Io, il '68 e l'Isolotto

di Patrizia Pierattini
 
Qui di seguito pubblichiamo un articolo che la compagna Patrizia Pierattini, una dei primi quattro pionieri del PMLI, ha scritto per “Il Reporter”, periodico gratuito del Quartiere 4 (Isolotto, Legnaia, Soffiano) di Firenze, accogliendo l'invito rivolto a tutti i suoi lettori di scrivere la loro testimonianza sull'Isolotto.
L'articolo però non è mai venuto alla luce. Forse perché cita il PMLI e il socialismo?
Peccato perché esso non è solo la biografia della suddetta compagna, ma anche del quartiere dell'Isolotto, in cui è nato uno storico movimento popolare che poteva avere uno sbocco politico molto più avanzato se la sua direzione opportunista ed elettoralista non gli avesse tarpato le ali spingendolo nella palude degli allora PCI revisionista e PSIUP operaista e trotzkista.
Non è quindi un caso che proprio all'Isolotto sia nato il PMLI, nella cui piazza principale ha festeggiato nell'aprile del 2007 il trentennale con una indimenticabile manifestazione nazionale nel corso della quale il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, ha tenuto un importante discorso. (www.pmli.it/discorsoscuderi15aprile0730mopmli.htm) Per rinfrescarsi la memoria e per tenere dritta la barra sarebbe bene che tutti i militanti e i simpatizzanti del Partito lo leggessero e lo rileggessero. Potrebbe interessare anche chi vuol conoscere la storia e la linea del PMLI.
Intanto ringraziamo la compagna Patrizia Pierattini per aver saputo cogliere una possibilità giornalistica per parlare del suo e del nostro quartiere, del suo e nostro PMLI.
 
 
Avevo 6 anni, nel 1954, quando alla mia famiglia hanno dato le chiavi della nostra prima casa a Firenze. Vissuta con nonna e zii in montagna fino ad allora, non mi ero mai affacciata a una terrazza più in su del 1° piano e conoscevo molto meglio i boschi e i prati di montagna, le mucche, i cavalli e ogni animale da cortile, che i palazzi, le strade e la densità abitativa ed umana anche della Firenze di allora. La mia casa, piano alto di uno dei cosiddetti “grattacieli”, 4 uguali, i soli di 6 piani e con l'ascensore del primo lotto di 1000 case popolari del piano La Pira , allora sindaco di Firenze, tutte intorno alla piazza dell'Isolotto e alla chiesa in costruzione. La nostra cantina, negli anni Settanta, è stata il backstage per la casa del conte Mascetti, nel primo film “Amici miei”. Quella parte di Isolotto che è poi arrivata fino a “Giudici e Casali” da una parte e piazza dei Tigli dall'altra, e che si è poi definito con un che di “signorile” primogenitura e miglior qualità, nei confronti dei nuovi insediamenti dell'Argingrosso, come “Isolotto vecchio”. Dove la diversità non era solo, e non principalmente, data dalle scelte edili (case massimo di 2 piani contro grandi casermoni fino a 6-7 piani), ma dai tempi e dalla storia, che ha amalgamato in un popolo con esperienze e battaglie comuni un folto variegato e anche talvolta rissoso insediamento di immigrati dell'Istria, del sud, impiegati e operai di municipalizzate, operai della Galileo e altre fabbriche, professori, carabinieri, finanza, polizia e forze armate, ecc. In una comunità che si è battuta per veder riconosciuti i propri diritti a cominciare dal risanamento di case e strade costruite a risparmio, avere una scuola vera e negozi vicini, una farmacia, la posta. Tutto, dunque, perché tutto mancava. Mentre i flussi di nuova immigrazione, nuove marginalità, ecc. che riempirono l'Argingrosso non hanno a oggi sortito lo stesso effetto.
Il catalizzatore è stato il '68, per me come per il quartiere. Nel '68 e all'Isolotto affondano le radici della mia formazione, delle scelte e delle battaglie di una vita fino all'oggi.
Un momento cruciale, dunque, nella evoluzione del quartiere, all'indomani dell'alluvione del '66, che ha fatto tesoro e espresso alla massima potenza quelle energie solidali, partecipative che già avevano generato Comitati di soccorso di quartiere, mensa pubblica e spaccio d'emergenza,ecc.. Tutto il nostro Paese era infiammato dalle lotte operaie e studentesche, antimperialiste, anticapitaliste, e che puntavano il dito contro tutti i vecchi partiti, dentro e fuori il palazzo.
La fusione tra gli ideali del '68 e le esperienze che nei circa 15 anni dalla sua fondazione avevano animato e identificato il quartiere, ha creato le condizioni perché il ruolo dell'isolotto, quartiere operaio e popolare, andasse ben oltre la sua consistenza pratica.
Ricordo bene le esperienze maturate con il Comitato di quartiere nato spontaneamente all'indomani dell'alluvione di Firenze, ancor prima quelle contro i licenziamenti di massa alla Galileo e in altre fabbriche, quelle con la scuola popolare, ricordo l'Assemblea generale della popolazione, che si poteva tenere indifferentemente nella piazza o nella chiesa aperta, per decidere il da farsi nei momenti cruciali.
Che si trattasse del difendere o affermare il diritto al lavoro contro i licenziamenti, o alla pace contro l'aggressione USA al Vietnam, o a una scuola popolare e vicina, la posta,la farmacia, negozi adeguati a quello che era nato come quartiere dormitorio, anche se pieno di verde fiori alberi e niente altro.
Le baracche verdi, i locali del centro sociale, della casa del popolo e della parrocchia stessa, erano i luoghi del nostro dibattito avanzato, democratico e a tutto campo. Ogni decisione veniva presa con l'onestà e la voglia di cambiare radicalmente la situazione degli oppressi, utilizzando quegli strumenti di democrazia diretta, di lotta di piazza, che si rivelavano vincenti nel far emergere le esigenze della popolazione sul piano pratico e politico ideale.
Il Sessantotto è stato un momento cruciale per il salto di qualità, ha spinto a decidere cosa fare per rompere con il passato, e anche con tutte le vecchie forze politiche, nessuna delle quali si dimostrava corrispondente alle nostre esigenze, nella ricerca del nuovo e dei mezzi politici e organizzativi per portarlo alla luce con la dignità e la forza di una alternativa potente, strategica, alla ideologia, alla cultura, all'etica e alla economia dominanti.
Merito indimenticabile e grande eredità del '68 all'Isolotto, questo di rompere con il passato e battere nuove strade, nuove e ovviamente alternative. Perciò sul piano ideale e politico, non è stato un processo di fusione tra due culture, due concezioni del mondo, dell'economia e della vita.
Ma anzi in campo cattolico come laico e comunista, un processo di rottura, anche duro e difficile tra chi, come me ed altri con i quali continuo ancor oggi il cammino, voleva rompere con il passato in ogni campo, battere coerentemente nuovi sentieri, creare nuove prospettive, inedite, per trasformare il mondo e noi stessi nella conquista di una nuova società, il socialismo insomma, arrivando nel tempo a rispondere a questa necessità con la creazione di una nuova forza politica, che poi è stato il PMLI. Mentre altri si attardavano a fare la crocerossina dell’esistente, a rappezzare i vecchi vestiti, senza rendersi conto che tutti erano ormai inservibili e qualsiasi sforzo non sarebbe servito a renderne presentabile almeno uno, come la storia successiva di quegli anni e il nostro presente stanno a dimostrare.
L’isolotto si è esteso nel tempo fino all’Argingrosso, alla emarginazione, alla povertà, alla mancanza di diritti dei nuovi immigrati e disoccupati, ad essi si sono aggiunti i nuovi quartieri ghetto e dormitorio di Brozzi, delle Piagge, i vari campi nomadi, dall’Olmatello agli altri, le infiltrazioni malavitose che a tali condizioni di profonda emarginazione si accompagnano. Nel mentre purtroppo risulta ormai cancellato quel sistema di diritti che nacquero dal ’68, ma che mai si sono pienamente e per tutti realizzati.
Varie generazioni di giovani che hanno fatto la storia dei primi 60 anni dell'isolotto, hanno creato comitati a sostegno di ogni lotta. Ultimo parzialmente vittorioso quello per il Centro sociale e dei servizi a villa Vogel, che ha coinvolto in raccolte di firme, attività e manifestazioni migliaia di abitanti, e alla fine almeno salvato la villa e il parco oggi di uso pubblico, dal degrado e dalla speculazione; inoltre ancor oggi, da 31 anni, il 1° Maggio, la piazza Isolotto risplende di rosso e di canti antifascisti e operai, raggruppando in un momento conviviale e ideale di alto livello e pienamente attuale, centinaia di persone. a riprova che almeno una parte significativa di quello spirito, è ancora presente e viva e chissà decisiva nei prossimi sessant'anni. Sono convinta che con lo stesso spirito che ha animato quei pionieri, i giovani di oggi potrebbero conseguire gli stessi e ancor migliori risultati. Di cui di fatto c'è un gran bisogno, non importa quanto tempo e fatica ci voglia a conquistarli.

4 giugno 2014