A Madrid
Un fiume di donne contro la legge anti-abortista del governo di destra Rajoy

 
Lo scorso 20 dicembre il ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardón aveva presentato il progetto governativo per la modifica della legge sull'aborto. Il disegno di legge varato dal governo di destra diretto da Mariano Rayoy in pratica cancella il diritto all'aborto tanto che lo prevede in soli due casi: nelle prime 12 settimane di gestazione se la donna è stata violentata o nelle prime 22 settimane se esiste un grave rischio per la sua salute, certificato da almeno due medici. Da allora nel paese ci sono state molte manifestazioni di protesta, l'ultima quella dell'1 febbraio quando nella capitale Madrid un fiume di donne è sfilato contro la legge anti-abortista che vorrebbe resuscitare l'oscurantista normativa vigente nel 1985 che considera l’aborto un delitto. Non a caso il disegno di legge non è stato presentato dalla ministra della Salute, servizi sociali e pari opportunità Ana Mato ma porta la firma del ministro della Giustizia Gallardon.
Ribattezzata col nome di “Legge organica di protezione del nascituro e dei diritti della donna in gravidanza” la bozza di legge già nel nome dà la prevalenza alla protezione del “nascituro” sui diritti della donna che infatti non sono contemplati poiché, fatta salva la possibilità di interruzione della gravidanza in caso di violenza sessuale che dovrà essere comunque denunciata, il “pericolo grave per la salute fisica e psichica” della madre dovrà essere “serio e durevole” e certificato almeno da due medici. La legge Gallardon ripristina inoltre il divieto per le minorenni di abortire senza il consenso dei genitori o dei tutori e la garanzia dell’obiezione di coscienza per i medici. I medici finiranno sotto processo in caso di aborto illegale mentre alle donne sarà inflitta una sanzione amministrativa che il solerte ministro della Giustizia ancora non ha stabilito.
“La bozza di legge è uno schiaffo alla dignità delle donne, considerate come delle semplici incubatrici e portatrici del feto”, affermava la portavoce della Federazione nazionale delle associazioni femminili mentre la responsabile della federazione delle Donne progressiste denunciava che “saranno di nuovo altri a decidere del nostro corpo, della nostra maternità e della nostra salute”.
L'iniziativa di mobilitazione dell'1 febbraio, dal titolo “Un treno per la libertà”, era stata promossa da due associazioni di donne delle Asturie cui avevano aderito oltre un centinaio di associazioni presenti su tutto il territorio nazionale, le organizzazioni sindacali e i partito di opposizione. Un fiume di manifestanti provenienti da tutto il paese raggiungeva il luogo di concentramento, la stazione madrilena di Atocha, con alcune decine di treni e molti autobus e dava vita a un combattivo corteo che sfilava lungo il Paseo del Prado al grido di “Yo decido” e “Gallardon, dimission” fino a raggiungere il parlamento.
Una delegazione consegnava al Congresso dei Deputati un documento dal titolo “Porque yo decido” che respingeva il progetto Gallardon, del quale chiedevano le dimissioni, e chiedevano il mantenimento della legge attuale sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’interruzione volontaria di gravidanza approvata nel 2010 dal governo del socialista Zapatero.
Nel documento si esprime la contrarietà alla legge anti-abortista affermando tra l'altro “perchè io decido a partire dall’autonomia morale, che è la base della dignità della persona, non accetto nessuna imposizione o proibizione riguardante i miei diritti sessuali e riproduttivi e quindi la mia piena realizzazione in quanto persona. Come essere umano autonomo rifiuto di sottomettermi a trattamenti degradanti, ingerenze arbitrarie e tutele invadenti nella mia decisione di essere o non essere madre”. E si affermava che “nessuna maggioranza politica uscita dalle urne, per assoluta che sia, è legittimata a trasformare i diritti in delitti e a obbligarci a seguire principi religiosi mediante una sanzione penale. Come cittadina esigo da coloro che ci governano che non trasformino il potere democratico in despotismo”.
L'iniziativa anti-aborto del governo di destra spagnolo non è un caso unico nell'Europa capitalista e imperialista come conferma le recente vergognosa decisione del Parlamento europeo che facendosi portabandiera di istanze clericali e reazionarie ha definitivamente affossato la risoluzione sulla “Salute ed i diritti sessuali e riproduttivi” che puntava a promuovere l'uso della contraccezione, a prevenire le discriminazioni di genere e di inclinazione sessuale, a stimolare la diffusione dell'educazione sessuale nelle scuole europee, e a tutelare l'aborto sicuro e legale in tutti i paesi dell'Ue. Anche per rispondere a questa offensiva oscurantista la mobilitazione delle donne spagnole dell'1 febbraio è stata appoggiata e accompagnata da una miriade di manifestazioni, presidi e assemblee pubbliche, nelle piazze o davanti alle ambasciate spagnole, ai consolati e alle prefetture in tante città europee, tredici in Italia.

12 febbraio 2014