Elezioni presidenziali in Ucraina
Vince il magnate Poroshenko
I rappresentanti delle regioni russofone non lo riconoscono

 
La commissione elettorale centrale ha ufficializzato il 26 maggio l’elezione di Petro Poroshenko a presidente dell’Ucraina. Già in base ai dati emersi dallo spoglio della metà delle schede la sera del 25 maggio i consensi raccolti dal “re del cioccolato” erano oltre il 53% dei voti validi; il più vicino dei concorrenti, la ex premier emersa nella cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004 Yulia Tymoshenko, era ben lontana, al 13% dei voti validi; pochi spiccioli di percentuali andavano agli altri candidati minori. L'insediamento ufficiale del nuovo presidente è prevista attorno al 10 giugno.
Il voto si è svolto nella parte centrale e occidentale del paese mentre nelle regioni dell'est abitate dalla maggioranza russofona i seggi non erano nemmeno stati aperti. E gli scontri tra le milizie indipendentiste che controllano parte della regione e l'esercito di Kiev continuavano anche durante la giornata del voto.
Poroshenko è il settimo uomo più ricco del paese, proprietario in particolare della Roshen, azienda dolciaria, da cui nasce l'appellativo di “re del cioccolato” ma il suo impero economico si estende a vari settori tra i quali quello dei media dove possiede la televisione 5 Kanal. Nel 2004 è stato fra gli sponsor della “rivoluzione arancione”, poi ministro o con importanti incarichi in molti dei i governi che si sono succeduti da allora; dal 2007 al 2012 è stato capo del board della Banca centrale e infine si è schierato in prima fila a sostegno dei manifestanti sulle sulle barricate di piazza Maidan per cacciare Viktor Yanukovich.
Nella campagna elettorale ha insistito molto sul destino europeo dell'Ucraina, non ha detto nulla invece sull'adesione alla Nato e ha promesso il decentramento fiscale e linguistico per rassicurare le regioni dell’est. Per questo è definito un oligarca che punta a cambiare le cose senza strappi. Più prudente della Tymoshenko che anche appena uscita dal seggio dopo il voto aveva affermato che "l'Ucraina deve unirsi all'Unione europea e alla Nato".
In ogni caso tra i primi a pronunciare una entusiastica dichiarazione ufficiale sui risultati delle elezioni è stato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Il ministro degli Esteri tedesco Walter Steinmeier ha rappresentato invece la più prudente posizione dell'Europa augurandosi che l'Ucraina “possa tranquillamente andare verso la pace, così come verso la stabilizzazione politica ed economica".
Una strada che al momento non sembra percorsa dal governo di Kiev dato che alla vigilia del voto, il 21 maggio, il generale Mykhallo Kutsyn, nuovo capo di stato maggiore ucraino, aveva partecipato ufficialmente alla riunione dei capi di stato maggiore dei paesi Nato a Bruxelles. Mentre il segretario generale della Nato Rasmussen, in visita a Skopje in Macedonia, assicurava che “la porta dell’Alleanza rimane aperta a nuovi membri” come la Macedonia, la Georgia e naturalmente l’Ucraina. La Nato continua nella sua politica di espansione a est, una delle più indigeste per Putin.
Da Mosca si dichiarava la disponibilità a lavorare col nuovo presidente, riconoscendo la validità dell'elezione, ma si affermava che il nuovo esecutivo ucraino doveva fermare l'offensiva dell'esercito nell'est del paese e si chiedeva il varo di una nuova costituzione che prevedesse un'Ucraina federale con una larga autonomia per le regioni a maggioranza russofona.
"Penso che la Russia sia un nostro vicino e senza la Russia sarebbe molto meno efficace o impossibile parlare di sicurezza nell'intera regione o addirittura di sicurezza globale”, rispondeva Poroshenko mentre il suo alleato Vitali Klitschko, appena eletto sindaco della capitale, annunciava l'intenzione di smantellare le postazioni dei gruppi fascisti ancora operative in piazza Maidan. Ma ribadiva che “avremo un'Ucraina unitaria, non federativa”.
Una missione ancora complicata a fronte della situazione nelle regioni orientali. Il 25 maggio il presidente dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk, Denis Pushilin, affermava che “non riconosciamo il presidente e il parlamento dell'Ucraina” e annunciava che Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk si erano unite in un nuovo Stato, dal nome significativo di Novorossiya (Nuova Russia). E il 26 maggio a fronte dei nuovi attacchi dell'esercito di Kiev contro Donetsk, imponeva la legge marziale in tutta la regione.

28 maggio 2014