Raid in Siria contro i jihadisti
Il bombardiere Obama annuncia un'escalation militare contro lo Stato islamico
Anche l'Italia di Renzi è in guerra contro lo Stato islamico

 
Alla vigilia dell'anniversario degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, il presidente americano Obama affermava che era necessario lanciare una nuova offensiva militare contro il terrorismo, un ulteriore passaggio della “guerra infinita” lanciata dal suo predecessore Bush, e annunciava l'escalation militare contro lo Stato islamico (Is, nella sigla inglese).
“Oggi l'America è più sicura”, proseguiva Obama, “ma c'è la minaccia dell'Is che non è l'Islam, ma una organizzazione terroristica vera e propria” che deve essere colpita e distrutta, dato che “non c'è alcun paradiso sicuro per chi minaccia l'America”, il gendarme del mondo, affermava . “A differenza di 13 anni fa - prometteva - l'America non sarà trascinata in una nuovo conflitto come in Iraq o in Afghanistan. Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero”. A parte che nello scenario nordafricano e mediorientale, dalla Libia alla Siria e all'Iraq, le truppe di terra americane sono ben presenti, come addestratori, consiglieri, esperti di sicurezza, guardie del corpo o mercenari, l'uso di aerei e droni per bombardare è comunque un atto di guerra, un conflitto a cui l'imperialismo americano partecipa già e nel quale vuol coinvolgere i paesi alleati, ben predisposti a farlo dalla Francia del socialista Hollande all'Italia di Renzi, seppur con ruoli diversi.
Gli Usa alla guida di una coalizione internazionale seguiranno una strategia in quattro punti, annunciava Obama, che “degraderà e alla fine distruggerà l’Is”. Il primo riguarda l'estensione della campagna di raid aerei già in corso in Iraq anche alla Siria, il secondo riguarda l'aumento del “supporto alle forze che combattono questi terroristi sul terreno”. Il Pentagono manderà altri soldati in Iraq, così il suo contingente di terra arriverà fino a circa 1.600 unità, col compito formale di proteggere il personale americano e aiutare i militari iracheni. Per quanto riguarda la Siria, Obama chiederà al Congresso di autorizzare maggiori aiuti all’opposizione islamica e laica affinché possa combattere tanto contro l'Is quanto contro Assad. Il terzo punto è “continuare a mobilitare le nostre sostanziali capacità antiterrorismo per prevenire attacchi dell’Is”, ovvero le attività dei servizi per la “guerra sporca”; il quarto punto consiste nel fornire assistenza umanitaria ai civili.
Per quanto riguarda il coinvolgimento di altri paesi nella guerra al terrorismo, oltre a quelli che hanno già dato la loro disponibilità al vertice Nato, Obama intende usare il summit sul terrorismo che presiederà durante la prossima Assemblea generale dell’Onu dove punterà a “mobilitare l’intera comunità internazionale dietro questo sforzo”. “Che Dio benedica le nostre truppe, che Dio benedica gli Stati uniti d’America”, il consueto finale che nel caso sottolinea quella che è la crociata imperialista di Obama.
Gli Usa avevano già raccolto il consenso di Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Australia, Turchia, Italia, Polonia e Danimarca, sancito dal vertice nato di Newport. Il premier britannico David Cameron affermava di “non escludere nulla” riguardo all'azione militare contro l'Is ma il suo ministro degli Esteri, Philip Hammond, escludeva la partecipazione di Londra ai raid aerei in Siria, pressato dall'opposizione dei pacifisti e dalle preoccupazioni per gli eventuali riflessi negativi sul referendum indipendentista della Scozia. Se un alleato “storico” tentenna, un altro si candida alla prima fila come per l'aggressione alla LIbia, la Francia di Hollande; Parigi prenderà parte “se necessario a un'azione militare aerea” sull'Iraq contro lo Stato islamico, affermava il ministro degli Esteri Laurent Fabius.
“Gli Usa hanno deciso di fare raid aerei, noi abbiamo scelto un'altra strada”, spiegava il ministro della Difesa italiano Roberta Pinotti, sottolineando che “l'idea è che dobbiamo sostenere e rafforzare gli attori locali che possono fermare l'Is all'interno dei loro territori”. Come l'invio di armi italiane ai curdi, che arrivavano puntuali l'11 settembre.
Alla conferenza di Parigi del 15 settembre, cui partecipavano le delegazioni di 25 paesi più quelle di Onu, Ue e Lega Araba, la coalizione dei paesi schierati con Obama si impegnava ad appoggiare l'Iraq con ogni mezzo, compreso “un adeguato aiuto militare”, “non soltanto far arretrare i terroristi del Daesh, lo stato islamico, ma sconfiggerli”. Per il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini l'Is rappresenterebbe “una minaccia globale che non conosce confini, siamo tutti d'accordo sulla necessità di agire insieme, sul senso di urgenza: fare presto, fare insieme”. Se l'azione è insieme alla Francia, che già la mattina del 15 settembre aveva fatto decollare gli aerei di ricognizione sull'Iraq, è guerra. D'altra parte i cacciabombardieri italiani sono pronti, annunciava la ministra della guerra Pinotti, per “un’azione militare, che bisognerebbe avere il coraggio di fare”.
I paesi imperialisti erano pronti a mettere in pratica le mosse di Obama contro lo Stato islamico ma a distanza di pochi giorni dal discorso bellicista del presidente americano nascevano diversi problemi. Se la contrarietà della Russia a un atto di guerra in Siria era messo nel conto da Washington forse l'accordo annunciato tra i gruppi dell'opposizione armata a Assad in Siria non lo era. L’Osservatorio Siriano per i diritti umani, organizzazione impegnata nella lotta contro il presidente Assad, annunciava l'intesa tra i miliziani dell’Is con le altre opposizioni islamiste che nel recente passato si erano combattute per un cessate il fuoco; le parti promettevano “di non attaccarsi perché considerano il regime Nussayri (parola con la quale si indica la fazione alawita di cui la famiglia Assad fa parte, ndr) il principale nemico”. All'intesa avrebbero partecipato sia il Fronte al-Nusra, formazione di ispirazione qaedista, che il Fronte Rivoluzionario Siriano, gruppo collegato all’Esercito Libero, il braccio armato della Coalizione Nazionale che da due anni l'imperialismo occidentale considera la sola legittima rappresentante del popolo siriano e sulla quale da sono concentrati gli aiuti in denaro e armi.
L'accordo era stato sollecitato anche dalle formazioni maghrebine (Aqmi) e yemenita (Aqpa) di al Qaeda che avevano esortato i loro “fratelli mujaheddin in Iraq e nel Levante a unirsi contro la campagna dell'America e della sua coalizione diabolica” e avevano invitato in particolare “tutti quelli che hanno preso le armi contro il tiranno Bashar e le sue milizie a non essere ingannati dall'America e a non diventare loro pedine”.
 
 

17 settembre 2014