Bellicoso e tronfio discorso ai cadetti di West Point
Obama: “Siamo i leader del mondo”
“Interverremo militarmente se gli interessi Usa vengono colpiti direttamente”

 
Il discorso di Barack Obama del 27 maggio all'Accademia militare degli Stati Uniti di West Point, nello Stato di New York, secondo la Casa Bianca era il primo di una serie di interventi pubblici nei quali il presidente avrebbe illustrato la politica estera degli Usa negli ultimi due anni del suo secondo mandato. Secondo il Wall Street Journal era il primo di “una campagna chiarificatrice” per contestare le posizioni della destra americana che descrive la sua politica estera come “timida” e capace di “diluire l'influenza americana nel mondo”. Ma più che agli avversari interni Obama ha pensato di lanciare un messaggio chiaro alle potenze imperialiste rivali, con un bellicoso e tronfio discorso che ha al suo centro la riaffermazione del principio che l'imperialismo americano è il “leader del mondo”, quantunque azzoppato sul piano economico e in via di cedere il primato di prima potenza economica mondiale alla Cina. E che è pronto a far valere la sua leadeship dall'alto della sua potenza militare, ancora di gran lunga la prima nel mondo, con l'affermazione che “interverremo militarmente se gli interessi Usa vengono colpiti direttamente”.
Il punto di partenza del discorso di Obama è che l'America è e rimane “indispensabile”, sarà sempre la “nazione leader del mondo”, perché “se non lo guidiamo noi nessuno lo farà”. Anzi, ha chiosato, “l'America raramente è stata così forte rispetto al resto del mondo. E quelli che parlano di declino e di mancanza di leadership travisano la storia e fanno solamente un gioco di parte”. Il concetto è che “noi siamo i più forti”. Accade sempre così alle potenze imperialiste egemoni ma in declino: quanto più si vedono minacciate e superate dalle nuove potenze imperialiste emergenti, tanto più digrignano i denti e gridano forte la loro indiscussa ma vacillante superiorità militare. Ed è così che aumentano i pericoli di guerra imperialista, quando la nuova spartizione del mondo può essere regolata solo sul piano militare
“Gli Stati Uniti devono continuare a rimanere al vertice del palcoscenico globale”, ha indicato ai giovani cadetti di West Point, a una platea che quando entrerà in azione non agirà certo sul palcoscenico mondiale con opere filantropiche, e quindi per camuffare l'anima bellicista ha sottolineato che “l'azione militare non può essere sempre l'unica – e in molti casi nemmeno la principale – tra le componenti della nostra leadership globale. Solo perché abbiamo il martello più pesante, non significa che ogni problema sia un chiodo”. Una metafora, quella del martello, che esalta la forza militare degli Usa e comunque la mantiene sempre come parte attiva della politica estera imperialista americana, una componente per mantenere la leadership mondiale. Un bel discorso da Nobel per la pace!.
Da buon imbonitore e imbroglione politico Obama cita dichiarazioni del tipo “la guerra è la follia più tragica e stupida dell'umanità” ma solo quale premessa per affermare che l'uso della forza sia limitato a affrontare minacce contro “interessi fondamentali”. Quindi, continueremo a usare la forza quando “i nostri cittadini sono minacciati, quando sono i gioco i mezzi di sussistenza, quando è in pericolo la sicurezza dei nostri alleati”, ha spiegato. La casistica che giustificherebbe l'uso della forza secondo Obama è talmente aleatoria che detta in altre parole diventa, quando lo decidiamo noi.
D'altra parte in un altro passaggio del suo discorso è ancora più chiaro: "gli Stati Uniti useranno la forza militare, anche unilateralmente, se necessario. E non chiederanno mai il permesso a nessuno se i suoi interessi saranno in pericolo e i suoi cittadini minacciati”. Questo passaggio si trova nella parte dedicata alla “lotta al terrorismo” ma ha una valenza generale.
Da quello stesso palco, nel giugno 2002, il suo predecessore guerrafondaio Bush sostenne la necessità di azioni militari preventive nella “nostra guerra al terrorismo che è appena iniziata”. “Il terrorismo resta la più grande minaccia per l'America”, ha ripetuto Obama, specificando che però non può essere combattuto con “una strategia che prevede l'invasione di ogni paese che dà asilo ai terroristi, sarebbe ingenuo e insostenibile", soprattutto insostenibile economicamente e quindi è meglio usare le risorse per “finanziare missioni antiterrorismo mirate, piuttosto che per intraprendere nuove guerre”.
Nei programmi della Casa Bianca ci sarebbe l'investimento di 5 miliardi di dollari per "svolgere diverse missioni", dalla formazione delle forze di sicurezza che in Yemen combattono al Qaida, al supporto a una forza multinazionale per mantenere la pace in Somalia, dal pattugliamento delle acque della Libia, alla collaborazione con le operazioni militari francesi in Mali, al finanziamento delle formazioni che combattono in Siria contro il regime di Assad.
Quanto le parole del “pacifista” Obama siano lontane dalla realtà lo conferma tra le altre la sua posizione sulla chiusura del lager di Guantanamo, la prigione per “terroristi” voluta da Bush fuori da ogni legalità nazionale e internazionale. “Continuerò a spingere per la chiusura di Gitmo, perché credo profondamente nell'eccezionalità americana e i nostri valori non consentono la detenzione a tempo indeterminato di persone fuori dalle nostre frontiere”, ha detto a West Point. La chiusura di Guantanamo l'aveva già promessa nella campagna elettorale che lo aveva portato al primo mandato presidenziale nel novembre 2008 e il lager è ancora aperto.

11 giugno 2014