Abolito l'art.18 ai nuovi assunti
Il contratto a tutele crescenti lede il diritto borghese del lavoro e consegna i nuovi lavoratori alla mercè dei padroni
Solo con lo sciopero generale e la lotta di piazza si può fermare il nuovo Berlusconi

Dopo una breve pausa, è ripartita a spron battuto la corsa ad approvare la cosiddetta legge delega sul lavoro, meglio conosciuta come Jobs Act. Come dice il Berlusconi democristiano Renzi, il governo “va avanti come un treno” nell'approvazione delle varie controriforme neofasciste e piduiste sul tappeto. E così il 17 settembre la Commissione Lavoro del Senato ha approvato la suddetta delega modificata dall’emendamento governativo sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. In commissione hanno votato a favore tutti quelli del PD e del partito di Alfano, Forza Italia l'ha appoggiata in pieno anche se si è astenuta. Il più entusiasta l'ex craxiano e sfegatato antioperaio Maurizio Sacconi dell'NCD che ha esclamato gongolante: “via l'articolo 18!”. Ritenendolo ormai “superato dal fatto che nel testo per i neo assunti il nuovo contratto sarà senza reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento giudicato illegittimo”.
Poco prima dell'approvazione Renzi e Berlusconi si erano incontrati per concordare le prossime mosse che dovrebbero portare al sì definitivo del Senato (dove inizierà la discussione il 23 settembre) e della Camera. Un'ulteriore riprova di come funzioni a pieno regime il “patto del Nazareno”, quel nero patto d'acciaio tra i due leader che va al di là della maggioranza di governo. Un'alleanza tra i due più grandi partiti borghesi che prevede piena collaborazione per portare definitivamente a termine il “piano di rinascita democratica” della P2 di Gelli sul regime neofascista e presidenzialista del nostro Paese e che contempla, tra le varie cose, anche l'impunità giudiziaria per Berlusconi.
Nel merito l'emendamento governativo prevede per i contratti a tempo indeterminato che i neoassunti possano essere licenziati a discrezione, senza giusta causa, dal padrone che sarebbe tenuto a pagare solo una penale, tra l'altro misurata in base al periodo di lavoro, quindi ridicola in casi di assunzioni recenti, senza che il lavoratore abbia la possibilità del reintegro. E' chiaro che in questo modo l'articolo 18 viene definitivamente cancellato; difatti cade anche l'ultima foglia di fico rimasta dopo la mezza cancellazione fatta dalla Fornero che prevedeva l'eventualità di essere riassunti in base al parere di un giudice. Nell'emendamento ci sono altri attacchi ai diritti dei lavoratori come quello che apre al controllo padronale, tramite sistemi audiovisivi e telematici, dei propri dipendenti e il loro demansionamento, ovvero la possibilità, adesso non prevista, di spostare a mansioni meno qualificate e retribuite chi non si allinea ai voleri dell'azienda, una specie di mobbing legalizzato.
L'emendamento governativo in sostanza consegna alla completa mercé dei padroni i lavoratori per almeno tre anni, un'ulteriore misura che, assieme alla miriade di contratti precari, limita la dignità, l'indipendenza e la possibilità di far valere i propri diritti, compreso il diritto di sciopero, a tutti i lavoratori dipendenti e apre la strada alla completa cancellazione dello Statuto dei lavoratori tanto auspicata dagli industriali, dalla maggioranza dei partiti borghesi, delle istituzioni economiche imperialiste dell'Unione Europea. In più crea un'ulteriore discriminazione poiché considera i neoassunti come lavoratori di serie B, licenziabili in qualsiasi momento.
In tal modo lede nei suoi principi fondamentali il diritto borghese del lavoro che giuridicamente, almeno sulla carta, stabilisce l'uguaglianza sindacale di tutti i lavoratori. Il tassello che mancava a Renzi per fascistizzare lo Stato di diritto borghese. Viene così imposta la camicia bianca-nera all'intero ordinamento costituzionale, istituzionale, giuridico, politico e sindacale.
Ci vuole la faccia tosta di Renzi per dire che lui vuole estendere le tutele a tutti mentre le sta togliendo a tutti. Su chiunque si sia opposto o abbia fatto anche delle timide critiche al Jobs Act si sono abbattuti i suoi strali; Renzi ha abbandonato la finta faccia da bravo ragazzo per indossare quella decisionista e fascista uguale a quella dei suoi predecessori Berlusconi, Mussolini e Craxi. “I sindacati difendono i privilegiati”, “fanno lotta ideologica”, “il mio governo si batte per creare occupazione” (offrendo ai padroni la libertà di licenziamento?), sostenuto da Squinzi “l'articolo 18 è un mantra, va eliminato” e Confindustria “l'articolo 18 frena gli investimenti” e via di questo passo. Ha affermato pure che i sindacati in questi anni hanno favorito la precarietà, ma lo dice uno che vuole rapporti di lavoro all'americana, ovvero con piena e assoluta libertà di licenziamento.
Insomma quello che non era riuscito a fare Berlusconi più di 10 anni fa potrebbe riuscire adesso a Renzi, e certo non sarà la fronda interna al PD a fermarlo. La Cisl e Uil sono disposti a dicutere la cancellazioni dell'articolo 18 per i neo assunti. In prima battuta Susanna Camusso, segretaria della Cgil, ha accusato Renzi di essere la Thatcher, ma subito dopo ha abbassato i toni, e si è dichiarata disponibile a trattare col governo. Poco convincente Maurizio Landini che a margine del direttivo nazionale della Cgil ha rilasciato delle affermazioni molto ambigue. Il segretario generale della Fiom si dice favorevole alla proposta di contratto a tutele crescenti, inserite nel Jobs act, purché si cancellino le altre forme di precarietà, inutili e assurde. Il leader dei metalmeccanici della Cgil ha inoltre avvertito che “anche il sindacato debba cambiare e io sono per il cambiamento”, concludendo con: “invito Renzi a non accettare i ricatti della Bce”. Guardandosi bene dal chiedere lo sciopero generale. Per la Fiom si è limitato a indire una manifestazione nazionale a Roma il 18 ottobre.
Non saranno certo queste timide e ambigue risposte a fermare Renzi, il governo e il suo puntello Forza Italia. Qui serve una risposta chiara e netta per fermare l'ennesimo attacco all'articolo 18, ai diritti dei lavoratori e più in generale alla Costituzione del '48. Occorre una mobilitazione simile a quella del 2001-2002 culminata a Roma con la grandiosa manifestazione nazionale indetta dalla Cgil al Circo Massimo dove parteciparono ben tre milioni di persone, tra cui la folta e applauditissima delegazione del PMLI.
Noi marxisti-leninisti siamo convinti che solo con lo sciopero generale di 8 ore e la lotta di piazza si può fermare il nuovo Berlusconi.

24 settembre 2014