Freddato dai carabinieri a un posto di blocco
Rivolta a Napoli contro l'assassinio del 16enne Davide

Redazione di Napoli
Tra giovedì 4 e venerdì 5 settembre, alle due di notte circa, tre ragazzi su di uno scooter superavano un posto di blocco dei carabinieri in una zona periferica della città di Napoli, il rione Traiano. Davide Bifolco di 16 anni, Salvatore Triunfo di 18 anni e un terzo giovane di 23 anni non identificato. Dal posto di blocco parte un colpo che fredda Davide all'istante.
Nel giro di poche ore Napoli si trasforma in un vulcano con manifestazioni contro le “forze dell’ordine” e i carabinieri in particolare, cortei che partivano dal rione Traiano ma anche da altri quartieri popolari che solidarizzavano con la famiglia Bifolco straziata dal dolore.
La rabbia è tanta, tra i genitori, i fratelli di Davide e l’intero quartiere. Martedì 9 settembre i cortei cittadini per chiedere verità sulla morte del 16enne confluivano verso il centro di Napoli, supportati anche dalla solidarietà dei precari e dei disoccupati, nonché dalla ACAD (acronimo di “Associazione contro gli abusi in divisa”) e alcuni centri sociali, come “Zero 81”.
In migliaia (su qualche striscione appariva la scritta: “ma quale colpo accidentale è un infame gesto intenzionale”) decidevano di dirigersi, quindi, verso la caserma dei carabinieri di Pastrengo per gridare la propria rabbia e indignazione effettuando quasi un blocco all’uscita dei militi nei pressi di piazza Carità e del chiostro di S.Chiara e, dopo urla e forti tensioni con i carabinieri, il comandante provinciale dell'Arma, Marco Minicucci, a richiesta della famiglia, si toglieva il cappello in segno di rispetto verso la morte di Davide.
Il carabiniere assassino, in servizio al nucleo radiomobile, veniva immediatamente indagato dalla Procura di Napoli secondo la formula dell'”atto dovuto” ripetuta dal pubblico ministero Nunzio Fragliasso. Indagine per omicidio colposo e non doloso volontario come invece fin da subito sostengono i familiari.
Successivamente all’accaduto si fanno strada due diverse ricostruzioni: secondo il carabiniere i tre ragazzi avrebbero perso il controllo del mezzo e urtato la Gazzella Allora il 23enne scappava a piedi, Triunfo veniva bloccato mentre Davide veniva colpito da un proiettile sparato, secondo il carabiniere, “accidentalmente”.
Per la famiglia Bifolco fin da subito appariva artefatta questa ricostruzione, peraltro smentita da decine di testimoni: i carabinieri avrebbero speronato lo scooter che proveniva dal senso opposto e dopo lo sparo avrebbero addirittura ammanettato Davide, ferito a morte e con la faccia riversa nella terra dell’aiuola.
Da sottolineare che il carabiniere (il cui nome è rimasto anonimo “per privacy”, ma in realtà per evitare il linciaggio delle masse), invece di sparare il canonico “colpo in alto” e intimare nuovamente l’alt ai ragazzi, che scappavano perché senza casco e senza assicurazione, sparava appunto ad altezza uomo. Il fatto che il terzo soggetto potesse essere un latitante, sfuggito dagli arresti domiciliari per un furto, non convince l’avvocato dei Bifolco, Fabio Anselmo: “Questo caso potrebbe essere molto semplice sul versante giudiziario, quanto complicato sotto il profilo sociale e ambientale. Comunque il cosiddetto latitante non esiste, non era sul motorino. Il colpo di pistola sparato dal carabiniere è inequivocabile. Poi se si vuole pensare che quel che è successo non è realmente accaduto, beh, allora ci sono dei problemi”.
Nei giorni seguenti si susseguivano notizie che volevano trasformare Traiano in un covo di delinquenti che incendiavano auto, assaltavano caserme, colluttavano con agenti in divisa. Nulla di tutto questo, tanto che persino la questura - fino ad allora silente - diramava un comunicato dove smentiva che “sei auto della polizia erano state incendiate a Napoli”. Altresì inaccettabili le parole dell’ex magistrato antimafia Raffaele Cantone, oggi uomo di Renzi alla “anticorruzione” che, criticando la solidarietà alla famiglia Bifolco inoltrata da Heidi Giuliani (la mamma di Carlo, ucciso a Genova 13 anni fa da un carabiniere mentre manifestava contro il G8 imperialista) come “incomprensibile”, si lanciava in una pericolosa quanto inquietante affermazione criticando “l’antagonismo sociale che potrebbe essere terreno fertile per la camorra”. Un'affermazione che rispediamo al mittente unendoci alle decine di comunicati di associazioni e centri sociali antifascisti che hanno partecipato alle manifestazioni solidarizzando con le masse del rione Traiano in corteo.
Un leit motiv dei mass media di regime è stato quello di descrivere le periferie come covi nei quali cresce la delinquenza comune o camorristica del futuro, confinando questo ragionamento nell’espressione “quartieri illegali”. Tutto falso ancora una volta, atteso che proprio il rione Traiano è stato un grande quartiere operaio, smantellato e impoverito dalla chiusura delle aziende negli anni Novanta - prima fra tutte l’Italsider - che ha concorso alla desertificazione industriale e a trasformarlo in un quartiere-ghetto anche a causa delle politiche antipopolari propugnate dalle giunte di “centro-sinistra” guidate dal rinnegato Bassolino e dalla DC Iervolino per circa venti anni. L’attuale giunta arancione del neopodestà De Magistris ha contribuito all’isolamento del rione dal resto della città e, come avvenuto in altri quartieri popolari e periferie, nulla ha fatto per il loro risanamento e riqualificazione, abbandonando soprattutto i giovani ad una disoccupazione cronica o all’emigrazione verso il Nord Italia o oltre confine.
Il rione Traiano e le altre periferie napoletane abbisognano, subito, di un piano straordinario economico e sociale in modo da poter iniziare a risollevare questa parte della città dalla povertà dilagante, dal degrado sociale, ambientale e urbanistico, prosciugando infine l'acqua in cui nuota la criminalità organizzata e non. Questo piano straordinario, tra l'altro, deve prevedere il risanamento e la riqualificazione delle periferie con la costruzione di una fitta rete di servizi pubblici e gratuiti fino a completa copertura delle necessità e con orari e prestazioni in grado di soddisfare le esigenze lavorative e sociali, in particolare delle donne, che, come la mamma di Davide, sono state ancora una volta in prima linea nei cortei di queste settimane. E soprattutto ha bisogno del lavoro e non di disoccupazione o di lavoro nero, precario e supersfruttato.

17 settembre 2014