51 gli indagati
24 arresti di eversori secessionisti
“Instaureremo un regime di terrore”
Salvini: “liberate i secessionisti oppure occuperemo le prefetture”

È stato davvero “una farsa da Repubblica delle banane”, come l'ha definito il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, il progetto secessionista scoperto dalla Procura della repubblica di Brescia?
No. Non lo è stato. La serietà della vicenda in primo luogo risiede nella definizione di “Ampio disegno eversivo” che ne ha dato la magistratura bresciana, confermata dalla dimensione dell'operazione: ventiquattro arrestati in cinque delle sette province del Veneto Padova, Treviso, Rovigo, Vicenza e Verona e cinquantuno indagati. Il reato più pesante contestato è quello previsto dall’articolo 270 bis del codice penale (Associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico). Il progetto prevedeva anche la costruzione di armi, tra cui “un carro armato da utilizzare per compiere un'azione eclatante a Venezia, in piazza San Marco”. Sequestrate armi, pistole e fucili. Per ottenere le armi, alcune regolarmente denunciate dai possessori, ci sarebbero stati contatti con la criminalità albanese.
Anche i nomi indicano che non era per nulla un'armata Brancaleone dell'indipendentismo quella che riunisce “più organizzazioni secessioniste” nel comune progetto strategico dell’indipendenza del Veneto dallo Stato italiano. Tra queste Brescia Patria, Veneto Stato, i Serenissimi, ma anche gruppi indipendentisti di altre regioni, come il sardo Disubbidientzia, dei gruppi piemontesi, campani e siciliani. E alcune delle intercettazioni sono davvero inquietanti: “Instaureremo veramente il clima di terrore, sai come ci divertiremo, la mafia anche qua...”, dicono ad un certo punto in una conversazione telefonica gli eversori nazi-leghisti.
Al progetto non mancavano appoggi importanti, economici, anzitutto. Un bancario, Corrado Manessi, arrestato in quanto, secondo una fonte dei carabinieri del Ros, aiutava gli amici ad aprire un conto corrente alla Cassa Padana di Brescia su cui passavano i soldi per finanziare secessionisti sardi e piemontesi. In carcere anche l'imprenditore bresciano Roberto Bernardelli, “il facoltoso”, come viene definito nelle intercettazioni, tra i finanziatori del progetto e con un ampio curriculum da politicante borghese. Diventa parlamentare con la Lega Nord di Bossi nel 1994 e nel 1996.
Da alcuni passaggi dell'indagine, come da alcuni dei nomi degli arrestati, come il suddetto, si evince come la pericolosità del progetto non risiedesse solo nel radicamento presso settori più o meno ampi della piccola borghesia reazionaria. Un elemento politico pesantissimo fa capolino dall'indagine, e cioè il legame tra questa Alleanza ed alcuni esponenti ed ex-esponenti delle massime istituzioni borghesi.
Fra gli arrestati spicca, infatti, il nome del pezzo da novanta del secessionismo italiano, Franco Rocchetta (PRI, PCI, Lotta continua, fondatore della Liga Veneta, confondatore della Lega Nord di cui è stato presidente federale), con una lunga storia di permanenza nelle istituzioni e di legami con esse. Più volte consigliere regionale, nel 1992 e nel 1994 è eletto in parlamento con la Lega Nord e nel febbraio del 1994 nominato sottosegretario agli affari esteri con Berlusconi.
Il progetto aveva trovato anche i suoi megafoni propagandistici. Tra i 51 indagati figura il direttore di lindipendenza.com, Gianluca Marchi (nel suo curriculum una lunga esperienza in testate di destra, razziste, secessioniste e anticomuniste. E' stato, infatti, primo direttore de La Padania ed ex caporedattore di Libero). Secondo l'indagine sarebbe stato contattato dagli esponenti dell’Alleanza, per “ottenere appoggio finanziario e soprattutto mediatico al momento” in cui doveva avvenire l'occupazione con il carro armato in piazza San Marco Venezia.
Il procuratore di Brescia, Tommaso Buonanno dichiara che “non vi sono elementi che evidenzino collegamenti fra queste persone e la Lega Nord”. E tuttavia i maggiori imputati sono stati nella Lega. Ed è stata la Lega il 6 aprile a organizzare una manifestazione per la liberazione degli eversori a cui hanno partecipato i boss del partito, cioè il governatore del Veneto Luca Zaia, la senatrice Erika Stefani, il sindaco di Verona, Flavio Tosi, e anche Umberto Bossi. Ed è da quel palco che è arrivata l'avvertimento di Matteo Salvini, segretario della Lega, che minaccia l'occupazione delle prefetture se non verranno liberati gli arrestati.
Tutti segnali che in Italia il nero progetto secessionista è sorretto e favorito da settori delle istituzioni borghesi, benché il Berlusconi democrisitano Renzi si dica "assolutamente sereno rispetto alla tenuta di ogni tipo di istituzione democratica”.

9 aprile 2014