Siglato a Pechino tra Xi e Putin
Patto strategico tra Russia e Cina
Gli Usa accusano cinque cinesi di spionaggio industriale
Esercitazioni navali congiunte a nord del Mar cinese orientale

Il primo produttore e il primo consumatore di gas del mondo, Russia e Cina rispettivamente, hanno firmato il 21 maggio a Shanghai quello che è stato definito il più ricco contratto della storia. Gli accordi portano le firme del presidente della China National Petroleum Corporation (Cnpc), Zhou Jiping, e quello della compagnia statale russa Gazprom, Alexei Miller, e riguardano tra gli altri un contratto del valore di 270 miliardi di dollari per la fornitura di oltre 700 milioni di tonnellate di petrolio nei prossimi 25 anni e di 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno a partire dal 2018.
Altri 30 miliardi di metri cubi di gas russo potranno viaggiare ogni anno verso la Cina non appena verrà completato il nuovo gasdotto finanziato anche da Pechino, che quasi raddoppierà il volume delle attuali forniture, collegando gli impianti siberiani di Kovyktin e Chayandin con le regioni del nord-est cinese, attraverso l’area metropolitana di Pechino-Tianjin-Hebei e il delta del fiume Yangtze.
La definizione dell'accordo è arrivata dopo una trattativa tra Mosca e Pechino durata una decina di anni, frenata tra le altre dalla trattativa sul prezzo ritenuto troppo alto dalla Cina e dai timori della Russia di non diventare troppo dipendenti dalle necessità di un cliente che è pur sempre un concorrente imperialista. Alla fine Pechino ha strappato uno sconto sul prezzo del gas, pagherà ai russi 350 dollari per mille metri cubi di gas rispetto ai 400 pretesi finora, su una quantità che è certo importante ma che a regime sarà ancora circa la metà di quella che viaggia a oggi nei gasdotti verso l'Europa, compresi quelli che attraversano l'Ucraina della quale Mosca sta perdendo il controllo.
È proprio in conseguenza dell'attacco dell'imperialismo occidentale in Ucraina che l'imperialismo russo ha cercato un appoggio in quello cinese, che è a sua volta impegnato a divincolarsi dalla rete di controllo stesa dagli Usa per contenerne l'espansione in Asia.
Pechino e Mosca provano a rompere l'accerchiamento con un sostanzioso contratto commerciale che i presidenti russo Vladimir Putin e cinese Xi Jinping hanno voluto chiudere a Shanghai in margine alla Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia (Cica, nella sigla inglese), dove i due leader sottolineavano, rivolti agli Usa, che “è giunto il tempo di dare vita a un nuovo sistema di sicurezza globale”. Nel quale le due superpotenze imperialiste vogliono giocare un ruolo non di secondo piano grazie soprattutto alla loro alleanza, alla nuova “partnership globale e cooperazione strategica” costruita col patto sul gas e un pacchetto di altri 49 accordi bilaterali, dall'aeronautica all'alta tecnologia, dai settori civili a quello militare, compreso quello che prevede vaste esercitazioni navali congiunte a nord del Mar cinese settentrionale, tra penisola coreana e Giappone. Una risposta diretta alla grossa esercitazione aeronavale Usa che si è svolta di recente nelle Filippine.
Già oggi Mosca e Pechino, sono alleate su vari delicati dossier internazionali, dalla crisi Ucraina in corso a quella della Siria, dove hanno almeno momentaneamente bloccato l'escalation interventista dell'imperialismo americano e europeo.
L'interscambio commerciale tra i due paesi è ancora relativamente basso: quello della Cina con la Ue è tre volte tanto e con gli Stati Uniti cinque volte più alto. Ha ampie possibilità di crescita e potrebbe più che raddoppiare dagli attuali 89 miliardi di dollari ai 200 nel 2020 grazie agli accordi di Shanghai che preoccupano Usa e Unione europea soprattutto perché sono contratti di lungo termine, che per una trentina di anni garantiscono alla Cina la possibilità di continuare nella crescita economica che nel corso del 2014 già la proietterà al primo posto nel mondo. Se in futuro rinsalderà ancora di più i legami con la Russia, attiene agli sviluppi delle contraddizioni interimperialiste che oggi vedono comunque consolidarsi l'asse Pechino-Mosca. Davanti a tale minaccia Obama, nel discorso ai cadetti di West Point del 29 maggio, ha alzato il tiro e ricordato che è l'imperialismo americano il “leader del mondo”, pronto a “intervenire militarmente” se i suoi interessi “vengono colpiti direttamente”.
Gli Usa avevano già dato un altro segnale ostile alla concorrente imperialista cinese, il 19 maggio, quando il governo americano aveva riesumato una vecchia storia a messo nella lista dei ricercati dell'Fbi cinque ufficiali dell'esercito cinese, accusati di spionaggio industriale e furto di segreti commerciali. Secondo Washington gli hacker cinesi avrebbero attaccato i sistemi di sei industrie nei settori nucleare, metallurgico e dell'energia solare. Le accuse americane erano spiegate in una conferenza stampa del ministro della Giustizia Usa, Eric Holder: "Quando è troppo è troppo”, era sbottato il ministro prima di affermare che la Casa Bianca "non intende tollerare le azioni di alcuna nazione che intenda sabotare illegalmente le compagnie americane e minare i principi della giusta competizione all'interno del libero mercato (sic!!)". Le uniche “interferenze” ammesse sarebbero quelle dell'amministrazione Usa che ha spiato le conversazioni financo di governi e aziende di paesi alleati; loro possono, sono le superpotenze dominanti, finora.
 
 
 

4 giugno 2014