Mao su Mao

Continuiamo la pubblicazione, iniziata sul numero 32/2014 de “Il Bolscevico”, di alcune citazioni autobiografiche di Mao in occasione del 38° Anniversario della sua scomparsa. La maggior parte di esse pubblicate fin qui sono tratte da opere non ufficiali, e sono totalmente o parzialmente inedite in Italia, esse risalgono al periodo della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) e sono state tradotte dal cinese dal PMLI.
 
 

Nemmeno io sono poi così saggio, dato che credevo a tutto quello che leggevo
Non nascondere i miei errori. Non darmi protezione. Gli arresti ci sono stati perché li ho approvati anche io, ma adesso sono d’accordo con i rilasci. (…)
Io comunque non ho alcuna paura di combattere. Il solo sentir parlare di combattimento mi entusiasma. Che razza di battaglie si combattono a Pechino? Ci sono soltanto armi bianche e qualche fucile. Nel Sichuan sì che si combatte: entrambe le parti schierano decine di migliaia di persone armate di tutto punto. Ho sentito dire che avevano addirittura delle radio.
In futuro, i comunicati andranno diffusi su vasta scala non appena pubblicati. Chi non obbedisce va arrestato o eliminato. Si tratta di controrivoluzionari! (…)
Il problema principale è che io mi sono comportato da burocrate. Non vi ho ricevuti nemmeno una volta. Se non vi foste scagliati contro la “mano nera”, non vi avrei nemmeno convocati qui. Diamo uno scossone a Kuai Dafu. (…)
Nemmeno io sono poi così saggio, dato che credevo a tutto quello che leggevo. Successivamente studiai per altri sette anni, compresi sei mesi di studio del capitalismo alla scuola media, e non sapevo assolutamente nulla del marxismo. Non sapevo nemmeno che nel mondo esistesse un tale chiamato Marx. Conoscevo soltanto Napoleone e Washington. Studiare in biblioteca era meglio che andare a lezione e un tortino di sesamo era sufficiente a sfamarmi. Il bibliotecario e io andammo presto d’accordo.
(Dialogo con i responsabili del Congresso delle guardie rosse di Pechino, 28 luglio 1968)
 

Per quel che riguarda le mie citazioni, ne ho cancellate alcune: erano del tutto inutili
Questo articolo è decisamente ottimo. L’ho già letto, ma lo rileggerò una seconda volta. Mi sembra che così vada già bene. Lo si può pubblicare a nome del Renmin Ribao , del Jiefangjun Bao e di Hongq i. Per quel che riguarda le mie citazioni, ne ho cancellate alcune: erano del tutto inutili e potevano produrre reazioni negative. Non ci serve questo genere di citazioni: l’ho già detto un centinaio di volte, ma, non so perché, nessuno mi sta a sentire. Invito tutti i compagni del Centro a ragionarci. Le citazioni utili, quelle che non rischiano di produrre reazioni negative, le ho mantenute, non le ho assolutamente cancellate. Deliberate su quanto sopra.
(Nota e aggiunte a Leninismo o socialimperialismo? - 3 aprile 1970)
 

Non posso ricoprire nuovamente l'incarico di presidente
Non posso ricoprire nuovamente questo incarico. La proposta è inappropriata.
(Dichiarazione sulla proposta di ricoprire la carica di presidente della Repubblica -
12 aprile 1970)
 

Alla fondazione del PCC non avevo alcuna autorità
Ad esempio, si dice che esiste un culto della personalità nei miei confronti. Ma vogliamo parlare di quanto culto della personalità fate voi americani? La vostra capitale si chiama Washington. Il luogo dove sorge Washington si chiama Columbia. (…)
Davvero sgradevole! Io accolgo con favore tutte le invenzioni scientifiche, come Darwin, Kant, persino i vostri scienziati americani, principalmente Morgan, lo studioso dell’origine della società. Marx ed Engels apprezzarono molto il suo lavoro. È grazie a lui se sappiamo della società primitiva.
Ci sarà sempre un culto della personalità! Tu, Snow, saresti felice se nessuno ti adorasse? Se nessuno leggesse i tuoi articoli e i tuoi libri, saresti forse felice? Ci sarà sempre un pizzico di culto della personalità. Tu non fai eccezione! (…)
Nixon tempo fa ha scritto chilometri di lettere dicendo che invierà un rappresentante. Noi, per salvaguardarne la confidenzialità, non le abbiamo pubblicate. Dice di non essere interessato ai colloqui di Varsavia e di avere intenzione di venire a parlare di persona.
Pertanto, io dico che se Nixon è disposto a venire, io sono disposto a incontrarlo. Il nostro colloquio potrà avere successo così come concludersi in un nulla di fatto, potremo litigare così come non litigare. Se vuole può venire come turista, oppure come presidente, a lui la scelta. In breve, ci va bene tutto. Secondo me non litigheremo. Certo, voleranno delle critiche. Dovremo anche fare autocritica e parlare dei nostri errori e dei nostri punti deboli, ad esempio il fatto che il nostro livello di produzione è inferiore a quello degli Stati Uniti. Non abbiamo altro da autocriticarci.
Tu hai detto che la Cina ha fatto enormi progressi, ma secondo me non è così, ha fatto solo dei progressi. Se la rivoluzione americana fa progressi, io sono molto contento. Non mi ritengo soddisfatto dei progressi della Cina, non lo sono mai stato. Questo, naturalmente, non significa che di progressi non ce ne siano proprio stati. Rispetto a trentacinque anni fa è ovvio che ci siano stati dei progressi. Parliamo di trentacinque anni! (…)
Ma la tua concezione del mondo era ancora borghese, non proletaria. Per molto tempo anche la mia concezione del mondo è stata borghese. All’inizio credevo in Confucio, poi nell’idealismo di Kant. Di Marx non conoscevo nemmeno il nome. Mi piacevano Washington e Napoleone. Successivamente Chiang Kai-shek venne in nostro soccorso e nel 1927 scatenò un massacro. Certo, nel 1921 avevamo messo insieme settanta intellettuali e fondato il Partito comunista. Nei giorni della fondazione del Partito comunista c’erano solo dodici delegati, eletti da settanta iscritti. Fra questi dodici, alcuni sacrificarono la propria vita, alcuni morirono, alcuni si persero per strada e alcuni divennero controrivoluzionari. Ora ne rimangono solo due: uno è Dong Biwu, l’altro è Mao Zedong. (…)
Allora io non avevo alcuna autorità nel Partito, nel lavoro di propaganda, nelle province, nelle località, tipo il Comitato municipale di Pechino.
Perciò dissi che un po’ di culto della personalità non avrebbe fatto male a nessuno. In effetti, c’era bisogno di un po’ di culto della personalità.
Ora le cose stanno diversamente. Il culto è stato esagerato e ha prodotto molto formalismo. Ad esempio, i “quattro volte grande” – great teacher, great leader, great supreme commander, great helmsman (grande maestro, grande dirigente, grande comandante supremo, grande timoniere) – sono odiosi. Dovremo sbarazzarcene completamente. Lasceremo solo teacher, che vuol dire maestro, perché in passato sono stato un insegnante e quindi ora posso continuare ad esserlo. Tutti gli altri andranno rimossi.(...)
Il problema è che non dice la verità. I disonesti non possono permettersi la fiducia degli altri. Chi gli crederà mai? Le relazioni amicali funzionano allo stesso modo. Noi, ad esempio, da quando ci siamo incontrati per la prima volta, trentacinque anni fa, ad oggi, non siamo mai cambiati e ci siamo sempre trattati da amici. A volte c’è stato un po’ di burocratismo, ma faccio autocritica! (…)
La Cina critica il loro revisionismo, e questo gli fa paura. Ma chi è stato il primo a criticarci? Chi è stato a sparare il primo colpo di questo conflitto? Loro ci definiscono dogmatici, noi li chiamiamo revisionisti. A noi non spaventa che ci accusino di dogmatismo e abbiamo pubblicato gli articoli in cui ci rivolgono questa accusa. Loro, al contrario, non hanno osato pubblicare gli articoli in cui li critichiamo: hanno avuto paura. Se mi accusi di essere un dogmatico, dovrai pur avere una qualche ragione! Il dogmatismo è contrario al marxismo-leninismo e tutto ciò che è contrario al marxismo-leninismo deve essere tolto di mezzo. Loro, però, non hanno avanzato uno straccio di motivazione. In un secondo momento hanno inviato i cubani a chiederci di fare la pace e di interrompere la polemica pubblica; successivamente hanno inviato i rumeni a fare lo stesso. Per me così non va, se necessario dovremo discutere per diecimila anni.
Infine Kossygin venne a Pechino e io lo incontrai. In quell’occasione gli dissi che non c’era nulla di male se volevano definirci dogmatici, però avrebbe dovuto spiegarmi per quale motivo volevano sbarazzarsi di un inventore come Krusciov. Nella loro risoluzione avevano scritto che “il compagno Krusciov ha sviluppato creativamente il marxismo-leninismo”. Perché allora non volevano più questo signore che aveva sviluppato il marxismo-leninismo? Non riuscivo a capacitarmi. Se non lo volevano, potevamo invitarlo noi? Avevamo il permesso di invitarlo all’Università di Pechino a insegnare questo sviluppo del marxismo-leninismo? Kosygin non rispose. Allora aggiunsi: siccome sei il capo del governo dell’Unione Sovietica, dopo averti visto, rinuncio alla mia posizione per cui dovremo discutere per diecimila anni. Rinunciare è un grosso passo avanti, perché potremmo anche non ridurre per niente questo periodo. Sono disposto a ridurre la nostra polemica a mille anni! Kossygin mi disse che quell’incontro era finito bene.
I russi guardano i cinesi e molti altri popoli dall’alto verso il basso. Credono di poter mettere bocca su tutto e che gli altri debbano fare come dicono loro. Si dà però il caso che qualcuno potrebbe non essere d’accordo, e fra questi c’è, modestamente, il sottoscritto. (…)
In poche parole, torno a ripeterti quanto ti ho già detto più volte. In trentacinque anni, il nostro rapporto essenzialmente non è cambiato. Io sono stato sincero con te, e mi sembra che tu sia stato sincero con me.
(Conversazione con Edgar Snow - 18 dicembre 1970. Testo pubblicato in un verbale distribuito a tutte le cellule del PCC il 31 maggio 1971)

8 ottobre 2014