È accusato di aver fatto pressioni sul direttore sanitario Asl di Caserta per imporre nomine
Arrestato il candidato NCD e presidente del consiglio campano Paolo Romano
Indagato consigliere regionale dell’IDV

Martedì 20 maggio, a pochi giorni dalla chiusura della campagna elettorale, il presidente del consiglio regionale della Campania, Paolo Romano, candidato per l’NCD di Alfano alle elezioni europee è stato arrestato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e ristretto agli arresti domiciliari. L’accusa dei magistrati riguarda le indebite pressioni e minacce che Romano avrebbe effettuato nei confronti del direttore generale dell’Asl di Caserta Paolo Menduni per nominare persone di sua fiducia quali il direttore sanitario e il direttore amministrativo dell’azienda, nonché al vertice del distretto sanitario di Capua, sempre nella provincia casertana. Il reato ipotizzato è tentata concussione secondo quanto disposto dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che ha ritenuto Romano responsabile delle minacce strumentali per i suoi fini illeciti: secondo il giudice, infatti, il presidente del consiglio regionale “strumentalizzando le prerogative inerenti la sua carica, contattando in diverse occasioni Menduni e minacciando gravi conseguenze qualora non avesse assecondato la sua volontà, quali ispezioni e controlli amministrativi presso l’Ente pubblico”.
Romano, negli incontri con Menduni, parlava - secondo gli inquirenti -, di “accordi politici” tesi alla spartizione di incarichi apicali nella pubblica amministrazione regionale: e proprio qui Menduni non sembrava essere d’accordo, nonostante le indebite pressioni effettuate dal presidente del consiglio regionale dirette a revocare le nomine dirigenziali effettuate dal direttore generale dell’Asl casertana, senza assecondare le richieste di Romano. L’utilità che il candidato NCD voleva conseguire era relativo al piazzare alti dirigenti amministrativi di sua fiducia e, dunque, compiacenti nell’azione di direzione di un settore fondamentale e strategico, anche sul piano elettorale. Da sottolineare anche alcune telefonate sospette dell’assessore all’agricoltura della giunta antipopolare Caldoro, Daniela Nugnes, uno degli esponenti per l’NCD dell’alto casertano. In una telefonata del 6 febbraio scorso, la Nugnes si rivolge a Romano affermando che “se Paolo Menduni ha veramente fatto una denuncia deve lasciare l’Asl”; nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip così commenta: “Romano riferisce alla Nugnes di colloqui intercorsi con il sindaco di Caserta, Pio Del Gaudio, e con Stefano, verosimilmente il presidente Caldoro, in esito ai quali tutti sarebbero stati concordi nell’affermare che, qualora il Menduni effettivamente avesse presentato denuncia, doveva lasciare l’Asl”. Va detto che a tutt’oggi né la Nugnes, né del Gaudio e Caldoro sono indagati nella vicenda, anche se rimane tutto da chiarire il loro ruolo.
Oltre a Romano vi sono altre tre indagati nell’inchiesta sammaritana. Si tratta di due esponenti dell’Italia dei Valori, ossia Eduardo Giordano, consigliere regionale della Campania, e l’avvocato Francesco Pecorario, membro della dirigenza provinciale del partito di Di Pietro; a questi si aggiunge anche un giornalista pubblicista della “Gazzetta di Caserta”. Secondo la ricostruzione offerta dagli inquirenti, gli indagati avrebbero anche loro esercitato pressioni su Menduni: una prima relativa alla moglie di Pecorario, medico all’Asl di Caserta, la quale sarebbe stata “riportata al ruolo di medico per l’emergenza rispetto a quello di medico competente”; la seconda ipotesi di reato riguarda la mancata regolarizzazione da parte di Meduni della posizione di un dottore il quale era stato coinvolto in indagini dell’autorità giudiziaria per aver presentato certificazioni false di titoli professionali posseduti per il concorso per direttore sanitario di Aversa. Giordano, Pecorario e il giornalista avrebbero operato una pressante campagna mediatica denigratoria contro Menduni, ma non tale, secondo il gip di Santa Maria Capua Vetere, da meritare la misura cautelare richiesta dalla Procura sammaritana.
Questa nuovo caso di concussione di reati con la pubblica amministrazione conferma ancora una volta ciò che noi marxisti-leninisti denunciamo da tempo, ossia la commistione tra le istituzioni locali in camicia nera con ampi e strategici centri del settore pubblico sempre più appetibili per i papaveri del regime neofascista, siano essi di centro-destra o della “sinistra” borghese, senza alcuna differenza.
 

28 maggio 2014