Schiavismo nell'Agro Pontino
Drogano i lavoratori indiani per sfruttarli di più
“Ci fanno lavorare anche la domenica”

 
Gli schiavisti dell'Agro Pontino guadagnano due volte sulla pelle dei lavoratori: innanzitutto sfruttando senza ritegno la manodopera ben oltre il consentito e poi drogandoli con sostanze stupefacenti per far loro sopportare meglio la fatica.
È quello che ha scoperto la onlus InMigrazione che ha intervistato i braccianti indiani della zona agricola in provincia di Latina dove secondo le stime della Cgil i lavoratori provenienti dal Paese asiatico sono circa 30.000 tra immigrati regolari e non, costretti a lavorare sui campi in condizioni durissime fino a 15 ore al giorno sotto il sole, senza pause e per quattro euro l’ora nel migliore dei casi, con salari che ritardano mesi, spesso sottoposti a violenze e percosse.
Per sopravvivere a tali condizioni infernali di lavoro e aumentare la produttività sono proprio i loro padroni a indurli ad assumere e a vender loro poi sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica e stanchezza. Per molti lavoratori si tratta dell’unico modo per sopravvivere ai ritmi di lavoro imposti, insostenibili senza quelle sostanze.
Così i padroni ci guadagnano due volte, prima con lo sfruttamento e poi con lo spaccio, servendosi anche di spacciatori della stessa nazionalità degli operai agricoli indiani, circostanza quest’ultima confermata da alcuni sequestri effettuati nell’Agro Pontino alla fine di febbraio. Infatti, nascosti tra i cassoni di frutta e verdura trasportati da due indiani, i militari hanno trovato a Sabaudia 6 chili di bulbi di papavero e 300 grammi di anfetamina, mentre altri tre chili e mezzo di bulbi sono stati sequestrati nel bagagliaio di un’auto ed è stata scoperta persino una piccola piantagione di papavero da oppio a Terracina.
Il coraggioso dossier di InMigrazione ha il pregio di avere sollevato il velo su una vera e propria condizione di schiavitù alla quale sono sottoposti gli operai agricoli che dall’India si sono stabiliti soprattutto nella città di Latina e nelle cittadine limitrofe di Sabaudia, Bella Farnia e Borgo Hermada: dalle centinaia di interviste che la onlus ha realizzato anche con l’ausilio di mediatori culturali indiani e di interpreti sono emerse condizioni di vita e di lavoro spaventose, impiegati pressoché tutti, soprattutto uomini ma anche molte donne, nella coltivazione di ortaggi in maniera intensiva, sotto il sole o in serre arroventate dove sono costretti a spruzzare agenti chimici senza nessuna protezione, sottoposti a punizioni fisiche, sfruttati all’inverosimile, sottopagati e minacciati, obbligati a lavorare anche di domenica.
Infatti, solo per citare un esempio, l’operaio B. Singh denuncia di lavorare “dalle 12 alle 15 ore al giorno a raccogliere zucchine e cocomeri o con il trattore a piantare altri ortaggi. Tutti i giorni, anche la domenica”.
Una situazione questa che non è certo dissimile a quelle di Rosarno, della Capitanata e degli altri luoghi dello sfruttamento del lavoro agricolo.

28 maggio 2014