Sulla incostituzionalità della soppressione dei tabelloni elettorali per la propaganda indiretta
Rigettato il ricorso del PMLI alla Magistratura
Il giudice unico Fernando Prodomo (Magistratura democratica) invece di difendere i diritti politici costituzionali attacca l’astensionismo del PMLI

 
Il 20 maggio scorso si è tenuta l’udienza per la causa civile intentata dal PMLI per ottenere il riconoscimento dell’incostituzionalità della soppressione dei tabelloni elettorali. Il presidente della prima sezione del tribunale di Firenze, Fernando Prodomo, esponente di Magistratura democratica, già presidente dell’Associazione nazionale magistrati della Toscana, ha deciso per decreto il rigetto del ricorso del Partito, compensando le spese data la “materia del tutto inedita”.
Nelle motivazioni della sentenza si afferma tra l’altro “qui addirittura si rischia il paradosso, in quanto il partito ricorrente è favorevole al …non voto, all’astensione in altri termini”. Paradossali risultano francamente le argomentazioni con cui in modo superficiale e sbrigativo nella sentenza si nega la lesione di un diritto fondamentale qual è quello della libertà di espressione del proprio pensiero con ogni mezzo legittimo, nel caso specifico mediante manifesti durante la campagna elettorale.
Si tratta chiaramente di una sentenza politica in cui invece di prendere atto che il provvedimento governativo è liberticida e manifestamente incostituzionale, si attacca frontalmente, senza alcun fondamento giuridico, l’astensionismo del PMLI, oltretutto proprio da parte di chi, nonostante la “materia inedita”, le norme di legge dovrebbe conoscerle a menadito o quanto meno potrebbe nella circostanza approfondirne il contenuto e la giurisprudenza.
Nel ricorso del PMLI era stato puntualmente documentato come al Partito era stata preclusa dal Comune di Firenze ogni possibilità di far conoscere la propria posizione elettorale astensionista attraverso l’esposizione di manifesti sia sui tabelloni, previsti nelle precedenti tornate elettorali per l’affissione gratuita di chi non presenta liste di candidati, sia tramite le pubbliche affissioni anche se con l’aggravio del pagamento dei relativi diritti. Questo a seguito della cosiddetta “legge di stabilità” che, parandosi dietro l’alibi della riduzione delle spese, ha modificato le norme per la disciplina della propaganda, abolendo i tabelloni elettorali per la propaganda indiretta e mantenendo solo quelli per la propaganda diretta dei partiti che partecipano alla competizione elettorale.
Il ricorso del PMLI denunciava il “palese contrasto con più norme costituzionali” delle nuove disposizioni legislative, ovviamente in senso ampio e generale a tutela di chiunque vi abbia interesse e non solo per quanto riguarda il nostro Partito, considerato che il diritto di affissione gratuita per le elezioni, vigente in precedenza, che i marxisti-leninisti difendono e pretendono sia riconosciuto, era riferito “a chiunque non partecipi alla competizione elettorale”.
In primo luogo il contrasto è palese con l’art. 21 della Costituzione secondo cui “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto o altro mezzo di diffusione”. Perché risulta evidente, si affermava nel ricorso, che se “il pensiero possa liberamente essere manifestato con ogni altra forma ma non con gli spazi appositamente riservati, ciò costituisce una compressione del diritto, da considerarsi una violazione di esso”. Così non è per la sentenza che sostiene “anche volendo interpretare la domanda come basata sulla diretta applicazione delle norme costituzionali a difesa della libertà di espressione e di voto, essa non può trovare accoglimento”, c’è di che rimanere esterrefatti.
Non solo, si sostiene addirittura che “L’abolizione degli spazi elettorali gratuiti per i c.d. ‘fiancheggiatori’ (vale a dire le formazioni politiche che non partecipano alla competizione elettorale ma sostengono ‘dall’esterno’ liste che concorrono ai comizi, o comunque manifestano le proprie specifiche idee politiche)” non è “contrario alla libertà di espressione del pensiero” , tanto “il PMLI potrà continuare a manifestare in tutte le altre possibili forme lecite”. Questo significa affossare completamente la lettera e lo spirito dell’art. 21 che asserisce l’esatto contrario, ovvero che non si può restringere a propria discrezione i mezzi con cui chiunque intende diffondere il proprio pensiero. Tanto più grave sostenerlo in riferimento alla durata di tutta una campagna elettorale.
Per altro sono violati anche l’art. 3 della Costituzione per cui “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di…opinioni politiche” in relazione alla libertà di espressione del voto art. 48 “il voto è libero”, perciò anche quello astensionista che al pari di tutte le altre scelte elettorali ha diritto di esprimersi liberamente con ogni mezzo di diffusione.
Viceversa, si evidenziava nel ricorso del PMLI, le nuove norme elettorali “creano in capo ad alcuni soggetti, (quelli che presentano candidati) con l’esclusione di altri (quelli che non presentano candidati) un regime privilegiato ed un canale esclusivo e gratuito per la manifestazione del pensiero in relazione all’esercizio del diritto di voto, con la conseguente violazione delle norme costituzionali che tutelano l’uguaglianza di tutti i cittadini”. Parole al vento, per la sentenza non ci sarebbe assolutamente contrasto “all’uguaglianza dei cittadini avanti alla legge”, qui l’uguaglianza invece di essere tutelata viene soppiantata dal suo esatto contrario.
Eppure nel primo articolo di denuncia pubblicato da Il Bolscevico (n.9/14) debitamente allegato al ricorso, ma che si deve dedurre non è stato nemmeno letto, si citava la sentenza n.48 del 1964 con cui la Corte costituzionale sottolineava che le norme della disciplina della propaganda elettorale, comprese quelle del diritto ai tabelloni gratuiti, “tendono a porre tutti in condizione di parità: ad assicurare, cioè, che in uno dei momenti essenziali per lo svolgimento della vita democratica, questa non sia di fatto ostacolata da situazioni economiche di svantaggio o politiche di minoranza”.
Non a caso nel ricorso del PMLI si invitava a riflettere sul fatto che “nelle norme che disciplinavano le affissioni durante i comizi elettorali, appositamente predisposte con gratuità per i fruitori, ed equa distribuzione degli spazi, si volesse rispondere all’obbligo di garantire a tutti e in regime di par condicio, l’espressione del pensiero in relazione alla campagna elettorale”: Ma di fronte alla lampante lesione del diritto a questa parità tra non partecipanti e partecipanti alla competizione elettorale, cosi come della violazione del diritto di espressione del proprio pensiero con ogni mezzo legittimamente disponibile, ben denunciata e ampiamente argomentata nel ricorso dei marxisti-leninisti, la sentenza non batte ciglio anzi arriva al “paradosso” di affermare che “il ricorrente non ha esplicitato con chiarezza quale sia il proprio diritto soggettivo che ritiene leso… né quali siano le norme che sorreggano positivamente tale diritto”. E’ proprio vero che non c’è peggior sordo di chi non vuole intendere.
Ma tutto si chiarisce e si motiva se si tiene presente l’attacco sferrato dalla sentenza all’astensionismo e al PMLI, stigmatizzato come “partito ricorrente (che) è favorevole al non voto”, e che di fronte alle misure che cancellano il diritto delle elettrici e degli elettori ad essere informati delle posizioni elettorali di chiunque voglia propagandarle anche a mezzo di manifesti, incluso l’invito ad astenersi per delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi, il commento finale che conclude la sentenza è che la “riforma…risulta razionale e conforme a tutti i principi costituzionali, in quanto essa dà ordine alla competizione elettorale, elimina elementi di possibile confusione per gli elettori, ed infine razionalizza la spesa pubblica”. Evidentemente tutte le contorte, assurde e giuridicamente contraddittorie argomentazioni della sentenza avevano un’unica chiara finalità, attaccare, peraltro in piena campagna elettorale, l’astensionismo e motivare il sostegno politico aperto e incondizionato alle misure liberticide e piduiste introdotte da governo e parlamento.

28 maggio 2014