Il Berlusconi democristiano Renzi attacca il diritto alla salute per le masse popolari
Il “patto per la salute” del governo Renzi è un duro colpo alla sanità pubblica
Ne trarrà enormi profitti la borghesia in camicia nera

 
Col “patto per la salute” del Berlusconi democristiano Renzi e della ministra Beatrice Lorenzin (già Forza Italia, ora appartenente al Nuovo Centro Destra neofascista di Alfano) viene duramente colpita la sanità pubblica e universale e, nella sua previsione triennale 2014-2016, vengono poste le basi per il nuovo modello di sanità della seconda repubblica neofascista, presidenzialista, piduista, federalista e razzista. Varato in pompa magna nei giorni scorsi il “patto” è stato approvato senza opposizione alcuna, segno dello stato avanzato in cui si trova il nero disegno piduista di “riforme”, nella conferenza Stato-Regioni del 10 luglio scorso.
Punto di partenza di ogni analisi materialista non può che essere il marxismo-leninismo-pensiero di Mao che, come brillantemente sintetizzato dal compagno Giovanni Scuderi, è al contempo telescopio e microscopio per una vera analisi di classe. Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è uno strumento invincibile e fondamentale per non arenarci mai in concezioni idealistiche, metafisiche e soggettivistiche che portano solo acqua al mulino dell'ideologia borghese.
Nello studio di una riforma costituzionale di una legge, di un decreto o di un semplice provvedimento del sindaco di un piccolo comune non bisogna mai perdere di vista la natura di classe di questo atto. Come era solito ripetere Mao: “la lotta di classe è l’asse attorno a cui ruota tutto il resto” . Una riforma, una legge o una istituzione politica non sono mai neutre. Non piovono dal cielo. Esse nascono in un determinato sistema economico e sono prodotte della classe che detiene il potere politico. La domanda fondamentale per ogni vero marxista-leninista, nel solco degli insegnamenti di Mao, è: “Quale classe detiene il potere?”. La borghesia ha la proprietà ed il controllo dei mezzi di produzione e impone la propria ideologia di classe dominante. Con il dominio della sovrastruttura statale ed istituzionale controlla la struttura economica mantenendo così il proprio giogo sulle altre classi. Lo Stato borghese, dobbiamo averlo sempre bene in mente, altro non è che uno strumento di oppressione del proletariato e delle masse popolari. In questo preciso contesto dobbiamo inserire la nostra analisi sul “patto per la salute”, un nero disegno piduista imposto alle masse popolari dalla classe dominante borghese.
 

Il sistema sanitario nazionale e le controriforme che lo hanno affossato
Il sistema sanitario nazionale (SSN) in Italia è stato istituito con la legge n. 883 del dicembre del 1978, frutto anche e soprattutto delle grandi lotte operaie e studentesche del '68-69 per il diritto alla salute. Esso ha rappresentato un compromesso tra gli interessi del capitalismo monopolistico di Stato e della classe dominante borghese e le masse popolari in lotta dirette dai revisionisti. Ai molti ed altisonanti diritti formali, proclamati dallo Stato borghese nella legge 883 in tema di salute quali l'uguaglianza degli assistiti nei confronti del servizio e la partecipazione dei cittadini, non seguirono mai dei veri fatti concreti. Come ebbe a chiarire Engels lo Stato borghese inganna le masse assumendo le sembianze di arbitro neutrale solo in determinate contingenze: “Eccezionalmente vi sono periodi in cui le classi in lotta hanno forze pressoché eguali, cosicché il potere statale, in qualità di apparente mediatore, momentaneamente acquista una certa autonomia di fronte ad entrambe''.
Le difficoltà frapposte dallo Stato borghese ad una piena affermazione del SSN non tardarono ad arrivare. La riforma venne subito affossata dall’organizzazione gerarchica, clientelare e superspecialistica delle facoltà di medicina e degli ospedali che non venne scalfita dalla “riforma sanitaria”. Il cuore del sistema medico borghese continuò a pompare ovunque il suo sangue reazionario attraverso i suoi ambasciatori: baroni della sanità, primari, funzionari e manager, formati e selezionati ideologicamente accuratamente a sua immagine e somiglianza. La “riforma” non risolveva e non poteva risolvere la crescente incapacità della scienza medicina borghese di soddisfare il bisogno di salute della popolazione, rinchiusa come era dentro un sistema economico capitalista, che inevitabilmente continuava a considerare i lavoratori una merce, e la merce forza-lavoro come la fonte di ogni profitto. Le corrotte istituzioni borghesi utilizzarono da subito il SSN come un mero apparato burocratico in cui collocare, in posizioni lavorative privilegiate, la propria clientela e come bancomat di denaro pubblico da utilizzare per corruzione e fondi neri. Come ebbe ad affermare Engels: “Nella repubblica democratica la ricchezza esercita il suo potere (…) in primo luogo con la corruzione diretta dei funzionari, in secondo luogo con l'alleanza tra governo e la borsa". Vergognosi privilegi, corruzione dei funzionari quali organi del potere statale, tangentopoli e sanitopoli hanno pienamente confermato, ancora una volta, che la società capitalistica è corrotta fino al midollo.
Le ambizioni imperialistiche della classe dominante borghese di entrare in Europa hanno imposto, con i rigidi parametri di Maastricht, la necessità di tagliare la spesa sanitaria. A partire dagli inizi degli anni Novanta le controriforme si sono succedute ad ondate. Con esse sono state ridotte le risorse della sanità pubblica, favorendo nel contempo la più ben lucrativa sanità privata, a tutto vantaggio della borghesia in camicia nera che la gestisce. Con il dlgs 502 del 1992, del corrotto e pluri-inquisito ministro della sanità De Lorenzo, ha preso avvio la regionalizzazione ed il progressivo smantellamento del SSN con la trasformazione delle unità sanitarie locali (USL), i cardini territoriali del SSN, in vere e proprie aziende (ASL) condotte da spregiudicati manager nominati direttamente dalle regioni. Parallelamente alla trasformazione del SSN si è aperta la competizione del pubblico con le aziende private, queste ultime ben foraggiate con soldi pubblici dai politicanti borghesi.
Con la scusa del debito pubblico le leggi finanziarie che si sono succedute hanno operato continui tagli alla spesa per la sanità pubblica mentre hanno previsto laute prebende alle strutture private che, forti dei finanziamenti pubblici, sono diventate un fertile terreno per i pescecani capitalisti. Con il dlgs 229 del 1999, ministro della sanità Rosy Bindi, si è verificato un vero e proprio capovolgimento dei principi ispiratori della legge 833 del '78. Scardinato il SSN è stato creato un vero e proprio mercato delle prestazioni sanitarie a cui il cittadino, divenuto cliente, è tenuto a rivolgersi sulla base al proprio reddito. In questo contesto le strutture private hanno ottenuto l'accreditamento e la parificazione con le strutture pubbliche.
 

I “patti per la salute”
Con gli anni Duemila le nere controriforme del SSN che si sono susseguite hanno assunto l’altisonante nome di “patti per la salute”. I “patti” sono degli accordi finanziari e programmatici tra il governo e le regioni, di valenza triennale, aventi per oggetto la spesa, la programmazione e la definizione degli obiettivi. Essi sono finalizzati, questo l’intento ipocritamente proclamato, a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema. Accordi bilaterali che devono fissare indirizzi, strategie, programmi ma anche individuare risorse e norme per garantire che il sistema funzioni e si adegui ai cambiamenti dei bisogni e della domanda di salute.
I “patti” hanno apportato radicali cambiamenti nel modo di fare politica sanitaria. Con essi il parlamento, caratteristica della seconda repubblica neofascista, è stato esautorato di molti temi e ambiti di intervento. I “patti”, sottoscritti da due soggetti esecutivi e non legislativi come il governo e le giunte regionali, sono diventati sempre più delle scatole chiuse confezionate ad arte dalla borghesia in camicia nera e da oscuri potentati economici che hanno tutto l’interesse ad affossare la sanità pubblica. Pacchetti da “prendere o lasciare” sui quali non solo il parlamento ma anche tutti gli altri soggetti coinvolti nel pianeta sanità (professionisti, imprese, strutture sanitarie) non possono dire o fare nulla. Nella seconda repubblica neofascista infatti le decisioni sono prese dal governo e gli organi rappresentativi borghesi sono di fatto esautorati, ridotti sempre più a meri e fastidiosi orpelli. La politica vera la fa la troika, le grandi banche e la borghesia imperialista e neofascista di cui i politici sono degli zelanti camerieri. Come diceva Lenin: “La potenza del capitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco da marionette, di pupazzi”.
I “patti per la salute” dei governi del neoduce Berlusconi sono stati caratterizzati da un inasprimento in senso federalista nella direzione della totale autonomia delle regioni in materia di sanità. Devolution, deregulation, privatizzazione a tutto spiano e tagli: ecco quali sono gli obiettivi della borghesia in camicia nera! La sanità pubblica è stata falcidiata da tagli nell’ordine di miliardi di euro, gli ospedali più piccoli sono stati chiusi e i ticket a carico dei pazienti sono aumentati a dismisura. Il federalismo, anche in tema di sanità, si è rivelato nemico del proletariato e delle masse popolari. I finanziamenti alla sanità sono stati diversificati tra regione e regione e, in questo ambito, le più penalizzate sono state le regioni meridionali. Il risultato è stato una frammentazione del sistema sanitario in ventuno diversi sistemi, fortemente diversificati per qualità e prestazioni con un progressivo abbassamento dei "livelli essenziali di assistenza (LEA)" per i lavoratori e le masse popolari. Più di un secolo fa Engels, ha messo in guardia il proletariato contro i rischi rappresentati dal federalismo: “Gli operai debbono (…) lavorare non soltanto per la repubblica una e indivisibile, ma anche, entro di essa, per una decisissima centralizzazione del potere nelle mani dello stato. Essi non debbono lasciarsi ingannare dalle chiacchiere democratiche sulla libertà dei comuni, sul governo locale autonomo, e così via”.
 

Il “patto per la salute” del governo Renzi
Il “patto per la salute” Renzi-Lorenzin non è che l'ennesimo passo verso il ridimensionamento e la privatizzazione della sanità pubblica e del SSN. Sarebbe stato sciocco aspettarsi il contrario. Come giustamente affermato dal compagno Scuderi, “Renzi è una reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi. Le sue “riforme” elettorali, istituzionali e costituzionali concordate con il neoduce Berlusconi sono golpiste, antidemocratiche e piduiste”. Il “patto” deve essere analizzato entro questa precisa ottica marxista-leninista: un nero disegno di riforma avente lo scopo di colpire duramente la sanità pubblica ed instaurare un nuovo modello sanitario adatto agli interessi della borghesia e dei potentati economici. Nel “patto” i tagli degli anni passati, in termini di risorse e finanziamenti, vengono pienamente confermati ed implementati per il prossimo futuro. La spesa sanitaria prevista si contrae in quanto, nel prossimo triennio, non sono previsti neppure gli aumenti minimi necessari per coprire l'inflazione. L’aumento dei finanziamenti, che passano dai 109.928 milioni di euro del 2014 ai 115.444 milioni di euro del 2016, (+0,05% in tre anni) è una vera presa in giro che il governo intende utilizzare per fare credere alle masse popolari che sulla sanità pubblica si riprende ad investire! Questi effimeri finanziamenti sono poi ancora meno di quello precedentemente stabilito dal DEF a gennaio 2014. Ben 1,39 miliardi in meno nel 2015, e 2,119 miliardi nel 2016. Il “patto” contiene inoltre la clausola che tutti gli investimenti futuri saranno comunque subordinati alle necessità di pareggio del bilancio dello Stato borghese. Il “patto” è quindi già ricoperto dalle nere nubi cariche di lacrime e sangue che si riverseranno, con le nuove manovre finanziarie, sulle masse popolari. Se la spesa sanitaria prevista si contrae aumentano invece gli apparati burocratici e politici per la gestione della spesa sanitaria. Anche su questo preciso punto lo Stato borghese non smentisce davvero se stesso. Come ebbe ad affermare Lenin: “Il capitalismo monopolistico trasformatosi in capitalismo monopolistico di stato, mostra in modo particolare lo straordinario consolidamento della macchina statale e l'inaudito accrescimento del suo apparato burocratico e militare per accentuare la repressione contro il proletariato”. Ancora Lenin disse che: “la burocrazia e l'esercito permanente sono dei parassiti sul corpo della società borghese, parassiti generati dalle contraddizioni interne che dilaniano questa società, parassiti appunto che ne ostruiscono i pori vitali”. Il “patto” così avaro nel delineare i finanziamenti alla spesa sanitaria è invece molto prodigo nell’incremento degli apparati. Esso prevede ben tredici organismi burocratici tra tavoli, gruppi di lavoro, commissioni e cabine di regia. All’interno di ciascuno di essi, possiamo esserne certi, si scateneranno gli appetiti dei corrotti partiti borghesi nel piazzare i propri uomini di fiducia. Mentre le masse languiscono nella fame e nella misera la borghesia si spartisce i fondi pubblici stabilendo laute prebende per i sui servi. Questi organismi amministrativi, organismi stabiliti e decisi direttamente dal governo e dalle giunte regionali, lavoreranno ai restanti contenuti del “patto” escludendo di fatto, anche nelle fasi successive, persino la più mera parvenza della tanto sbandierata democrazia borghese.
Il “patto” segue la linea di quelli che lo hanno preceduto, una nera linea golpista, nella distruzione dello Stato unitario borghese in favore delle molte realtà regionali, al fine di ingabbiare la lotta di classe, frammentarla e spezzettarla sul territorio. Esso insiste sul federalismo sanitario non dicendo nulla sui criteri di ripartizione, tra le regioni, dei fondi sanitari sempre più scarni. Inutile dire che vengono ribadite in più punti i principi di contenimento della spesa, di performance e di misurazione dei servizi rapportandoli ai costi. Tale linea ha ricevuto l’immediato e incondizionato plauso dei governatori regionali che, con esso, vedono la possibilità di ricevere nuove doti finanziarie da gestire in piena autonomia, totalmente svincolati da un controllo centrale unitario. Enormemente accresciute le funzioni di controllo e di amministrazione su ciò che resta del sistema sanitario nazionale i caporioni regionali si sono lanciati in un tripudio di dichiarazioni alla stampa borghese. Il governatore fascio-leghista del Veneto, Luca Zaia, ha voluto sottolineare il fatto che il “patto” premia la virtuosità delle regioni che contengono la spesa sanitaria e raggiungono alte performance nelle prestazioni sanitarie. Premi a chi taglia e riesce comunque a garantire i livelli minimi di assistenza in una perversa gara al ribasso! Ancora più chiaro è stato l'assessore regionale all'economia dell’Emilia-Romagna che afferma orgoglioso che la futura ripartizione del fondo tra le regioni non lo preoccupa in quanto una delle cose sancite nel “patto” è che il principio dei costi standard (vale a dire l’appiattimento ai livelli minimi di spesa a discapito delle regioni più deboli ed in crisi) è intoccabile.
Il “patto” così preciso e dettagliato nel colpire i diritti delle masse popolari in tema di salute pubblica rinvia, senza parlarne minimamente, questioni storiche sulle quali le masse attendevano una risposta immediata. Totalmente trascurati i LEA - livelli essenziali di assistenza , in ambito delle prestazioni sanitarie, a cui il “patto” si limita a qualche generico quanto improbabile rimando. I LEA definiscono quei servizi minimi che il SSN è tenuto ad erogare a tutti, al fine di garantire un minimo di uniformità di trattamento all’interno di quello che può essere definito lo “spezzatino regionale” della sanità. Ebbene, l’art. 10 del “patto” traccia delle mere linee guida che futuri accordi dovranno recepire trascurando del tutto di definire standard di qualità. In questo campo pare inarrestabile la corsa verso livelli minimi di prestazioni, a tutto vantaggio delle strutture private che, con i soldi pubblici, possono fornire ottime performance. A quale eccellenza, del resto, potrebbe vantare una sanità pubblica tagliata, frammentata e lasciata in pasto alle corrotte giunte regionali? Anche per quanto concerne l’assistenza ospedaliera il “patto” non dice sostanzialmente nulla se non rinviare, all’art. 3, a successivi accordi ed intese con le regioni. Addirittura non vengono poste scadenze per la definizione di un regolamento per garantire gli standard dei servizi ospedalieri. All’art.14 viene rimandata a successivi accordi la definizione delle risorse per garantire il funzionamento e la sicurezza delle strutture sanitarie di cura e di ricovero. Anche qui non viene stanziato un solo euro per i nostri fatiscenti ospedali che versano in condizioni disastrose.
Il massimo dell’ipocrisia viene raggiunto all’art. 22, quello relativo alla gestione ed alla valorizzazione delle risorse umane . Il blocco del turnover viene confermato ed esteso fino al realizzarsi del piano di rientro per le regioni. Non viene stanziato un solo euro per il rinnovo dei contratti, bloccati dal 2009, mentre si sancisce la concreta volontà di valorizzare le risorse umane, tutto questo però senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica! Contratti bloccati, assunzioni bloccate, ricambio bloccato… e il governo golpista del nuovo Berlusconi e le corrotte giunte regionali hanno la faccia tosta di sottoscrivere un accordo dove si parla di valorizzazione delle risorse umane! L’ipocrisia borghese non ha davvero alcun limite di decenza nel compiere la sua nera opera!
Nel “patto” non viene detto nulla sulle nuove protesi, sugli ausili, sulla continuità assistenziale dall’ospedale al domicilio. Nulla sull’alleggerimento dei ticket per gli indigenti, totalmente ignorate le questioni come tempi di attesa e gestione rischio clinico. Per altri aspetti quali la terapia del dolore e le cure palliative, nonostante rappresentino una priorità nel semestre di presidenza italiano, è presente un solo richiamo relativo alla presenza di una figura medica formata ed esperta sul tema del dolore. Di quale figura si parli è un mistero visto che non sono previsti specifici piani formativi e, anche qui, nessun circostanziato investimento.
 

Abbattere il governo Renzi e conquistare il socialismo per avere il vero diritto alla sanità pubblica
Per impedire che il progetto di Renzi, un democristiano dalla vocazione autoritaria degna di Mussolini, vada in porto è necessario costituire un fronte unito che si batta per la difesa del diritto alla salute gratuito e uguale per tutti e per una sanità pubblica, universale, gratuita, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari. Tale sanità pubblica deve disporre di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e deve essere finanziata dalla fiscalità generale. Nella società capitalistica le contraddizioni tra capitale e lavoro, tra profitto e sfruttamento, tra diritto al profitto e diritto alla salute, tra proletariato e borghesia, tra medicina borghese e medicina proletaria, sono inconciliabili e non possono essere risolte. Possono esserci dei compromessi e fasi transitorie in cui le masse possono conquistare dei diritti ma essi, nel pantano del riformismo e della borghesia, sono effimeri e transitori. È necessario che le masse lavoratrici e studentesche, gli infermieri, gli specializzandi, i ricercatori, i tecnici, gli operatori socio-sanitari, i medici più progressisti e gli altri lavoratori della sanità costituiscano un unico fronte di lotta con le masse popolari.
Occorre inoltre tenere bene a mente che l’unico modo con cui le contraddizioni del capitalismo possono essere definitivamente, risolte è con la conquista del potere politico da parte del proletariato, trasformatosi in classe per sé, e con la distruzione della macchina statale borghese e con essa di tutta la sua sovrastruttura politica e giuridica borghese.
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30 luglio 2014