Al ballottaggio per i sindaci la maggioranza degli elettori diserta le urne a Biella, Modena e Bari
Ai seggi solo 1 su 2
Il PD, nel 1921 PCI revisionista, dopo 68 anni perde il potere a Livorno, punito dall'elettorato di sinistra per il malgoverno. Ne prende il posto il M5S con i voti dei fascisti, Forza Italia, Lega e con quelli determinanti dei falsi comunisti. Il “centro-sinistra” batte il “centro-destra” ma la musica è sempre quella del capitalismo
ora occorre usare l'astensionismo come un voto dato al pmli e al socialismo

Domenica 8 giugno gli elettori erano chiamati al turno di ballottaggio per l'elezione dei sindaci di 148 comuni, dei quali 17 comuni capoluogo. Nei comuni delle regioni a statuto ordinario e della Sardegna (gli unici dati diffusi dal Viminale, a esclusione quindi dei comuni del Friuli Venezia Giulia e della Sicilia), ai seggi sono andati solo 1 elettore su 2. Infatti, il 50,5% dei 4.249.450 elettori che ne avevano diritto, hanno disertato le urne.
Anche nei comuni capoluogo la maggioranza degli elettori ha prevalentemente disertato le urne. La diserzione dalle urne supera il 50% a Biella (52,5%) e a Modena (54,7%). A Bari e Terni supera addirittura il tetto, quasi impensabile fino a qualche anno fa, del 60%. E ci riferiamo solo alla componente dell'astensionismo costituita dalla diserzione dalle urne alla quale andrebbero aggiunte le altre due componenti delle schede annullate e lasciate in bianco.
L'incremento rispetto al primo turno, quando negli stessi comuni aveva disertato le urne il 29,4%, è del 21,1%. Non è un dato semplicemente fisiologico perché in passato lo scarto non era stato così netto. E lo dimostra anche il fatto che tale incremento non è omogeneo ma, stando solo ai comuni capoluogo, oscilla dal 10,1% di Padova al 31,5% di Bari.
E' l'ennesima prova che sempre più gli elettori usano consapevolmente l'astensionismo come un voto vero e proprio. Un voto con cui dichiarano la loro estraneità e il loro rifiuto dei partiti della destra e della “sinistra” borghese, dei loro candidati e amministratori, delle istituzioni borghesi sempre più corrotte e oppressive.
L’elettorato è sempre più mobile. Non esistono più “zoccoli duri”, cieca fiducia, cambiali in bianco. L’elettorato sempre più rifiuta la logica del “meno peggio” e di “turarsi il naso” e sceglie consapevolmente di astenersi per punire questo o quel candidato, questo o quel partito parlamentare. In genere, la peggio tocca al governo uscente.
La diserzione è più massiccia nei grossi centri, per esempio nei comuni capoluogo, rispetto ai comuni più piccoli dove evidentemente il controllo esercitato dalle istituzioni e dai partiti parlamentari sull’elettorato è maggiore e più capillare.
 
Il voto reale ai sindaci
Tutti i sindaci eletti risultano delegittimati dal fortissimo astensionismo. Se si prendono in considerazione tutti gli elettori che avevano diritto di voto, e non già solo i voti validi, i neosindaci in genere sono stati eletti da meno di un terzo dell’elettorato.
Il minimo dei consensi spetta al sindaco di Foggia Franco Landella (“centro-destra”), eletto con appena il 22,3% degli elettori. A Biella Marco Cavicchioli (“centro-sinistra”) ha ottenuto il 27,6% degli aventi diritto. A Modena, Gian Carlo Muzzarelli (“centro-sinistra”) è eletto solo dal 27,8% degli elettori, e a Bari l'erede di Emiliano, Antonio Decaro (“centro-sinistra”), ha potuto contare sul sostegno risicato del 23% dell'elettorato barese. Anche a Livorno il neosindaco 5 stelle Filippo Nogarin deve fare i conti con un risicato 26,2% di consensi degli elettori labronici.
 
Chi vince e chi perde
Dieci comuni capoluogo vanno al “centro-sinistra”, cinque al “centro-destra”, 1 al Movimento 5 stelle: è questo il risultato del ballottaggio.
Fra primo e secondo turno, sui 27 comuni capoluogo, 19 vanno al “centro-sinistra” (ne aveva 15), 5 al “centro-destra” (ne aveva 12), 2 a liste civiche e 1, Livorno, al Movimento 5 stelle. E questo è l'andamento in tutte le altre città al ballottaggio che vedono in genere una vera e propria disfatta del “centro-destra” e della Lega Nord.
Il “centro-sinistra” ne risulta fortemente avvantaggiato ma non può per questo “cantar vittoria”.
In genere, dove prevalgono, il PD e i suoi alleati lo fanno per esclusivo demerito degli avversari e non perché abbiano incrementato i propri voti rispetto alle precedenti elezioni. E' significativo che su 27 comuni capoluogo, solo in 9 sia stata confermata la coalizione uscente. Nella stragrande maggioranza dei casi, gli elettori hanno fortemente punito gli ex sindaci e amministratori fossero questi della destra come della “sinistra” borghese. Così si spiega l'affermazione del “centro-sinistra” nei centri del Nord fino ad ieri governato dal “centro-destra” e dalla Lega. Analogamente si spiega la perdita di roccaforti storiche del “centro-sinistra” come Livorno e Perugia, e, seppur più recenti, come Potenza e Padova, dove l'elettorato di sinistra ha punito sonoramente il malgoverno del PD. E il PD se l'è vista brutta anche a Modena dove per la prima volta è stato costretto al ballottaggio col M5S.
Il “centro-sinistra” esce quindi alquanto scornato da questo ballottaggio. Specie il PD che pensava di andare con il vento in poppa, dopo il risultato delle elezioni europee e il cosiddetto “effetto Renzi”, che a quanto pare si va già un po' sgonfiando. Il segretario regionale del PD umbro ha definito addirittura una “sconfitta epocale e terrificante”, la perdita di Perugia.
 
La sconfitta PD a Livorno
La sconfitta di Livorno, dove il PD, nel 1921 PCI revisionista, era al potere da ben 68 anni, non è certo da meno. Qui non solo il PD per la prima volta è stato costretto al ballottaggio, ma l'ha persino perso nel confronto col candidato del Movimento 5 stelle, Filippo Nogarin. Non c'è da stupirsene visto il malgoverno della città: la disoccupazione dilagante, il degrado, l'inquinamento, le scelte politiche ed economiche devastanti per il tessuto sociale e ambientale.
Al ballottaggio il PD non è riuscito nemmeno a mantenere i voti che aveva ottenuto al primo turno e tanto meno a incrementarli. Ne sarebbero bastati una manciata per confermarsi al potere della città. Mentre il candidato del Movimento 5 stelle è riuscito addirittura a raddoppiare i propri consensi, grazie alla nota trasversalità del M5S che riesce a raccattare a destra e a manca. Infatti Nogarin è riuscito ad assicurarsi al secondo turno i voti del club azzurro “Liburni Fides” e dell'UDC, nonché quelli dei falsi comunisti raccolti sotto il cartello di “Buongiorno Livorno” (quasi 14 mila voti al 1° turno) che pure avevano posto inizialmente la pregiudiziale del rifiuto dell'apparentamento con la destra. Nogarin ha tirato dritto e i dirigenti falsi comunisti lo hanno seguito. Del resto Nogarin può addirittura vantare un'origine trotzkista. All'indomani dell'elezione ha infatti ricordato che, prima dei Verdi e dei Radicali, e prima ovviamente di approdare al M5S, il primo partito che ha votato in gioventù è stata Democrazia proletaria.
Il PD tira un sospiro di sollievo a Modena ma se l'è vista brutta. Anche perché il candidato del M5S, Marco Bortolotti, al secondo turno ha potuto contare sui voti di Lega Nord, Fratelli d'Italia e del Nuovo centro destra del modenese Carlo Giovanardi.
Il M5S riesce a conquistare la poltrona di sindaco anche in altre due grandi città come Civitavecchia e Bagheria (Palermo).
A Civitavecchia, dove la diserzione dalle urne passa dal 28,7% del primo turno al 52,6% del ballottaggio (+23,9%), il “centro-sinistra” perde clamorosamente il confronto con il candidato del M5S che fa il primo e il secondo turno fa man bassa di voti del “centro-destra” e triplica i suoi consensi passando da 5.653 a 16.357 voti. Il “centro-sinistra” invece ne guadagna solo 9 e resta al palo con 8.215 voti. Ma la sconfitta stava già nel fatto che dalle elezioni comunali del 2012 dove fu eletto sindaco Pietro Tidei, il “centro-sinistra” ha perso ben 6.510 voti.
 
Il vero cambiamento
“Centro-sinistra”, “centro-destra”, Movimento 5 stelle, chiunque abbia prevalso sull'altro, alla fine la musica è e rimarrà sempre quella del capitalismo.
Già in passato sono state create delle grandi aspettative politiche ed elettorali che poi alla luce dei fatti si sono dimostrate solo una grande illusione e un grande inganno.
Il vero cambiamento non passa certo né dal trasversale Movimento 5 Stelle, né da volti più o meno nuovi del “centro-sinistra”, per lo più repliche a misura e somiglianza del Berlusconi democristiano Renzi.
Milioni di elettori lo hanno già oggettivamente compreso scegliendo l'astensionismo. Ora deve maturare la coscienza fra le elettrici e gli elettori di sinistra di usare l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo. Ci si può astenere per motivi diversi e i più disparati, tutti legittimi e efficaci, per esprimere il proprio dissenso verso i partiti parlamentari, le istituzioni rappresentative borghesi e i governi centrale, regionali e locali. Ma l’astensionismo che fa più male e lascia il segno più profondo è quello espresso consapevolmente e apertamente come voto dato al PMLI e al socialismo. Perché è con questo voto che l’elettorato di sinistra si impegna a spendere le proprie preziose energie per l’avvento del socialismo e per la conquista del potere politico da parte del proletariato, che è la madre di tutte le questioni, e senza la quale non è possibile alcun cambiamento sostanziale.
 
 

11 giugno 2014