A proposito di una campagna antifascista e antipiduista meritoria e da appoggiare e su cui occorre far chiarezza
“Democrazia autoritaria” o regime neofascista?

Dopo aver seguito in modo preoccupato e critico i ripetuti golpe del governo Renzi in ogni materia, dalla “riforma” elettorale, concordata nel patto segreto del Nazareno col suo predecessore Berlusconi, alla soppressione del Senato, dall'immediata sostituzione dei parlamentari dissenzienti nelle commissioni chiamate ad approvarle in tempi strettissimi al diktat di far votare al parlamento le leggi del governo entro il termine massimo di 60 giorni pena l'annullamento di qualsiasi modifica, Il Fatto quotidiano lanciava domenica 6 luglio una campagna rivolgendo ai lettori questo invito: “Scriveteci il vostro pensiero sul modo migliore di opporsi al rischio di questo disegno incostituzionale e piduista ”. Il direttore Padellaro nel suo editoriale scriveva: “In Italia con le cosiddette riforme istituzionali si cerca unicamente di blindare il potere dell'uomo di Rignano in modo da renderlo inattaccabile per un decennio almeno. (…) Nella democrazia degna di questo nome, non esistono uomini della Provvidenza. Quelli che abbiamo conosciuto, da Mussolini a Berlusconi, hanno fatto solo disastri. ” Sulle stesse pagine Travaglio articolava in 10 punti le inoppugnabili ragioni di questo allarme, “prima che sia troppo tardi ”, verso il pacchetto istituzionale di Renzi e Berlusconi che “rischia di costruire un sistema illiberale e piduista fondato sullo strapotere del più forte e sul depotenziamento degli organi di controllo e garanzia.
Nei giorni successivi seguiva un fiume in piena di messaggi di lettori e interventi di esperti e personalità, a conferma, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto il popolo antifascista sia sensibile e tutt'altro che arreso, al punto che nel dibattito sulla natura del programma di Renzi levava accorati appelli a organizzare “una risposta popolare forte e urgente con una manifestazione più partecipata possibile a Roma in autunno ”. Noi, che abbiamo più volte nel passato lanciato l'allarme antifascista per come si stava realizzando il regime neofascista, la riteniamo una campagna antifascista e antipiduista meritoria e da appoggiare e vogliamo parteciparvi con spirito collaborativo e unitario affinché si faccia chiarezza fino in fondo su ciò che Renzi sta veramente realizzando in Italia. Andando fino in fondo nella denuncia senza ambiguità o peggio opportunismi e viltà e chiamando le cose col loro vero nome senza girare intorno al palo.
Non vogliamo esaurirci, per quanto è possibile, in un dibattito puramente ideologico in tema di diritto perché sappiamo gli antitetici principi che contrappongono la concezione del diritto socialista a quella del diritto borghese. Ci preme fare chiarezza innanzitutto dal punto di vista politico per avviare, irrobustire e far vincere la grande battaglia popolare antifascista contro il Berlusconi democristiano Renzi e il regime neofascista.
Il limite maggiore degli ideatori di questa campagna, ma anche l'aspetto più contraddittorio, sta proprio nell'aver definito a priori quella di Renzi una “democrazia autoritaria ” e nel contempo un “sistema illiberale e piduista ”. Testimoniato dall'immagine scelta per accompagnarla, che vede Renzi nei panni di Cesare tra le rovine del senato, spalleggiato dai due supremi consoli tutelari Napolitano e Berlusconi.
E' vero che l'origine storica di una tale concentrazione del potere nelle mani del Dux sta nella Repubblica Romana, ma che bisogno c'era di definirlo cesarismo risalendo indietro nel tempo a oltre duemila anni fa quando ne abbiamo avuto un precedente storico compiuto e moderno col fascismo mussoliniano in tempi molto più vicini a noi, neppure un secolo fa? Perché tanti, troppi democratici borghesi animati da sinceri sentimenti antifascisti hanno il timore, anzi una sorta di terrore, di parlare di regime neofascista? Eppure il cesarismo non poteva dirsi illiberale per la semplice ragione che il liberalismo si sarebbe imposto con l'illuminismo e la rivoluzione borghese del 1789 mentre la dittatura fascista fu intrinsecamente illiberale, nacque, rivendicò il potere e s'impose in contrapposizione e sulle ceneri dello Stato liberale, come si era venuto strutturando dall'Unità d'Italia del 1861. Il Dux romano era il dittatore assoluto di un sistema fondato sullo schiavismo, regolato da tutt'altre istituzioni politiche e organizzato in forme economiche e sociali assai diverse dalle nostre; il duce Mussolini, che pure a quel modello si ispirava per rinverdire i fasti della Roma imperiale nel mondo, è stato per un ventennio alla testa di una dittatura borghese e di un sistema economico di tipo capitalistico, che sono in termini economici e di classe analoghi agli attuali. Insomma appare incomprensibile che si preferisca prendere a modello un precedente storico più lontano e distinto dal nostro e non si guardi alla dittatura mussoliniana, più pertinente e vicina a noi, il cui abbattimento grazie alla Resistenza armata antifascista ha dato vita alla Costituzione democratica borghese del '48, che ora non c'è più dopo essere stata calpestata, lacerata, snaturata, rinnegata e riscritta.
Del resto, secondo i principi del diritto borghese, la definizione “democrazia autoritaria ” è un ossimoro bell'e buono, un'antinomia giuridica dove l'aggettivo smentisce il sostantivo e, viceversa, quest'ultimo nega il secondo. La democrazia borghese è storicamente nata in contrapposizione all'assolutismo feudale e la loro coesistenza è durata giusto il tempo per sancire il definitivo predominio del sistema economico e politico capitalistico sui residui sopravvissuti del vecchio regime feudale. Poi la borghesia è entrata nell'attuale fase imperialista e ha finito per subire la stessa involuzione delle precedenti classi sfruttatrici, tanto da sacrificare quei principi ispiratori della sua rivoluzione democratica antifeudale sull'altare della governabilità e dell'accentramento dei poteri nelle mani del premier, che si tratti del presidente del Consiglio, del presidente della Repubblica o di una loro combinazione poco cambia nella sostanza.
Quello di negare il regime neofascista è un vizio antico e comune della "sinistra" borghese, pronta ai più improbabili paragoni storici ma ancor più pronta a scandalizzarsi appena sente nominare il regime neofascista. C'è un atteggiamento reticente, opportunista e fuorviante nei confronti del regime neofascista, un vizio generalizzato di tutta la "sinistra" borghese, tanto quella rinnegata e riformista quanto quella revisionista e trotzkista.
E tuttavia alcuni suoi esponenti più in buona fede sembrano ritornare indirettamente sulla questione centrale di riconoscere che ci troviamo di fronte non a una semplice svolta più o meno autoritaria ma a un vero e proprio regime neofascista, quando come la costituzionalista Lorenza Baldassarre, riferendosi ai discorsi di Renzi e Napolitano, ricorda il discorso pronunciato da Mussolini in occasione dell'approvazione della legge truffa: “Una cosa sola va rigidamente affermata: che la massa dei cittadini intende che l’assemblea eletta sia la più capace a costituire un governo, atto a risolvere nel modo più rapido, fermo e univoco tutte le molteplici questioni che nella vita quotidiana si presentano; non impacciato da preventive compromissioni, non impedito da divieti insormontabili: la rappresentanza è destinata a un ruolo del tutto secondario ”. O come il giudice della Corte di Cassazione e presidente dell'“Associazione per la Democrazia Costituzionale” Domenico Gallo, che nell'introduzione a un dibattito tenutosi l'8 luglio a Roma denuncia che Matteo Renzi insegue lo stesso modello di Berlusconi, ricordando una vecchia frase del cavaliere piduista, pronunciata nel 2007 durante la presentazione di un libro di Bruno Vespa: “Tra tutti i primi ministri di cui si parla in questo volume c’è un solo uomo di potere: Benito Mussolini. Tutti gli altri potere non ne hanno avuto. Credo che se non cambiamo l’architettura della Repubblica, non avremo mai un premier in grado di decidere, di dare modernità e sviluppo al Paese ”.
Fa loro eco il giurista Massimo Villone, ex senatore del Pds e dei Ds, che in una intervista pubblicata l'11 luglio si esprime così: ”Si azzera il Senato e pure la Camera, che attraverso l'Italicum garantisce al leader eletto un obbediente parco buoi (un modo per riecheggiare il bivacco di manipoli di mussoliniana memoria, ndr). Il parlamento non conta più, e nemmeno l'esecutivo. Conta il leader, già si vede con il governo Renzi dove i ministri sono la sua squadra personale. Il disegno è proprio questo: un governo personale.
Quando si denuncia giustamente, come scrive l'economista Marco Vitale su “Il Fatto ” del 10 luglio, “siamo in una situazione disperata ”, “si tratta di un disegno, nel suo insieme, incostituzionale e piduista ”, bisogna pur trarre le dovute conseguenze, e cioè che non si può parlare più di democrazia perché il piduismo fa rima con fascismo. Si tratta di comprendere, come ha denunciato fin da subito il PMLI, che prima con Berlusconi e ora con Renzi è stato restaurato il fascismo sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli applicando il 'Piano di rinascita democratica' di Gelli e della P2. Una consapevolezza maturata da quei tanti lettori che invitano il quotidiano a ripubblicare integralmente quel famigerato documento, proprio per dimostrare inoppugnabilmente quanto il disegno che sta realizzando il nuovo Berlusconi sia identico a quel progetto. Continuare ad accusare Renzi di autoritarismo non è semplicemente riduttivo ma fuorviante e suicida per qualsiasi movimento di popolo che ha a cuore la battaglia per opporsi al suo nero programma e per difendere quel che è rimasto dei più elementari diritti democratici borghesi. Nel contempo occorre impedire che questo movimento antifascista sia preda del malpancismo delle minoranze PD che non hanno fatto niente per impedire la conquista del potere del Berlusconi democristiano nel partito e nello Stato e giocano opportunisticamente al ribasso limitandosi a mugugni e a dissensi mossi per lo più da questioni di bottega e dalla necessità di riprendersi spazi di potere di cui sono stati espropriati.
“L'Ufficio politico del PMLI - si legge nel Rapporto di Giovanni Scuderi alla 4ª Sessione plenaria allargata del 5° CC del PMLI - ha denunciato immediatamente, 24 ore dopo aver ottenuto la fiducia in Senato, la natura di destra del governo del Berlusconi democristiano Renzi. Nessun altro partito, nemmeno i politicanti e i sindacalisti più a sinistra della borghesia l'avevano capito. All'inizio balbettavano, non sapevano come inquadrarlo, erano confusi, abbagliati dal decisionismo, dalla velocità, dalla demagogia, dalla mancia promessa di 80 euro in media al mese a una parte dei lavoratori. Poi, piano piano, ci sono arrivati. Grazie al PMLI?
Non tutti hanno però capito che Matteo Renzi è una reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi; che le sue “riforme” elettorali, istituzionali e costituzionali concordate con il neoduce Berlusconi sono golpiste, antidemocratiche e piduiste; che il suo nazionalismo è simile a quello di Mussolini che voleva dare all'Italia “un posto al sole” per farla contare nel mondo e tra le grandi potenze imperialiste; che la liberalizzazione dei contratti a termine e dell'apprendistato è un crimine sociale che aumenta il precariato e penalizza i giovani.” Questo significa parlare con chiarezza e chiamare le cose col loro vero nome.
Oramai appare chiaro che nel ruolo di nuovo Mussolini c'è stato un passaggio di testimone dal cavaliere piduista di Arcore al Berlusconi democristiano di Rignano, con l'aggravante del patto di ferro tra i due per perseguire l'obiettivo comune. L'obiettivo piduista di dare forma compiuta alla repubblica presidenziale neofascista arrivò a un passo dalla realizzazione con la Bicamerale golpista di D'Alema nel 1997 ma il neoduce Berlusconi preferì poi rovesciare il tavolo per assicurarsi il prolungamento del suo nero ventennio. Oggi rispetto ad allora è cambiato un protagonista ma è peggiorata la musica. Il Berlusconi democristiano si presenta analogamente a Mussolini e secondo ciò che prescriveva Gelli come un leader proveniente dalle file della “sinistra” parlamentare, ha fatto tabula rasa di ogni opposizione interna, si è assicurato una maggioranza larga e blindata in parlamento, è protetto e spalleggiato dalla Santa alleanza tra il rinnegato Napolitano, i poteri forti della finanza e del grande capitale e i maggiorenti della Ue imperialista, forti della sovranità conferita loro dal fiscal compact previsto dall'articolo 81 della costituzione approvato nel 2012 ed entrato in vigore a partire dal 2013. Grazie a tutto ciò gode di un inedito vantaggio rispetto al passato. Insomma è l'ora di capire che non ci sono margini per colpi di palazzo e sabotaggi tutti interni alle istituzioni, destinati comunque a fallire perché non si contrappongono alla strategia della completa realizzazione del regime neofascista.
Noi marxisti-leninisti non chiediamo ai sinceri democratici e antifascisti di sposare necessariamente l'intera nostra analisi dell'attuale situazione politica e tanto meno il nostro obiettivo strategico dell'Italia unita, rossa e socialista. Ma almeno concordare con la denuncia dell'attuale regime neofascista questo sì che può essere la base per dar vita a un largo fronte unito antifascista in grado di mobilitare un grande movimento di popolo che sappia contrastare e vincere il progetto piduista di Renzi. Gli appelli, come quello dei costituzionalisti della fine di marzo, sono stati sprezzantemente dileggiati e vilipesi dal nuovo Berlusconi che, spalleggiato e protetto dal nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano, ha tappato la bocca a ogni opposizione parlamentare, marcia al passo dell'oca verso il completamento del Piano della P2 e intende arrivare alla sua definitiva approvazione in tempi strettissimi. Ora è il tempo della lotta di piazza. Solo la lotta di piazza può rappresentare un freno all'avanzare del regime neofascista. Ecco perché lo sbocco di un tale movimento non può essere che spazzar via il governo Renzi.
Come si legge nel documento dell'UP del PMLI del 25 febbraio 2014 dal titolo “Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi”: “Il PMLI farà la sua parte, ed è pronto a unirsi con tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religiose che si professano di sinistra, che hanno capito l'inganno di Renzi e sono disposte a rovesciare il suo governo. Non importa se poi queste forze, o parte di esse, non ci seguiranno nella nostra lotta contro il capitalismo e per il socialismo.”

16 luglio 2014