Lottizzati i sottosegretari e i viceministri del governo Renzi
Un governo di vecchi politicanti borghesi, indagati, corrotti, riciclati, massoni, berlusconiani doc e impresentabili
Il discusso sottosegretario Gentile costretto a dimettersi

Altro che “governo più a sinistra degli ultimi 30 anni”; altro che “cambiamento e innovazione”!
Basta scorrere la lista dei 62 membri che compongono l'esecutivo (16 ministri, 35 sottosegretari e 9 viceministri oltre allo stesso Renzi e al fido sottosegretario Delrio) per rendersi conto che il primo governo del Berlusconi democristiano Matteo Renzi è in realtà una cricca di vecchi politicanti borghesi, indagati, corrotti, riciclati, massoni, berlusconiani doc e impresentabili, legati a doppio filo con le alte sfere ecclesiastiche; rappresentanti non certo degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari ma dei padroni, dei circoli e delle organizzazioni industriali, delle banche, dell'alta finanza e in palese violazione del conflitto di interessi.
Non a caso, appena 5 giorni dopo il suo insediamento, il governo Renzi è già zoppo del sottosegretario alle Infrastrutture, Antonio Gentile , coordinatore calabrese del Ncd, costretto a dimettersi in seguito alle polemiche scatenate dalla pubblicazione delle pesanti pressioni esercitate nei confronti del direttore del quotidiano “L’Ora della Calabria” per impedire l'uscita di un articolo inerente il coinvolgimento di suo figlio Andrea accusato di abuso d’ufficio, falso ideologico e associazione a delinquere nell'inchiesta giudiziaria inerente la scandalosa gestione dell'Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Cosenza.
E pensare che il giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi, Renzi si era anche vantato di essere alla guida di un esecutivo “nuovo” (perché rottama i vecchi politicanti corrotti), “snello” (solo 16 ministri) “giovane”, (età media 48 anni) e “rosa” (metà dei ministri donne).
Caratteristiche che il Pinocchio fiorentino si è rimangiato pochi giorni dopo con la nominina al Consiglio dei ministri del 28 febbraio di 35 nuovi sottosegretari e 9 viceministri. Infatti il numero totale della “squadra” è salito a 62 membri e conta uno in più rispetto ai 21 titolari di dicasteri e 40 fra viceministri e sottosegretari del governo Letta. Non solo. La cosa più inquietante è che adesso tra Palazzo Chigi e i vari ministeri siedono ben 5 indagati (4 del Pd più il ministro Lupi del Ncd) implicati in vari scandali e ruberie di palazzo; poi ci sono 24 riciclati: sei ministri (Lorenzin, Delrio, Lupi, Franceschini, Alfano e Orlando) più 18 sottosegretari già presenti nell'esecutivo Letta; e dulcis in fundo, due “esponenti molto graditi” al neoduce di Arcore, come Cosimo Ferri, ex giudice (tecnico di area berlusconiana), e Enrico Costa, avvocato del Ncd, piazzati alla Giustizia per fare i cani da guardia sul fronte giudiziario che più preoccupa Berlusconi in vista dei futuri sviluppi processuali a sua carico.
Anche l'età media è salita di parecchi anni mentre il tanto sbandierato “rispetto delle quota rosa” è di colpo sparito e la presenza delle donne si è ridotta a solo 17 unità pari a circa il 25% di tutta la compagine governativa.
Segno evidente che all'ombra di Palazzo Chigi le cosche parlamentari che sostengono Renzi hanno scatenato una furibonda lotta per la spartizione delle poltrone più importanti del “sottogoverno” con il Pd che ha fatto la parte del leone aggiudicandosi 24 tra viceministri e sottosegretari (più uno andato al socialista Nencini), seguito da Ncd, con 9 elementi, e da Per l’Italia, che ha ottenuto 4 nomine al pari di Scelta Civica.
Molte le riconferme e i riciclati a cominciare da Palazzo Chigi dove Renzi, oltre a Graziano Delrio (sottosegretario alla presidenza del Consiglio) e al fido Luca Lotti (all’Editoria) e al piddino Sandro Gozi (delega agli Affari Ue) ha confermato Marco Minniti (Pd) ai Servizi segreti. All’Economia sono stati confermati Luigi Casero (Ncd) come viceministro e Pier Paolo Baretta, affiancati ora da un nuovo viceministro, il veltroniano Enrico Morando e due sottosegretari: il dem Giovanni Legnini - che era all’Editoria - ed Enrico Zanetti (Sc). Conferme anche alla Farnesina, dove al viceministro Lapo Pistelli (Pd) e al sottosegretario Mario Giro (Popolari italiani) si aggiunge Benedetto Della Vedova (Sc).
Il caso più eclatante riguarda senza dubbio il già citato sottosegretario alle Infrastrutture Antonio Gentile. I fatti risalgono al 19 febbraio scorso, appena nove giorni prima che Gentile fosse nominato sottosegretaro. La denuncia pubblica è del direttore dell’Ora della Calabria Luciano Regolo che in questi giorni sta pubblicando sul suo giornale stralci delle conversazioni avvenute in quelle ore.
Secondo Regolo, la notte tra il 18 e il 19 febbraio, l'editore del quotidiano, Alfredo Citrigno, gli ha chiesto “se non fosse possibile ritirare dalla pubblicazione l’articolo relativo all’indagine in corso sul figlio del senatore Gentile, Andrea... Di fronte alla mia insistenza, nella difesa del diritto di cronaca, ho minacciato all’editore stesso le mie dimissioni qualora fossi stato costretto a modificare il giornale, vanificando il mio lavoro e quello dei miei colleghi”.
Non solo. Regolo ha aggiunto che, durante la conversazione con il suo editore, ha ricevuto anche la telefonata dello stampatore Umberto De Rose che si poneva come “mediatore” della famiglia Gentile e “faceva ulteriori pressioni per convincerlo a non pubblicare la notizia ricordandogli che il cinghiale, quando viene ferito, ammazza tutti”.
In piena notte, poi, proprio lo stampatore ha avvisato la redazione che L’Ora della Calabria non sarebbe andata in stampa per un guasto alle rotative. Una coincidenza per la quale Fnsi e Sindacato dei giornalisti della Calabria hanno espresso “preoccupazione e allarme” per il bavaglio in perfetto stile mafioso imposto alla stampa.
Gentile tra l'altro da parlamentare aveva proposto Silvio Berlusconi al premio Nobel per la Pace e nell’agosto del 2004 dichiarò l’intenzione di presentare all’allora ministro della Salute Girolamo Sirchia una proposta “per l’introduzione del ticket del 50% dopo la prima interruzione volontaria di gravidanza e di rendere a totale carico della paziente ogni intervento successivo”. (Rimandiamo all'articolo pubblicato a pagina 13).
Poi c’è il ministro Maurizio Lupi , anche lui riciclato e riconfermato alle Infrastrutture, indagato per abuso d’ufficio dalla Procura di Tempio Pausania per la nomina del commissario dell’Authority del porto di Olbia. nell’indagine risultano coinvolti, con l’ipotesi di abuso d’ufficio in concorso, anche Fedele Sanciu, già senatore Pdl e presidente della Provincia Olbia Tempio.
Segue l'europarlamentare Pd nonché renziana di ferro Francesca Barracciu , sottosegretario alla Cultura, che proprio Renzi aveva invitato a ritirarsi dalla corsa per le recenti elezioni regionali in Sardegna perché indagata nell’inchiesta per le spese pazze della rimborsopoli regionale sui fondi pubblici rubati al popolo e sperperati dai gruppi regionali. Sul suo capo pende un avviso di garanzia per peculato nell’ambito dell’inchiesta bis sui fondi ai gruppi consiliari della Procura di Cagliari. Il sostituto procuratore Marco Cocco le ha contestato spese per 33mila euro quando era consigliere nella precedente legislatura. Comunque la Barracciu è in buona compagnia perché nell'inchiesta, tra il primo e il secondo filone, sono coinvolti (tra indagati, imputati e un condannato) più di 60 “onorevoli sardi”.
Indagato per lo scandalo dei rimborsi al consiglio regionale campano anche il sottosegretario Umberto Del Basso de Caro (Pd) che è accusato di non aver rendicontato le spese dichiarate durante la sua attività di consigliere. Avvocato di fama, da una vita in politica, riciclato di lungo corso con passaggi nel Partito Socialista Italiano, poi nella Margherita e infine deputato nel Partito Democratico, il nuovo sottosegretario alle Infrastrutture è il boss delle tessere e delle preferenze del beneventano, consigliere regionale in Campania ed eletto in parlamento dopo aver raccolto un plebiscito alle primarie del Pd. Il boss del Pd sannita è anche citato nelle telefonate di Felice Pisapia sulla Asl di Benevento nelle quali è finita anche l’ex ministro Nunzia De Girolamo.
Tra i “mariuoli” della rimborsopoli lucana, in fase di udienza preliminare, spicca invece il nome di Vito De Filippo , anche lui del Pd, neo sottosegretario alla Salute. Meno di un anno fa, ad aprile del 2013, l'allora governatore piddino della Basilicata fu costretto a dimettersi proprio perché la sua giunta fu travolta dall'inchiesta su rimborsi illeciti della Regione. Evidentemente per Renzi essere costretti alle dimissioni a causa di un provvedimento della magistratura per fatti di corruzione è un'ottima referenza per entrare a Palazzo Chigi.
Filippo Bubbico , 59 anni, senatore (Pd) è un altro riciclato e riconfermato al Viminale. L'ex governatore della Regione Basilicata ed ex sottosegretario del governo Prodi è stato coinvolto in almeno tre procedimenti giudiziari, accusato sempre di abuso d'ufficio, anche se la sua fedina penale risulta immacolata. L'ultimo procedimento a suo carico riguarda la nomina illegittima di un consulente regionale. Nel recente passato Bubbico è stato indagato sempre per abuso d'ufficio in seguito alla denuncia dell'ex direttore dell'Asl di Venosa che l'accusò di averlo ingiustamente "licenziato" e poi per la costruzione del villaggio turistico Marinagri: edificato, durante la sua presidenza, sulla foce del fiume Agri. Da sottolineare fra l'altro che l'ex Pm Luigi De Magistris, nell'inchiesta "Toghe Lucane", l'accusò di rappresentare "il collante tra quella parte della politica, della magistratura e degli imprenditori che fanno affari in violazione di legge".
Nella squadra di Renzi entrano anche gli emissari di Berlusconi piazzati non a caso al ministero della Giustizia e al ministero delle comunicazioni: due dicasteri che per il neoduce di Arcore sono strategici.
In Via Arenula troviamo il viceministro Enrico Costa , Berlusconiano doc e ora fedelissimo di Alfano. Avvocato, 44 anni, deputato prima del Pdl, poi di Forza Italia e ora del Nuovo Centro Destra, è stato il pasdaran di Berlusconi nelle battaglie contro la magistratura e per riformare la giustizia. Nel corso delle ultime tre legislature si è guadagnato sul campo l'appellativo di “mini-Ghedini” in quanto è stato il relatore del Lodo Alfano, ha proposto lo scudo per le più alte cariche dello Stato, utilizzato dal solo Berlusconi, poi bocciato dalla Consulta. Suo anche il disegno di legge sul legittimo impedimento – che ha permesso all’ex premier di chiedere e in alcuni casi ottenere rinvii delle udienze dei processi in cui era imputato a Milano. Il 9 dicembre del 2009 presentò insieme al leghista Matteo Brigandi quel disegno di legge definendolo una ”priorità per la maggioranza”. Primo firmatario nel 2012 della legge bavaglio che prevedeva il depotenziamento delle intercettazioni, l'inasprimento delle sanzioni per i giornalisti per il reato di diffamazione. Ha proposto anche la rivisitazione al ribasso dei termini di prescrizione della ex Cirielli ed è stato promotore di almeno una proposta per la responsabilità civile di magistrati. Nel settembre 2011 fu tra i deputati più attivi a chiedere al ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma l’invio degli in Procura di Napoli che indagava sul presunto ricatto al neoduce da parte di Giampaolo Tarantini, l’imprenditore barese che, secondo gli inquirenti di Bari, offriva prostitute al presidente del Consiglio portandogliele direttamente a Palazzo Grazioli. Il 5 ottobre 2011 Costa prese il posto di Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, che si dimise per protesta contro la decisione della maggioranza di approvare l’emendamento messo a punto dallo stesso Costa con l’obiettivo di rendere impubblicabili le intercettazioni fino all’udienza filtro. Un bavaglio alla libertà di stampa che la stessa Bongiorno definì “un obbrobio”. Costa non ha mai risparmiato neanche critiche ai magistrati di Milano. In particolare ai titolari dell’inchiesta Ruby criticando, tra le altre cose, la presenza del procuratore Edmondo Bruti Liberati in aula al processo per concussione e prostituzione minorile.
Di lui si ricorda anche il volta faccia sulla legge Severino, prima entusiasta e poi sbottò: “È una legge contro Berlusconi”.
Alla Giustizia è stato riconfermato anche Cosimo Ferri “tecnico” berlusconiano già sottosegretario alla Giustizia con il governo Letta. “Illustre” ex magistrato il cui nome però salta fuori nelle intercettazioni telefoniche di diversi scandali inerenti la cricca degli appalti, la P3 e Agcom-Annozero. Ex commissario, componente della commissione vertenze economiche della Figc, fu coinvolto ma mai indagato in Calciopoli. In un’informativa gli investigatori dell’Arma riportano che attraverso Ferri l’allora vicepresidente della Fgci Mazzini “cerca un adeguato e riservato contatto con il Lotito soprattutto per la questione di maggiore interesse ovvero quella del favore arbitrale”.
Quattro anni fa l’ex toga è ricomparso in alcune intercettazioni telefoniche delle inchieste sulla P3 e sull’affaire Agcom-Annozero: la trasmissione di Michele Santoro finì sotto inchiesta per un esposto dei coordinatori del Pdl. Silvio Berlusconi voleva assolutamente fermare il programma che aveva come argomento il processo Mills, quello per cui è riuscito a incassare l’ennesima prescrizione. L’allora presidente del Consiglio chiama al telefono il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi. Che, forse per placare il premier forse millantando, riferisce di “aver già fatto una riunione” con Alessio Gorla, nel cda Rai ed ex manager Fininvest, Paolo Romani, vice-ministro alle Comunicazioni e Ferri.
Allo Sviluppo Economico con delega alle Telecomunicazioni, l’altro settore da sempre nel cuore del neoduce e delle sue aziende, Renzi gli ha messo come viceministro Antonello Giacomelli (Pd). Una decisione a dir poco vergognosa specie se si pensa che tale nomina dovrebbe risolvere, bilanciandolo, il mostruoso conflitto di interessi del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, berlusconiana e in buoni rapporti col neoduce che la voleva anche candidare alle ultime politiche.
Ma anche tra i non inquisiti compaiono politicanti come Silvia Velo (PD), già sindaco di Campiglia Marittima dal 1999 al 2009, che è diventata sottosegretario alla Tutela del territorio e dell'ambiente pur essendosi distinta per una politica che, come ben denuncia il “Comitato per Campiglia”, ha favorito il saccheggio del territorio con la moltiplicazione dei volumi di scavo nelle cave di Monte Calvi e Monte Valerio, ha proposto una lottizzazione alberghiera nell'area Fonte di Sotto e ha realizzato un mostruoso impianto di betonaggio e per la lavorazione degli inerti in piena campagna, alle Lavoriere, in una zona a spiccata vocazione agricola.

5 marzo 2014