Inaudito attacco alla libertà di stampa e al diritto di cronaca
Il senatore Gentile ha impedito l'uscita de “L'Ora della Calabria” perché scrive dell'inchiesta che coinvolge suo figlio
Renzi lo aveva nominato sottosegretario ma è stato costretto a dimettersi

Un inaudito attacco alla libertà di stampa e d'informazione e al diritto di cronaca che ricorda gli anni più neri del fascismo mussoliniano e della mafia più violenta è avvenuto in Calabria il 19 febbraio. Protagonista il senatore di Cosenza Antonio “Tonino” Gentile, detto “u Cinghiale”, ex PSI, PSDI, PRI, poi berlusconiano ed ex sottosegretario all'economia dell'ultimo governo Berlusconi, oggi coordinatore regionale del NCD di Alfano.
Andrea Gentile, figlio del Cinghiale è sotto inchiesta insieme all'avvocato di Paola (Cosenza) Nicola Gaetano (fratello di Dario Gaetano assessore anche lui ai lavori pubblici nella giunta nera e filomafiosa del neopodestà Ferrari di Paola), nelle vicende che riguardano l'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, venendo indicato come il referente politico di Gaetano, il quale è considerato dagli inquirenti della procura di Cosenza e dal sostituto procuratore Domenico Auriemma, una sorta di “direttore ombra” che dava a sua volta ordini per conto dei Gentile a Gianfranco Scarpelli, direttore generale dell'Asp, sospeso in seguito all'inchiesta. Gaetano avrebbe inoltre provveduto a far avere incarichi legali d'oro al figlio del senatore e ad altri. Le accuse sono di abuso d'ufficio, falso ideologico, truffa, falsa fatturazione e associazione per delinquere.

Tentativo di tappare la bocca
Il Cinghiale, non volendo che si sapesse del coinvolgimento del figlio, ha prima tentato di ostacolare l'uscita di un articolo su “L'ora della Calabria” (ex “Calabria Ora”) per mezzo dell'editore Alfredo Citrigno e dello stampatore del giornale (oltre che presidente di Fincalabra, ex capo di Confindustria Calabria ed ex candidato a sindaco di Cosenza, trombato, con Forza Italia) Umberto De Rose, il quale ha così minacciato al telefono il direttore de “L'Ora” Luciano Regolo: "il cinghiale, quando viene ferito, ammazza tutti!".
Al coraggioso rifiuto del direttore Regolo (da poco succeduto al trotzkista anti PMLI Piero Sansonetti alla direzione del giornale) di ritirare l'articolo su Gentile ha poi fatto bloccare “misteriosamente” le rotative impedendo l'uscita del giornale in edicola il giorno 19 febbraio! La procura di Cosenza indaga su questo gravissimo episodio.
Il sen. Gentile e compari si dichiarano estranei all'accaduto e minacciano querele ma, intanto, il Cinghiale inferocito sta cercando di vendicarsi del giornale, esigendo i crediti che vanta dall'editore Citrigno, sempre per mezzo di De Rose, portando così, se andasse fino in fondo, “L'Ora della Calabria” addirittura a sicura chiusura, come sostengono i giornalisti della testata.
Il direttore Regolo invece conferma punto per punto i fatti accaduti il 18 febbraio. Questo il suo editoriale sul numero del 20 febbraio, giorno successivo a quello della mancata uscita in edicola: “Ieri notte si è consumato un fatto gravissimo per la libertà di stampa, la violazione delle più elementari regole della democrazia e del vivere civile. Ultimata la lavorazione del giornale, a tarda ora, l'Editore mi ha chiesto se non fosse possibile ritirare dalla pubblicazione l'articolo relativo all'indagine in corso sul figlio del senatore Tonino Gentile, Andrea, al quale sono contestati i reati di abuso d'ufficio, falso ideologico e associazione a delinquere nell'ambito del caso Asp. Di fronte alla mia insistenza, nella difesa del diritto di cronaca, ho minacciato all'Editore stesso le mie dimissioni qualora fossi stato costretto a modificare il giornale, vanificando il mio lavoro e quello dei miei colleghi. Mentre discutevamo di questo, in mia presenza e in viva voce, l'editore ha ricevuto la telefonata del nostro stampatore Umberto De Rose, il quale, ponendosi come "mediatore" della famiglia Gentile, faceva ulteriori pressioni per convincerlo a non pubblicare la notizia, ricordandogli che 'il cinghiale, quando viene ferito, ammazza tutti'.
Avendo io ribadito all'Editore che non intendevo in alcun modo censurare ciò che era stato scritto, ci siamo salutati. Così De Rose, dopo avere chiamato insistentemente la redazione, soltanto alle due di notte ha fatto sapere che il giornale non poteva andare in stampa per un guasto alle rotative. E' evidente che si è trattata di un'azione intollerabile e ingiusta, e aspetto serenamente che la Procura di Cosenza mi convochi per produrre la documentazione in mio possesso riguardo alle pressioni che Gentile, per interposta persona, ha effettuato per evitare che fosse divulgata l'indagine sul conto di suo figlio”.

Una storia borghese e mafiosa
Una vera e propria dinastia politica borghese quella dei Gentile, avversaria ma a volte alleata delle famiglie rivali Occhiuto, Mancini, Misasi, Principe, che comincia negli anni '70 all'ombra del filomafioso ex segretario nazionale del PSI, Giacomo Mancini, nella sezione socialista nel rione Massa alle pendici del centro storico di Cosenza, attraversando il craxismo, approdando negli anni '90 alla corte di Arcore e quindi al NCD. La dinastia è stata ed è protagonista di infinite vicende giudiziarie e politiche impossibili da riassumere in poco spazio, basta ricordare di Tonino quando fu accusato da “pentiti” di aver avuto appoggi dalla 'ndrangheta per le elezioni politiche del 1992, quando era in corsa per il PSI. Diceva lo stesso Giacomo Mancini: era scortato da un “nutrito stuolo di personaggi molto noti alla giustizia”.
Antonio Gentile è il fratello di Giuseppe “Pino” Gentile, ex sindaco di Cosenza, assessore ai lavori pubblici della giunta regionale del fascista mal-ripulito Scopelliti (anche lui nel NCD di Alfano) come assessore fu in passato anche in giunte regionali di “sinistra”, non senza aver tentato inutilmente di diventare presidente della provincia di Cosenza alle ultime provinciali del capoluogo bruzio, quando fu battuto dall'attuale presidente, il vecchio arnese ex deputato PCI-PDS-DS oggi PD, Mario Oliverio (che intanto scalpita per essere il candidato alla presidenza della regione del “centro-sinistra” e conquistare la poltrona strappata nel 2010 da Scopelliti ad Agazio Loiero, altro vecchio arnese ex DC infine PD dato ora per vicino a Renzi, non senza polemiche si è scoperto che la figlia Valentina Loiero è diventata una delle componenti dell'ufficio stampa della presidente della Camera, Laura Boldrini di SEL).
Il fratello del Cinghiale e di Pino, Raffaele Gentile (in tutto sono 7 tra fratelli e sorelle) porta consensi alla famiglia attraverso il sindacato, la Uil. Poi c'è Katia Gentile, figlia di Pino, ex vicesindaco e assessore ai lavori pubblici della giunta del neopodestà ex UDC oggi Forza Italia, Mario Occhiuto di Cosenza con il quale ora i Gentile sono in conflitto.
La censura de “L'ora della Calabria” ha suscitato tante reazioni come era prevedibile e non solo in Calabria da parte di lavoratori, comitati, sindacati, associazioni, giornalisti, anche su internet, e dimostra una volta di più di che pasta sono fatti i “signori” della destra neofascista e filomafiosa calabrese come i Gentile!
Ma mette anche in grande imbarazzo i partiti della “sinistra” borghese in Calabria e non solo, vista la trasversalità politica e istituzionale dei Gentile rispetto ai due poli del regime neofascista: con la destra e Scopelliti alla Regione Calabria, con il PD (e insieme allo stesso Scopelliti) a Roma a Palazzo Chigi, tanto che è stato in questi giorni nominato sottosegretario alla giustizia nel governo Renzi anche se si è dovuto poi dimettere. La loro credibilità come oppositori o addirittura “alternativi” rispetto al governo regionale di Scopelliti e dei Gentile è sotto zero.

La strada da seguire
Non va dato poi alcun credito ai grillini calabresi che, anche commentando la vicenda Gentile, continuano a vendere illusioni elettorali e antimafiose alle masse calabresi, pensando già alle prossime europee che, in ultima analisi, convergono con la promessa che se il governo nazionale e quello regionale fossero affidati a loro e alla loro “democrazia diretta”, che in realtà non lo è, non ci sarebbero in Calabria politicanti come il “Cinghiale” e Scopelliti, e i mali vecchi e nuovi del capitalismo, fra i quali la 'ndrangheta.
Per uscire dalla terribile situazione in cui si trova la Calabria bisogna continuare a impugnare fin dalle prossime elezioni l'arma dell'astensionismo marxista-leninista per delegittimare le marce e irriformabili istituzioni borghesi locali e nazionali, creare anche in Calabria le istituzioni rappresentative delle masse basate sulla democrazia diretta, le Assemblee popolari e i Comitati popolari.
Praticare ampio fronte unito contro la 'ndrangheta, per il lavoro, lo sviluppo e l'industralizzazione della Calabria e dell'intero Mezzogiorno, per il soddisfacimento dei bisogni delle masse popolari calabresi e per migliorarne le condizioni di vita per quanto possibile nel sistema capitalista, lottando fuori dalle istituzioni borghesi e non dando tregua ai governi nazionali e locali, difendendo con le unghie e con i denti la libertà di stampa e d'informazione.
Solo il socialismo salverà poi la Calabria e l'Italia dal capitalismo e dal regime neofascista e filomafioso che oggi ha il volto del Berlusconi democristiano Renzi sostenuto da compari filomafiosi come i Gentile e Scopelliti che intanto continuano ad opprimere sotto il loro nero governo regionale il martoriato popolo calabrese.
Un simpatizzante di Paola (Cosenza) del PMLI

5 marzo 2014