Rinviato a giudizio Verdini per bancarotta e truffa

 
Denis Verdini, il potente braccio destro berlusconiano di Firenze nonché amico intimo dell’attuale presidente del Consiglio Renzi, è stato rinviato a giudizio dal GUP di Firenze Fabio Frangini con le pesantissime accuse di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato. Il motivo di tale iniziativa giudiziaria è legata alla gestione del Credito cooperativo fiorentino (Ccf) del quale il coordinatore di Forza Italia è stato presidente fino al 2010. Insieme a lui sono stati rinviati a giudizio anche altre persone tra le quali spicca il parlamentare di Forza Italia Massimo Parisi.
La prima udienza è stata fissata per il 21 aprile 2015.
Verdini dovrà rispondere dell’accusa di truffa ai danni dello Stato per i fondi per l’editoria che, secondo la Procura di Firenze, percepì illegalmente per la pubblicazione de “Il Giornale della Toscana”, stesso reato del quale risponderà Parisi, coordinatore di FI in Toscana.
Complessivamente sono state rinviate a giudizio 47 persone tra le 69 che erano state iscritte nel registro degli indagati, ventuno i proscioglimenti o le assoluzioni con rito abbreviato per posizioni considerate minori, tra le quali evidentemente non figura, ad avviso del magistrato fiorentino, Verdini che concesse, secondo l’accusa convalidata dal giudice per le indagini preliminari, finanziamenti e crediti milionari senza alcuna garanzia e sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la Procura di Firenze, venivano allegramente elargiti a persone ritenute vicine a Verdini stesso sulla base di documentazione carente e in assenza di adeguata istruttoria.
In totale, secondo la magistratura, il volume d’affari sarebbe stato pari a un importo di circa 100 milioni di euro di finanziamenti deliberati dal Consiglio di Amministrazione del Credito cooperativo fiorentino i cui membri, secondo l’atto di chiusura delle indagini preliminari avrebbero partecipato all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini, in parole vere e proprie teste di legno agli ordini del caporione fiorentino di Forza Italia.
A dare il via all’indagine dei magistrati di Firenze è stata una relazione dei commissari della Banca d’Italia che in 1.500 pagine, allegati compresi, avevano riassunto lo stato di salute della banca di Verdini riscontrando gravi anomalie.
Per fare un solo esempio di esse, il compagno di partito di Verdini, Marcello Dell’Utri, riuscì a ottenere, nonostante una situazione di sofferenza bancaria, un affidamento nella forma dello scoperto bancario di 250.000 euro, diventati in appena 7 mesi ben 2.800.000, per poi lievitare a 3.200.000. Tutto questo, per l’accusa, era avvenuto senza alcuna garanzia, prova evidente - secondo i magistrati - di come Verdini disponesse dei soldi della banca in modo assolutamente dissennato per l’ente, che veniva altresì strumentalizzato per agevolare amici e protetti di Verdini il quale, non va dimenticato, è un antico compagno di merende di Berlusconi e recentemente lo è diventato anche di Matteo Renzi.

30 luglio 2014