Strage di operai a Adria
Quattro operai soffocati dai veleni, un altro ricoverato in ospedale in gravi condizioni

 
Quattro operai sono morti e uno è stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni a causa dell’esalazione di una miscela incontrollata di sostanze chimiche nella ditta Co.Im.Po di Adria che si occupa di lavorazioni di rifiuti speciali.
Due delle vittime - Nicolò Bellato, 28 anni, e Paolo Valesella, 53 - sono di Adria e gli altri due - Marco Berti e Giuseppe Valdan, entrambi di 47 anni - sono di Campolongo Maggiore in provincia di Venezia. L’operaio rimasto intossicato, Massimo Grotto, ha 41 anni ed è anche lui di Adria: portato all’ospedale di Adria, è grave ma non in pericolo di vita. Anche un altro lavoratore, il vigile del fuoco Sandro Barchi, è rimasto leggermente intossicato durante il successivo intervento. Portato all’ospedale di Rovigo, è stato dimesso dopo poche ore.
Secondo una prima ricostruzione gli operai avrebbero gettato dell’acido solforico in una vasca che molto probabilmente conteneva già ammoniaca generando una reazione chimica che ha prodotto anidride solforosa che ha ucciso i quattro sul colpo e intossicato gravemente il quinto.
L’autopsia disposta dalla procura della Repubblica di Rovigo ha accertato che la morte è dovuta ad asfissia tossica, provocata dallo sprigionarsi nell’aria della micidiale anidride solforosa che, inalata, non ha lasciato scampo agli operai che si trovavano vicino al luogo dove si è sprigionata la nube tossica. Tutto è durato pochi istanti, tanto che i malcapitati operai sono svenuti e subito dopo morti senza praticamente accorgersi di nulla.
I magistrati inquirenti ora dovranno, tra l’altro, accertare se l’azienda abbia adottato tutte le misure di sicurezza a tutela dei lavoratori e soprattutto se quegli operai erano stati adeguatamente informati sulla pericolosità delle sostanze chimiche su cui stavano lavorando e sui rischi specifici collegati al trattamento e alla manipolazione delle stesse: la questione per i magistrati non è di poco conto, in quanto nel 2012 il tribunale di Taranto ha condannato i padroni di un operaio che lavorava per una ditta appaltatrice dell’Ilva, morto intossicato nel 2006 mentre maneggiava sostanze tossiche per il trattamento delle quali non aveva ricevuto una adeguata informazione e formazione. I responsabili dell’azienda sono stati condannati per omicidio colposo, e lo stesso è avvenuto nel 2009 quando il tribunale di Trani ha condannato i responsabili dell’azienda di Molfetta dove nel 2008 erano morti 5 operai, per esalazioni tossiche, che non avevano ricevuto nessuna informazione circa la tossicità dei materiali ed anche la formazione pratica circa la manipolazione era scarsa. Anche in questo caso il tribunale ha riconosciuto che il reato per i dirigenti è quello di omicidio colposo.
Questi sono solo gli ultimi precedenti giurisprudenziali, tra un numero complessivo ben più elevato, che dimostrano che l’informazione dei lavoratori sui rischi connessi alla loro attività è un preciso obbligo di legge che troppo spesso viene violato in nome del profitto, in quanto i corsi di formazione diretti agli operai hanno un costo per l’azienda, la quale spesso sceglie di rischiare e, soprattutto, di fare rischiare la salute e la vita agli ignari dipendenti. Inoltre l'adozione di adeguate misure di sicurezza vengono osteggiate dai padroni perché comportano una dilatazione dei tempi di lavoro e la conseguente riduzione della produttività e dei profitti. E' questo il capitalismo: la vita degli operai non vale niente rispetto alla ricerca frenetica del massimo profitto.
I magistrati di Rovigo hanno iscritto i rappresentanti della Co.Im.Po di Adria nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo.

1 ottobre 2014