Firmato da Xi e Modi in India
Accordo di cooperazione economica e commerciale tra Cina e India

 
Il presidente cinese Xi Jinping e il premier indiano Narendra Modi, eletto lo scorso maggio, hanno firmato il 18 settembre una serie di accordi di cooperazione economica e commerciale che nelle intenzioni delle due superpotenze imperialiste asiatiche punta a migliorare la collaborazione economica fra i due paesi.
L’accordo principale prevede fra l'altro un investimento cinese di 20 miliardi di dollari in cinque anni e nelle intenzioni di Delhi avrebbe l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale tra i due paesi; la Cina è il più grande partner commerciale dell’India ma l’interscambio commerciale, stimato intorno ai 66 miliardi di dollari nel 2013, è notevolmente sbilanciato a vantaggio di Pechino che registra circa 35 miliardi di dollari di attivo. Per ridurre il disavanzo Modi vorrebbe facilitare l’accesso di compratori cinesi nel mercato ortofrutticolo e dei medicinali a basso costo indiano e aumentare le esportazioni di servizi per il terziario e il software. Intanto gli investimenti cinesi andranno a potenziare le infrastrutture indiane, in particolare le ferrovie, ma strategicamente importante è la promessa di Pechino di aprire il dialogo con Delhi per una partnership nell’utilizzo del nucleare civile in India; al momento Delhi si appoggia sugli Usa e i suoi alleati come l’Australia con la quale ha stipulato un accordo di fornitura di uranio.
Uno degli accordi economici sottoscritti prevede la partecipazione di capitalisti cinesi nella costruzione di due nuovi poli industriali negli Stati di Maharashtra e Gujarat, finanziati in parte dalle casse di Pechino. Una decina di accordi riguardano lo sviluppo di scambi culturali, borse di studio, facilitazioni nel rilascio di visto cinese per i pellegrini buddhisti indiani e per turismo. I due leader hanno discusso anche di come migliorare la cooperazione nel settore energetico e in quello aerospaziale.
L’incontro tra i due leader è avvenuto a Ahmedabad, nello Stato del Gujarat, di cui Modi è stato primo ministro tra il 2001 e il 2014 facendolo diventare uno dei gioielli del “miracolo economico” indiano; il modello gujarati è basato sugli incentivi agli investimenti dei capitalisti stranieri fra i quali spicca il via libera a violare le leggi a tutela dei lavoratori e dell’ambiente. Musica per le orecchie dei capitalisti cinesi che potranno sentirsi come a casa loro. Secondo la rivista Forbes, Ahmedabad è stata nel 2010 la terza metropoli al mondo per rapidità di crescita economica, dopo le cinesi Chengdu e Chongqing e l’Economist ha soprannominato il Gujarat il “Guangdong indiano”, paragonandolo a una delle regioni alla base del “miracolo economico” cinese. Miracoli costruiti sul supersfruttamento dei lavoratori e sul mancato rispetto dell’ambiente; non è un caso quindi che i due leader abbiano boicottato il vertice Onu sul clima a inizio settembre.
Secondo fonti indiane Xi e Modi avrebbero affrontato a porte chiuse, con promesse di risolvere rapidamente, la questione della contesa aperta sulla posizione della Line of actual control (Lac, nella sigla inglese), la linea di confine che separa ufficialmente e provvisoriamente Cina e India lungo la catena himalayana. Altri temi sono attualmente più importanti nelle due capitali.
La visita di Xi in India è avvenuta a meno di due settimane dalla conclusione di quella di Modi in Giappone che era stata salutata come un evento importante per il consolidamento dell’asse Delhi-Tokyo quale diga all’avanzata delle ambizioni egemoniche regionali e non solo di Pechino. Un asse basilare della politica dell’imperialismo americano di contenimento in Estremo oriente della principale concorrente imperialista. Senza contare che la Cina è alleata del Pakistan, il vicino antagonista dell’India.
Cina e India hanno anche progetti economici e egemonici concorrenziali. Delhi sta sviluppando il progetto Mausam che dovrebbe fare dell’India il fulcro del commercio marittimo nell’Oceano Indiano, per controllarlo, tra i paesi dell’Africa Orientale, la penisola arabica e il Sud Est Asiatico; Pechino è impegnata nello sviluppo della Silk road economic belt, la cosiddetta nuova via della seta che segue le orme delle rotte commerciali che anticamente collegavano la Cina all’Europa e si compone di un percorso terrestre e uno marittimo. Il secondo parte dalle coste cinesi e passa dai porti indiani per approdare nel Mar Mediterraneo. Ha bisogno di un’intesa con Delhi e se la può giocare dall’alto della sua supremazia economica.
A Tokyo, dal vertice col primo ministro Shinzo Abe, Modi ha portato a casa accordi che prevedono investimenti nel suo paese pari a 37 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni, 17 in più di quanto stabilito con la Cina di Xi. Pare evidente che Modi pensi a giocare una partita anche per conto proprio, per dare all’emergente imperialismo indiano un ruolo di peso almeno nel continente asiatico e per questo non può prescindere da accordi con il vicino cinese. Che gli possono aprire numerose porte; la prima è quella della Shanghai Cooperation Organization (Sco), l’organizzazione regionale della quale fanno parte Cina, Russia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan e Uzbekistan. L’India ha lo status di osservatore e recentemente ha ufficializzato la richiesta di diventarne membro permanente; una richiesta che Xi nell’incontro a Ahmedabad ha promesso di sostenere.

8 ottobre 2014