Inaugurando la presidenza semestrale italiana del Consiglio dell'Ue davanti all'europarlamento
Renzi pompa l'UE imperialista
Il nuovo Berlusconi ha riconfermato le regole dell'austerità e gli accordi, nonché le “riforme” costituzionali, elettorali e sul lavoro fasciste, piduiste, antisindacali e antiprecari

 
“Europa, un nuovo inizio”, è il titolo del Programma della presidenza italiana del consiglio dell'Unione europea (Ue) dall'1 luglio al 31 dicembre 2014, il programma del semestre di presidenza italiana che il 2 luglio il presidente del consiglio Matteo Renzi ha presentato davanti all'europarlamento. Il pesante documento di oltre 80 pagine è stato consegnato agli eurodeputati; la veloce sintesi è stata presentata in un “brillante” discorso di una ventina di minuti del più che esperto presidente Renzi che dietro battute sugli autoscatti o richiami mitologici ha pompato l'Ue imperialista; quella potenza economica che se non vuole soccombere nella competizione con le concorrenti potenze mondiali deve sostenere le proprie aziende e puntare su crescita e sviluppo, varare adeguati programmi di investimenti e sviluppare una presenza sempre più decisa e aggressiva sulla scena mondiale. A partire dalle regioni limitrofe, Est europeo, Medio Oriente, Mediterraneo.
L'Europa non può essere solo un braccio di ferro sui soldi, una discussione sui punti decimali del deficit o del debito, ha affermato Renzi è anche e soprattutto la ricerca di una identità e di “un'anima”. Ci sarebbero anche i 40 milioni di disoccupati prodotti dalla crisi economica e dalle politiche di rigore della Ue, non certo dei decimali, ma Renzi deve volare alto e passa oltre. “L'Europa deve cambiare altrimenti non ha futuro”, afferma e al “nuovo inizio” dell'Europa anche l'Italia darà il suo contributo, anzi “l'Italia è qui non per chiedere ma per dare”. E per occupare quello spazio imperialista che le compete nel Vecchio continente.
Renzi ha citato Telemaco, figlio di Ulisse e Penelope, per rivendicare il passaggio di generazione che lui stesso simboleggerebbe. Da “rottamatore” e demolitore dei precedenti governanti e dirigenti del PD, una volta conquistato il bastone del comando, si è presentato come il giusto erede e continuatore della politica neoliberista e imperialista dell'Ue. Tanto che dopo aver passato l'ultimo vertice europeo a battagliare sulla necessità di avere una maggiore flessibilità nell'applicazione dei rigidissimi parametri di bilancio Ue, nel suo discorso non ha pronunciato neppure una volta la parola "flessibilità".
Ha lasciato il compito al neoeletto capogruppo dei socialisti europei, Gianni Pittella, di ricordare ai popolari del Ppe che senza un accordo sulla flessibilità sarebbe saltato anche il consenso dei socialisti del Pse sulla nomina di Juncker a presidente della Commissione europea.
Non ha potuto sottrarsi a una prosecuzione della polemica rigore contro flessibilità alimentata dal capogruppo dei Popolari, il tedesco Manfred Weber, che invitava perentoriamente l'Italia a rispettare il Patto di Stabilità. I patti vanno rispettati rispondeva il nuovo Berlusconi che per l'Europa e per l'Italia riconfermava le regole dell'austerità e gli accordi, nonché le “riforme” costituzionali, elettorali e sul lavoro fasciste, piduiste, antisindacali e antiprecari. Alle critiche dello stesso tenore del 3 luglio da parte del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, replicava “se la Bundesbank pensa di farci paura forse ha sbagliato paese. Sicuramente ha sbagliato governo". E rilanciava ipocritamente con “l'Europa è dei cittadini europei, non dei banchieri". Con però gli interessi dei “cittadini”, cioè delle masse popolari, asserviti a quelli delle banche e dei capitalisti.
Riguardo alle dichiarazioni di Weber o di Weidmann chiudeva la partita sottolineando che “per me conta solo quello che mi ha detto la Merkel faccia a faccia, con lei e con Junker siamo d'accordo”. Come Berlusconi che faceva affidamento sui legami diretti e personali. Con Renzi che ha un vantaggio, quello di essere uno tra i pochi interlocutori di peso della Merkel, con un risultato elettorale che non ha paragoni in Europa, dopo che Hollande e Cameron sono franati e non solo elettoralmente in Francia e Gran Bretagna.
Renzi può permettersi senza colpo ferire di scappare da Bruxelles facendo saltare la tradizionale conferenza stampa di inizio semestre di presidenza col presidente della Commissione Barroso, preferendogli il passaggio televisivo a “Porta a porta” dell'untuoso Bruno Vespa che lo serve con lo stesso zelo riservato fino a ieri a Berlusconi. E al contempo quando assieme a Neelie Kroes, commissario Ue per l'agenda digitale, ha inaugurato l'8 luglio il Digital Venice, l'evento che apre il semestre di presidenza italiana a Venezia, ha ribadito che “in questo momento le idee e non le limitazioni salveranno l'Europa, l'Europa deve essere lo spazio della libertà, dobbiamo rendere più bella la globalizzazione. Se invece parliamo solo di limiti, di vincoli e di dossier burocratici che dividono i Paesi perdiamo un'opportunità”. E in questa Europa imperialista, idilliaca per i capitalisti, c'è un'Italia “leader per sei mesi delle istituzioni europee. È una responsabilità importante, siamo orgogliosi ma non è il nostro obiettivo, l'ambizione dell'Italia è più alta, è diventare leader non delle istituzioni ma dei cittadini. Se l'Italia cambia se stessa può essere leader nei prossimi 20 anni”. Con lui, il Berlusconi democristiano alla guida.

9 luglio 2014