Si inasprisce la tensione tra l'imperialismo europeo e quello russo
Carri armati di Putin “sconfinano” in Ucraina. Kiev chiede aiuti militari. La Commissione europea pronta a nuove e più dure sanzioni alla Russia. La Nato potrebbe istituire una forza mobile di rapido intervento
L'Italia si tiri fuori da un conflitto che potrebbe sfociare in una guerra interimperialista

 
In preparazione del vertice Nato del 4 e 5 settembre in Gran Bretagna, il presidente americano Barack Obama affermava iI 29 agosto che “non lanceremo una guerra Usa-Russia” ma all'ordine del giorno c'è il riarmo dell'Occidente “per difendere gli altri membri della Nato” con nuove basi a Est (Polonia, Paesi baltici) e col possibile schieramento di truppe anche in paesi come Svezia e Finlandia. La Russia di Putin col ministro degli Esteri Lavrov continuava a sostenere che Mosca non accenderà il conflitto in Ucraina mentre sul campo la situazione è opposta, con l'aiuto militare fornito alle formazioni indipendentiste, comprese quelle neonaziste, e la partecipazione diretta di reparti russi che hanno “sconfinato” in Ucraina; Obama da parte sua non impegna direttamente gli Usa ma affida il compito di tenere alta la sfida sul piano militare alla Nato e sul piano politico e economico all'Unione europea; il risultato è comunque che la crisi Ucraina è ancora lungi dall'avviarsi lungo la strada di una soluzione diplomatica mentre si inasprisce la tensione tra l'imperialismo europeo e quello russo che alimenta un conflitto che potrebbe sfociare in una guerra imperialista.
La presenza dell'Alleanza atlantica “sarà più visibile a Est”, affermava il segretario generale Anders Fogh Rasmussen l'1 settembre confermando le indicazioni della Casa Bianca sul rafforzamento della capacità di intervento delle forze di pronto impiego della Nato. Altri dettagli sulla mobilitazione della Nato li aveva rivelati il giorno precedente un servizio del Financial Times che annunciava come “la Gran Bretagna ed altri sei Stati stanno per creare una nuova forza di spedizione congiunta di almeno 10 mila uomini per rafforzare il potere della Nato in risposta all’aggressione russa in Ucraina, mentre Kiev ha rinnovato gli forzi per aderire all’alleanza militare”. L’obiettivo, scriveva il quotidiano britannico, è quello di “creare una forza di divisione pienamente funzionante per un rapido dispiegamento e regolari, frequenti esercitazioni. Funzionari coinvolti nella pianificazione affermano che avrà la capacità di aumentare significativamente in termini di dimensioni”. La forza speciale “sarà guidata da comandanti britannici, insieme ad altre nazioni partecipanti che contribuiranno con unità e truppe specializzate. Tra i Paesi coinvolti attualmente ci sono Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Norvegia e Paesi Bassi. Anche il Canada ha espresso interesse a partecipare”. L’annuncio ufficiale sembrerebbe affidato al premier britannico David Cameron in occasione del summit della Nato, a cui la Russia di Putin non è stata invitata.
Intanto al governo neoliberista di Kiev arrivava un regalo del Fondo economico monetario (Fmi) sotto forma di un prestito da 1,4 miliardi di dollari; l'anticipo del programma di soccorso per oltre 16 miliardi di dollari varato dall'organizzazione finanziaria imperialista per dare ossigeno al sistema economico ucraino in gravissima difficoltà.
Il 29 agosto, a fronte di un ribaltamento dell'inerzia della guerra fino ad allora a vantaggio dell'esercito di Kiev che avanzava nelle regioni controllate dagli indipendentisti ma stoppato in varie zone grazie anche all'aiuto militare russo, il premier Yatseniuk affermava che c'era la possibilità che l’Ucraina potrebbe chiedere l’adesione alla Nato, così i paesi imperialisti occidentali avrebbero anche la base “legale” per il possibile intervento militare. E rinnovava la richiesta di aiuti militari. Nei giorni precedenti le forze indipendentiste avevano aperto un nuovo fronte, a Novoazovsk sulle sponde del Mar Azov, minacciando di creare un collegamento territoriale diretto tra l’enclave nel Donbass e la Crimea, “ritornata” sotto controllo di Mosca. Il governo di Kiev denunciava una “invasione non dissimulata” da parte delle truppe russe prontamente documentate dai satelliti spia della Nato.
Che in Ucraina ci siano o meno le migliaia di soldati russi, secondo la denuncia di Kiev, è certo. Mosca ha aiutato e aiuta gli indipendentisti con armamenti e “consiglieri tenici”, con le stesse funzioni e modalità di quelli inviati dagli Stati uniti a Kiev fin dai primi giorni delle proteste contro l’ex presidente Yanukovich nel novembre scorso. Chi paga il pegno delle ingerenze dei due schieramenti imperialisti sono le masse popolari ucraine.
Nella giornata del 30 agosto, il vertice dell'Unione europea (Ue) di Bruxelles, dedicato alle nomine del polacco Tusk a presidente del Consiglio europeo e di Federica Mogherini a "ministro degli Esteri", riceveva il presidente ucraino Poroshenko e discuteva della crisi nel paese per decidere se inasprire le sanzioni contro la Russia. Ungheria, Slovaccia e Cipro sono gli unici che frenavano mentre i paesi baltici, con Gran Bretagna e Polonia, erano in prima fila a spingere perché l'Europa spedisse a Kiev le armi per resistere ai separatisti russi. La presidente lituana Dalia Grybauskaite affermava che “la Russia è in guerra con l'Europa" e bisognava rispondere. La risposta militare toccava alla Nato, l'Ue pensava per il momento all'adozione di nuove e più dure sanzioni alla Russia su pressione in particolare della cancelliera Merkel che solo fino a una settimana prima frenava. Nonostante gli sforzi che abbiamo fatto per tenere aperti i canali diplomatici, affermava la Merkel, Putin è venuto meno alle promesse e "va verso l'escalation militare", bisogna reagire con nuove sanzioni.
Una posizione subito sposata dal ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, appena eletta a Alto Rappresentante della politica estera della Ue che precisa come sia “interesse dell'Ucraina, dell'Europa e della Russia che la crisi abbia una soluzione politica e non una soluzione militare” ma se le mosse europee, di concerto con quelle Usa, passano dall'inasprimento delle sanzioni e dai preparativi militari in sede Nato, non viaggiano verso la soluzione politica. La Ue è una delle parti in causa e un passo del governo Renzi dovrebbe essere quello di tirare fuori l'Italia da un conflitto che potrebbe sfociare in una guerra imperialista.
Il 30 agosto, in un colloquio telefonico col presidente uscente della Commissione, Josè Manuel Barroso, il nuovo zar del Cremlino Putin rispondeva alle accuse dei militari russi “sconfinati” in Ucraina affermando che “il problema non è questo ma che se voglio in due settimane prendo Kiev". Il giorno precedente Putin aveva affermato che “sono necessari negoziati per la creazione di uno Stato nel sud-est" dell'Ucraina. Il portavoce del Cremlino smentiva che Putin si riferisse alla necessità di creare nell'Ucraina dell'est uno Stato che avrebbe già un nome, Novorossia. Certo Mosca potrebbe non puntare alla conquista di un nuovo territorio da controllare, dopo la Crimea, ma potrebbe “accontentarsi” per il momento di mantenere sotto pressione il governo di Kiev e frenare la sua corsa nelle braccia della Ue e della Nato. Il percorso opposto a quello sostenuto da Ue e Nato.

3 settembre 2014