Rapporto CGIL relativo ai contratti di lavoro stipulati nel primo trimestre del 2014
Metà dei contratti solo per un mese. Uno su sei è solo per un giorno
Prevalente l'assunzione a tempo determinato. Ma squinzi e Marchionne chiedono ulteriore flessibilità

Una precarietà dilagante che viene confermata da tutte le statistiche e da qualsiasi indagine che si occupi del mondo del lavoro. L'ultima in ordine di tempo è il rapporto della Cgil sui contratti di lavoro stipulati nei primi tre mesi del 2014 resa pubblica all'inizio di agosto. Il primo dato significativo riguarda le assunzioni a tempo determinato che, come era prevedibile e oramai scontato, sono di gran lunga la maggioranza: ben il 67% del totale, e sono in netta crescita, difatti segnano un +6% rispetto al 2013 a discapito di quelle a tempo indeterminato che rappresentano solo il 17,6% del totale, mentre l'8% è stato assunto con i contratti di collaborazione, poco più del 2% con quelli di apprendistato.
Ma quello che balza maggiormente agli occhi è la durata media dei contratti; sempre più breve. Su 1.849.844 nuovi rapporti di lavoro, nel 1° trimestre del 2014 ben 804.969, il 43,5 %, hanno avuto una durata inferiore al mese e 331.666, uno su sei quindi, un solo giorno, quasi quanto quelli di durata superiore a un anno, 397.136. Si può capire bene da questi dati che una fetta di coloro che in Italia risultano occupati in realtà lo siano solo temporaneamente, e per quanto riguarda quelli assunti recentemente questa è la condizione largamente prevalente. Accanto all'esercito dei disoccupati, che si aggira intorno al 13%, ce n'è uno altrettanto grande che passa continuamente dallo stato di occupato a quello di disoccupato.
Altro dato significativo è il basso numero di contratti di apprendistato. Pur rappresentando un'ulteriore forma di sfruttamento della forza lavoro confermano che l'occupazione giovanile non aumenta di un millimetro frenata dal continuo allungamento dell'età pensionistica unita alla crisi economica capitalistica. Il dato certo e incontrovertibile è che l'Italia in una decina di anni ha registrato la diffusione del lavoro precario con percentuali tra le più alte d' Europa: +122% contro il 62% della Spagna e il 48% di Francia e Germania. “Grazie” a controriforme del mercato del lavoro inziate negli anni '90 e portate avanti in egual misura dai governi di centrodestra e di “centrosinistra”, che continuano tutt'ora con l'attuale esecutivo guidato dal Berlusconi democristiano Renzi e il suo Jobs Act.
La Cgil afferma che “il vero problema non è come aumentare i licenziamenti ma come aumentare l'occupazione” con il chiaro riferimento ai continui attacchi a quello che rimane dell'articolo 18. Nonostante i fatti dimostrino come in Italia sia molto facile licenziare l'Amministratore Delegato del gruppo Fiat-Crysler Marchionne e il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi dalle tribune di convegni di padroni e manager hanno avuto la faccia tosta di chiedere ulteriore flessibilità del mercato del lavoro.
Qui c'è poco da liberalizzare, i padroni oramai chiedono di cancellare la totalità dei diritti conquistati dal movimento operaio affinché la crisi del sistema capitalistico sia sempre di più caricata sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari per salvare il “sistema Italia” e i loro lauti guadagni. Marchionne e Squinzi hanno incitato e intimato al governo di andare avanti su questa strada ma noi pensiamo che non ce ne sia assolutamente bisogno perché Renzi ha sempre dimostrato di essere sintonizzato sulla stessa lunghezza d'onda ed è stato insediato a palazzo Chigi proprio per questo.
 
 

3 settembre 2014