Alzare il livello della lotta
Il governo Renzi chiude la Lucchini di Piombino
Solidarietà del PMLI ai quasi 4.000 lavoratori

Dal nostro corrispondente della Toscana
Il 23 aprile si spegnerà l’alto forno della storica fabbrica Lucchini di Piombino che verrà alimentata per un breve periodo solo a carbone, per non fare collassare l’impianto, fino ad arrivare allo spegnimento definitivo.
Un processo che sarà irreversibile e la cui responsabilità ricade interamente sui governi borghesi che si sono succeduti in questi anni e per ultimo su quello del Berlusconi democristiano Renzi.
Come denunciato dai sindacati, in particolare dalla Fiom di Piombino, lasciar morire il secondo polo siderurgico italiano non è una decisione caduta dal cielo. Dietro questa strategia, vi sono gli interessi della “lobby dell’acciaio” della Germania e soprattutto italiana, curati entrambe da Renzi che favorirebbe i magnati Duferco, Feralpi e la stessa neo presidente Eni Emma Marcegaglia per spartirsi i “bocconi migliori”, recuperando quote di mercato.
La Lucchini fino al 1992 è stata di proprietà statale poi è passata al Gruppo Lucchini e nel 2005 alla russa Severstal del magnate Alexei Mordashov che dal 2009 non investe più nell’azienda, preferendo l’acquisto di mega ville in Sardegna. Mordashov lascia la Lucchini che si ritrova in amministrazione straordinaria, un'azienda che con l'indotto conta quasi 4.000 lavoratori e che da sola produce il 46% del Pil della città.
In merito al futuro Lucchini, gli operai hanno denunciato gli intralci e intoppi sempre per mano del governo Renzi e del commissario Piero Nardi, verso l’unico acquirente che si sia fatto avanti, la tunisina Smc che acquisterebbe tutto, compreso l’altoforno.
Gli stessi amministratori regionali come l’assessore al lavoro Gianfranco Simoncini e il governatore Enrico Rossi, entrambi del PD, tentano di gettare acqua sul fuoco, sulla rabbia degli operai, facendo passare per positivi i contratti di solidarietà e l’eventuale formazione dei lavoratori per traghettarli verso la costruzione di nuovi impianti Corex e il forno elettrico o trasformando il sito in un luogo di smantellamento navi e non più di produzione. Un progetto ancora fumoso negli impegni delle istituzioni, soprattutto dal punto di vista economico e anche pericoloso visti i precedenti di altre fabbriche in crisi che ancora vedono i lavoratori con un futuro incerto.
Gli operai avvertono chiaramente puzza di bruciato e sono combattuti nell'accettare gli “ammortizzatori sociali” (che la riforma Fornero prima e il Jobs act di Renzi elimineranno nei prossimi due anni) con una notevole riduzione di stipendio, fino anche a 300 euro, per un futuro incerto.
Comprendiamo la disperazione che però a nostro avviso non va canalizzata nell'inefficace sciopero della fame, bensì in una lotta dura e compatta sprigionando tutta la forza e combattività della classe operaia che non deve accontentarsi delle briciole elargite dai capitalisti.
Noi marxisti-leninisti siamo dalla parte degli operai, delle loro famiglie, ed esprimiamo loro la nostra solidarietà di classe. Il sindacato deve fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per garantire il futuro lavorativo di questi lavoratori, ricorrendo anche a misure di lotta dure e forti. La Lucchini e la sua produzione non deve chiudere.
La gestione di questo importante sito siderurgico è la dimostrazione di quanto le istituzioni borghesi siano colluse con gli interessi dei capitalisti, della grande borghesia e se ne infischiano del proletariato e delle masse popolari.
 

23 aprile 2014