Dopo lo scandalo Penati, l'inchiesta giudiziaria sull'Expo chiama ancora una volta in causa il vertice e il sistema di governo del PD
L'arresto di Greganti (PD) dimostra che tangentopoli non è mai finita
Il famigerato “compagno G” ha continuato ad essere il collettore di tangenti e faccendiere per conto delle Coop bianche e “rosse”. Frequentava regolarmente il Senato e si dedicava alla lobbying tra parlamentari e membri del governo
Renzi tace

L'arresto, tra i componenti della “cupola” che pilotava gli appalti dell'Expo2015 e non solo, di due vecchie conoscenze di tangentopoli come l'allora segretario amministrativo della DC milanese Gianstefano Frigerio, oggi faccendiere Berlusconiano di casa ad Arcore e con ufficio personale nella sede romana di Forza Italia, e l'ex funzionario del PCI-PDS, tutt'ora con tessera PD in tasca, Primo Greganti, il pluricondannato “compagno G” già collettore di tangenti per conto dei vertici di Botteghe Oscure, dimostra che tangentopoli non è mai finita, tanto che non solo oggi si ripetono gli stessi identici schemi e metodi corruttivi, ma perfino certi protagonisti sono sempre gli stessi di allora.
In particolare l'arresto di Greganti, dopo lo scandalo della speculazione sull'ex area Falck di Sesto San Giovanni, che portò al rinvio a giudizio con successiva prescrizione in Cassazione dell'ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo della segreteria di Bersani, Filippo Penati - due scandali avvenuti non casualmente nella stessa area geografica e politica - chiama di nuovo in causa il vertice e il sistema di governo del PD, mostrando che ormai è in tutto e per tutto omologato a quello basato sul clientelismo, l'affarismo, la corruzione e le tangenti tipico della vecchia DC e del vecchio PSI, poi trasmigrati nel sistema politico-mafioso berlusconiano dopo tangentopoli.
Anche oggi, come allora, la tattica del vertice PD è la stessa: negare recisamente che il “compagno G” sia un collettore di tangenti e un faccendiere per conto del partito e il suo sistema di potere economico basato sulle cooperative bianche e “rosse”, anzi fare finta di non conoscerlo nemmeno e dare a intendere che ogni suo eventuale accostamento a personaggi noti del partito sia frutto esclusivamente di sue iniziative personali o millanterie. Una tattica che l'arrestato asseconda accortamente, come già fece ai tempi di tangentopoli, quando si lasciò condannare e incarcerare come se avesse fatto tutto da solo, senza fare i nomi dei dirigenti del partito per conto dei quali aveva fatto da collettore di tangenti.

Intermediatore di appalti in cambio di tangenti
“Volevo solo promuovere la filiera del legno”, ha detto infatti Greganti agli inquirenti negando le accuse di associazione a delinquere, turbativa d'asta e corruzione per le quali è stato arrestato insieme agli altri membri della “cupola” dell'Expo. Questo perché le sue figlie Barbara e Luna risultano titolari delle quote del gruppo Seinco srl di Torino, che si occupa di promuovere le aziende sui mercati stranieri, in particolare verso la Cina, paese in cui Greganti vanta certi rapporti coltivati fino dalla fine degli anni '70. E perché il gruppo Seinco detiene il 25% della Mozzone Building System di Savigliano (Cuneo), produttrice di elementi in legno per l'edilizia.
Ma il gruppo Seinco è anche quello citato in alcuni passaggi dell'inchiesta sullo scandalo dell'Expo che lo ha portato in carcere. Secondo la guardia di finanza una delle sue controllate, la Seinco En.Ri., sarebbe il tramite delle tangenti della Cmc, la grossa Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna che si è aggiudicata gli appalti dei padiglioni francese e thailandese dell'Expo. Tra Greganti e la Cmc ci sarebbe stato un vero e proprio “accordo di partnership” abbozzato in una email, che avrebbe garantito al nostro uomo “una provvigione su attività e progetti... non inferiore all'1% del valore delle operazioni portate a buon fine”. Secondo il giudice per le indagini preliminari “il documento in oggetto conferma il sovente utilizzo da parte degli associati di fittizi contratti di consulenza come mezzo attraverso cui giustificare la percezione delle indebite dazioni di denaro”. E la Seinco avrebbe un contratto di consulenza simile anche con la Olicar, interessata ai lavori della Città della salute di Sesto San Giovanni, un appalto da 323 milioni nella stessa area dismessa delle acciaierie Falck oggetto dello scandalo Penati.
Un'altra coop legata a Greganti, la Viridia, aggregata al Consorzio veneto cooperativo, sarebbe riuscita ad inserirsi anche nel lucroso appalto da 149 milioni per la “piastra” dell'Expo. Un affare di cui, stando a certe intercettazioni, si sarebbe interessato personalmente anche Bersani per appoggiare la candidatura di Legacoop. In una telefonata del 2013 il rappresentante legale della Viridia chiedeva a Greganti che sarebbe servita “una posizione di controllo” e a tale scopo gli aveva suggerito un nome convenzionale (l'”amico Fritz”), invitandolo a parlarci lui quando lo avrebbe “visto a Roma”. Quindi Greganti sarebbe stato l'intermediario tra la “cupola” e le coop bianche e “rosse” e lo stesso vertice romano del PD, così come Frigerio, stando sempre alle intercettazioni, si occupava delle coop legate a Comunione e Liberazione e a tessere i rapporti col ministro dei Trasporti, il ciellino Lupi, e il segretario dell'UDC, Cesa.

“Lui è il martello che fa rigare le coop”
In un'intercettazione dello scorso 12 febbraio, un altro componente della “cupola” finito in manette, l'ex direttore Pianificazione e Acquisti di Expo 2015, Angelo Paris, così risponde in un sms a un suo interlocutore che gli chiede con una certa apprensione perché ha a che fare con Primo Greganti, sapendo che è un condannato di tangentopoli: “Perché – gli risponde Paris - è uno che governa le coop rosse che, al momento, performano male su Expo, e quindi lui è il martello che le fa rigare. Ma hai capito che dimensione c'è in ballo su Expo?”. In un'altra intercettazione, l'ex segretario dell'UDC ligure, Sergio Cattozzo, anche lui arrestato, riferendo a Frigerio (il “professore”) quanto detto ad Antonio Rognoni (arrestato per un'inchiesta precedente) per convincere Paris a “collaborare”, la mette così: “Ci sono dentro le cooperative... c'è quella cooperativa importante... ti incontri col mondo di Primo e con il mondo del professore. Io sono qua, a voce, perché loro due mi hanno detto di venirti a parlare. Quindi, ho detto, ti copri con il mondo di Primo e con il mondo del professore”.
Il “mondo di Primo” è evidentemente il PD, dove non solo Greganti è stato riammesso senza problemi, tanto da aver rinnovato la tessera sia nel 2012 che nel 2013. Ma dove intrattiene ancora una rete di relazioni occulte con una serie di dirigenti che contano, sia della vecchia guardia dalemiana e bersaniana, sia della nuova legata all'astro nascente Renzi, che difatti la “cupola” si proponeva di agganciare cercando un abboccamento col vicesegretario renziano Guerini. Lo si capisce anche da certi particolari significativi, come la presenza di Greganti accanto a certi personaggi in certi momenti particolari, come per esempio nella foto che lo ritrae il 29 marzo scorso dietro lo stato maggiore del PD torinese alla presentazione della campagna elettorale di Sergio Chiamparino (renziano) per la corsa alla presidenza della Regione Piemonte: di cui evidentemente Greganti era uno degli sponsor. Altrimenti non si capirebbe che ci stava a fare lì, fra l'altro accanto ad un altro ex inquisito di tangentopoli come Giancarlo Quagliotti, ex capogruppo comunale del PCI a Torino e oggi guarda caso nella segreteria del neopodestà Fassino (renziano pure lui, in prima fila nella foto accanto a Chiamparino). In un'intercettazione al telefono con l'ad di Olicar, Paolo Fusaro, chiamando da Torino Greganti gli dice infatti: “sono qui in assessorato”, lasciando intendere di avere speciali entrature al Comune guidato da Fassino.

A Roma incontrava senatori e “componenti del governo”
Ancor più significativa è l'attività di lobbying che il “compagno G” svolgeva metodicamente a Roma, dove tutti i mercoledì si recava regolarmente al Senato per parlare con certi personaggi non ancora identificati o rivelati dagli inquirenti. Certo è che le sue visite non erano quelle di un semplice spettatore come tanti, perché il suo nome non figura mai all'ufficio passi, segno evidente che entrava sempre accompagnato da qualche senatore o altro “addetto ai lavori”. Un rapporto della guardia di finanza parla di un'intercettazione tra Cattozzo e Greganti, il quale gli dice “di aver appena finito una riunione al Senato”, e i tabulati telefonici localizzano effettivamente la telefonata in una cella nei pressi di Palazzo Madama. Tant'è che il presidente del Senato, Grasso, ha chiesto al procuratore di Milano Bruti Liberati dati e orari delle visite di Greganti per capire perché non risultano registrate.
Anche l'ex craxiano oggi senatore di GAL, Lucio Barani, ha rivelato al Corriere della Sera e a Il Fatto Quotidiano di aver visto Greganti alla bouvette del Senato, insieme a “due o tre colleghi del PD”, di cui ha detto di non ricordare i nomi. Aggiungendo che a un certo punto alla compagnia si è unito “un componente del governo. Un ministro o un sottosegretario, non lo escludo”. I rapporti della Finanza parlano anche di incontri a Roma tra Greganti e l'ex tesoriere nazionale dei DS, Francesco Riccio, un'altra strana figura di faccendiere già legato all'ex “D'Alema boy” Claudio Velardi, e che adesso fa il consulente in proprio, sfruttando come Greganti i legami con il vecchio mondo dalemiano e bersaniano di riferimento.
Chi sono i personaggi del PD e del governo che Greganti incontrava, e che rapporti li legano a lui? Può darsi che ancora gli inquirenti non lo sappiano con certezza e stiano ancora indagando, come può anche darsi che non abbiano voluto far trapelare di più per non turbare la volata elettorale del Berlusconi democristiano. In ogni caso quel che è già emerso basta e avanza, per chi non ha portato il cervello all'ammasso, per vedere che il PD liberale e democristiano di Renzi e degli eredi del PCI revisionista è anch'esso dentro fino al collo al sistema corruttivo che da oltre vent'anni non ha mai cessato di spolpare e ammorbare il Paese. Ma Renzi tace.

28 maggio 2014