Collusi con la ‘ndrangheta
Arrestati l'ex capo e il vice della mobile di Vibo Valentia
Coinvolto anche un avvocato legato alle cosche

 
In una inchiesta coordinata dalla Procura antimafia di Catanzaro, sono stati arrestati lo scorso 24 febbraio Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò, rispettivamente l’ex capo della squadra mobile di Vibo Valentia e il suo vice. Il lavoro degli investigatori, fatto di intercettazioni e riscontri, è stato sintetizzato in una richiesta d’arresto da parte del procuratore della Dda catanzarese Vincenzo Antonio Lombardo, dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dal pm Simone Rossi. La bontà delle indagini è stata confermata nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Abigail Mellace, con l’emersione di un quadro assolutamente desolante, con i due funzionari accusati di essersi astenuti “dallo svolgere qualsivoglia attività sulla cosca più potente della provincia”, di non avere trasmesso all’autorità giudiziaria segnalazioni che avrebbero potuto portare in carcere alcuni dei potenti boss della cosca e di avere, addirittura, “indirizzato l’intera attività investigativa” della squadra mobile “nei confronti delle cosche avverse a quella dei Mancuso allo scopo di rafforzare quest’ultima attraverso l’eliminazione dei suoi rivali”. In sostanza il giudice procedente afferma a chiare lettere che Lento e Rodonò (attualmente rinchiusi nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) hanno intessuto una serie di relazioni che hanno favorito la cosca dei Mancuso di Limbadi, una delle più potenti della ’ndrangheta. L’accusa è gravissima: concorso esterno in associazione mafiosa. Con loro è stato arrestato, per associazione mafiosa, anche il legale dei Mancuso, l’avvocato Antonio Carmelo Galati, “trait d’union” tra i poliziotti e la cosca. Per un terzo poliziotto, invece, accusato di rivelazione di segreti d’ufficio, i pm hanno chiesto al Gip, la sospensione dall’esercizio di pubblico ufficiale.
Dalle intercettazioni e dalle carte delle inchieste emerge un quadro allarmante dell’azione dei due poliziotti, con Lento che, dice Galati al telefono con il boss Pantaleone Mancuso, 67 anni, alias “vetrinetta”, si serve del pretesto di una perquisizione per andarlo a salutare. Oppure Rodonò che trascorre una giornata al mare in una delle strutture alberghiere più rinomate della zona in compagnia del genero e della figlia del boss e riceve pure in omaggio una bottiglia di champagne. Un atteggiamento sottolineato con piacere da Pantaleone Mancuso, che parlando al telefono con l’avvocato elogia senza mezzi termini Lento: “deve essere una persona seria”. Scrive il Giudice per le indagini preliminari che i due poliziotti collusi “accettando supinamente di essere inseriti, letteralmente inglobati, nei circuiti relazionali, trasversali ed equivoci dell’avvocato Galati, hanno posto in essere azioni e condotte che, a questo Giudice, appaiono del tutto prive di qualsivoglia lecita spiegazione, oltre che di portata allarmante, anzi devastante”.
Particolarmente rilevante anche la posizione dell’avvocato Galati: nelle carte dell'inchiesta si dà conto di una serie di incontri tra Galati e alcuni giudici, delle conversazioni intercettate, nel corso della quali viene ricostruito lo scontro tra toghe in atto tra il 2009 e il 2011 negli uffici del Tribunale e della Procura vibonese. Scontri senza esclusione di colpi che sarebbero poi finiti sul tavolo dei magistrati di Salerno che per competenza ha aperto tutta una serie di fascicoli. In questo senso Galati vantava amicizie importanti, come quelle con i magistrati Giancarlo Bianchi. Gianpaolo Boninsegna, Cristina De Luca e Manuela Gallo. Amicizie che spesso erano vissute "in buona fede", ma che l'avvocato utilizzava per carpire notizie, per fomentare liti e per accreditarsi quale interlocutore del sistema giudiziario.
Gli elementi emersi durante le indagini dimostrano come l’avvocato Antonio Carmelo Galati, afferma il gip, ha “apportato alla cosca Mancuso, in modo stabile e continuativo, una molteplicità di contributi che ne hanno amplificato la forza intimidatoria e le concrete capacità operative, intensificando la sua posizione di egemonia e comando sul territorio”.

19 marzo 2014