altro, le due cose non stanno insieme. Non si possono realizzare contemporaneamente. Il comunismo è l'epoca successiva al socialismo.
Un'altra formula ambigua è quella “potere operaio e popolare”, che a volte viene definito solo “potere popolare”. Insomma, nel socialismo il potere a chi va? Al proletariato o al popolo? Per Rizzo al popolo, come par di capire dalla seguente frase: “Il popolo, con alla testa il proletariato guidato dal Partito comunista, prenderà effettivamente il potere”. Non si ha nemmeno un'idea chiara sul proletariato, come svela la seguente citazione: “Esercito di massa dei proletari nella loro accezione più vasta”. Si annacquano e si snaturano cioè tutti i capisaldi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, come la dittatura del proletariato, intesa dai rifondatori come “democrazia per tutti”.
Anche quando si parla di rivoluzione proletaria, mai però di lotta armata, la si intende come “rivoluzione che cambi in meglio la vita di tutti”: prevale sempre l'interclassismo, non c'è mai una netta discriminazione di classe. Così come non c'è una netta e inequivocabile scelta della via rivoluzionaria al socialismo. Ne è un esempio la seguente frase: “Saranno i rapporti di forza che concretamente si determineranno, lo sviluppo concreto delle forme di lotta e le sue dimensioni, a stabilire se il nuovo governo del Fronte sarà espressione dello stesso popolo in lotta, in un primo tempo senza passaggi elettorali, oppure se tale governo si formerà nell'ambito dei meccanismi formali della democrazia borghese, cioè attraverso una maggioranza parlamentare scaturita da elezioni politiche”. Ma questo non è rilanciare la “via parlamentare al socialismo” di Krusciov e Togliatti?
Quanto al riferimento al marxismo-leninismo sono solo chiacchiere, in quanto il nuovo-vecchio partito, come dice il suo statuto, si riconosce anche “nei principi ispiratori della Costituzione del '48” e stabilisce che “la condivisione della visione del mondo materialistico-dialettica non può essere la discriminante a priori per l'adesione al Partito”. E poi come si fa a mettere Marx, Engels, Lenin, Stalin assieme a “Gramsci e agli altri grandi della 'nostra' storia”, tra l'altro non menzionandoli nemmeno?
In settimo luogo perché nel documento congressuale non hanno detto una sola parola sulla situazione politica italiana. Né su Berlusconi e i suoi governi, né sul regime neofascista e le controriforme istituzionali e costituzionali presidenzialiste e piduiste. E neppure sul governo Letta-Alfano, sul nuovo Berlusconi democristiano Renzi e il suo programma e sul XVII Congresso della Cgil.
In ottavo luogo perché non sono in buona fede. Se lo fossero avrebbero dovuto confrontarsi col PMLI. Già nel 2009, ancor prima che nascesse Comunisti sinistra popolare. Lo dimostra anche la risposta sciocca e derisoria con cui hanno replicato alla nostra franca e circostanziata critica al Fronte della Gioventù comunista diretto da Alessandro Mustillo, pubblicata sul n. 46/2013 de “Il Bolscevico”, in cui chiedevamo conto del perché prima della sua fondazione non si fossero confrontati col PMLI, e perché continuassero a richiamarsi al PCI revisionista, nonostante la loro adesione a parole al marxismo-leninismo.

Una sporca e insidiosa operazione politica e organizzativa
Per tutti questi motivi la rifondazione del nuovo PCI non può che essere una sporca e insidiosa operazione politica e organizzativa, che ha lo scopo di continuare a tenere sotto controllo i sinceri comunisti e impedirgli di unirsi al PMLI, e al contempo imbrigliare il proletariato all'interno del capitalismo. Un'operazione ancor più insidiosa delle precedenti, quella del PRC e del PdCI, perché al contrario di quei partiti dichiaratamente revisionisti, anticomunisti, trotzkisti e riformisti, questa volta i falsi comunisti si mascherano dietro Lenin e Stalin e alzano a parole la bandiera del socialismo e del marxismo-leninismo. E anche perché sono apertamente appoggiati dai partiti revisionisti, in primo luogo il Partito comunista di Grecia, e forse anche foraggiati dagli Stati sedicenti socialisti come quelli della Corea del Nord, di Cuba e del Venezuela, i cui ambasciatori erano presenti, come già detto, non a caso al congresso.

I sinceri comunisti devono chiarirsi le idee per non cadere nella nuova trappola
Per capire bene il senso, il carattere e gli scopi di questo nuovo evento politico, ed evitare di cadere nell'ennesima trappola tesa dalla classe dominante borghese per ingabbiarli nel revisionismo, nel riformismo e nel parlamentarismo, i sinceri comunisti non hanno altra strada che chiarirsi le idee studiando le cinque opere fondamentali marxiste-leniniste per trasformare il mondo e sé stessi (Il Manifesto di Marx ed Engels, Stato e rivoluzione di Lenin, Principi del leninismo e Questioni del leninismo di Stalin, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo di Mao); confrontare, alla luce di esse, la linea ideologica, politica e organizzativa del PMLI con quella del nuovo partito revisionista e aprire un dialogo col PMLI.
Come ha sostenuto il Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi nel messaggio ai partecipanti alla Commemorazione pubblica di Lenin davanti al suo monumento a Cavriago nel 90° anniversario della sua scomparsa: “E' nostro dovere rivoluzionario e marxista-leninista studiare e applicare tali insegnamenti per impedire che i falsi comunisti si infiltrino nel PMLI e per smascherare coloro che alzando strumentalmente le bandiere di Lenin e del socialismo cercano di rifarsi una verginità marxista-leninista per unire a sé i sinceri comunisti e tenerli sotto controllo.
E' il caso della cricca trotzkista controrivoluzionaria di Marco Rizzo, fino a ieri con Krusciov, Breznev e Gorbaciov e oggi con Stalin, che proprio in questi giorni, sponsorizzata dal PC di Grecia, ha rifondato il PCI sul pensiero di Gramsci e di Secchia.
Si tratta di una operazione politica e organizzativa ancora più insidiosa di quella dei falsi partiti comunisti, il PRC di Ferrero e Grassi e il PdCI di Diliberto, per imbrigliare il proletariato rivoluzionario nel capitalismo e per impedirgli di aprirsi e legarsi al PMLI.” “Abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le classi, le disuguaglianze sociali e di sesso, le disparità territoriali, dare il potere al proletariato: questo è il nostro obiettivo strategico, - ha detto Scuderi nel Saluto all’Inaugurazione ufficiale della nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” a Firenze- questa la nostra missione storica, questa la grande bandiera rossa innalzata nel 1967 dai primi pionieri del PMLI, questo l’impegno solenne che ci siamo presi di fronte al proletariato, alle masse popolari quando il 9 Aprile 1977 abbiamo fondato il PMLI.”

12 febbraio 2014