50 giovani israeliani: “Non vogliamo far parte di un esercito di occupazione”

 
”Ci opponiamo alla occupazione dei Territori palestinesi” dove i soldati israeliani ”violano diritti umani e compiono azioni che il diritto internazionale considera crimini di guerra” perciò ci rifiuteremo di indossare la divisa militare. Così hanno messo per iscritto quattro coraggiosi liceali israeliani in una lettera inviata al premier Benyamin Netanyahu, lettera che prima dell'invio è stato sottoscritto da una cinquantina di coetanei.
In Israele il servizio militare a 18 anni è obbligatorio per tutti e il rifiuto della leva è considerato un reato grave con una pena fino a tre anni di carcere. I giovani firmatari della lettera denuncia lo sanno ma sono disposti a affrontare le conseguenze della loro diserzione perché non vogliono rendersi complici nei territori occupati di ”esecuzioni mirate, costruzioni di insediamenti illegali, arresti amministrativi, torture, punizioni collettive”, hanno scritto. Si oppongono all’occupazione militare non solo per difendere i diritti dei palestinesi ma anche perché essa ha quali riflessi negativi nella stessa società israeliana “militarismo, violenza, ingiustizia sociale, razzismo, violenza e discriminazioni etniche”. “Non vogliamo peraltro essere carne da cannone per il potere” ha aggiunto uno dei ragazzi.
L'iniziativa è partita la scorsa estate, ha spiegato una dei firmatari, quando “abbiamo cominciato a discutere del servizio militare che ci attende dopo la scuola. Qualcuno aveva già ricevuto il telegramma di convocazione da parte delle Forze Armate. Cosa facciamo? Ci chiedevamo sempre più di frequente. Questo interrogativo nei mesi successivi si è allargato a ragazzi di altre scuole e tanti hanno risposto, in modo esplicito, di non essere disposti a far parte di un esercito che compie crimini contro un popolo sotto occupazione”. Tanti dei firmatari della lettera sono stati diverse volte in Cisgiordania, sottolineava la ragazza, dove hanno partecipato a manifestazioni a sostegno delle comunità palestinesi minacciate dalla costruzione del Muro. “In quell’occasione – denunciava - ho potuto vedere di persona cosa ha significato per i palestinesi e la loro vita la realizzazione di questo gigantesco progetto dell’occupazione. E ho anche visto la risposta brutale e violenta dell’Esercito alle proteste dei palestinesi. Quando vai nei villaggi e conosci le persone, parli con loro, vedi cosa soffrono, allora capisci che non sono credibili le notizie che la sera ascolti dalla televisione e comprendi di aver avuto la possibilità di capire la realtà dell’occupazione, senza più filtri e omissioni. A quel punto chi vede, chi sa è chiamato a scegliere, deve decidere. E noi abbiamo deciso, abbiamo fatto la nostra scelta. Ed esortiamo i nostri coetanei, tutti gli israeliani, a riflettere, a ripensare a un modello di vita e di comportamento. Lo facciamo per mettere fine all’occupazione e all’oppressione dei palestinesi e per costruire una società israeliana completamente diversa da quella attuale”.

26 marzo 2014