I magistrati accusano i vertici aziendali, tra cui il fratello e il figlio del padrone di “Repubblica” e il presidente di Alitalia Colaninno, di aver “omesso ogni norma di sicurezza”
Indagati De Benedetti e Passera per i tumori da amianto alla Olivetti
20 i lavoratori morti per l'amianto

 
La Procura della Repubblica di Ivrea ha chiuso l’inchiesta a carico dei 39 dirigenti della Olivetti già iscritti con l’ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni personali colpose nei confronti di alcune decine di operai che, lavorando nello stabilimento Olivetti di San Bernardo a Ivrea, furono esposti all’amianto tanto che una ventina di loro morirono di tumore ed altri contrassero la malattia.
I magistrati scrivono che gli indagati hanno “omesso ogni norma di sicurezza” e che tale stato di cose durava da molti decenni alla Olivetti.
Tra gli indagati per omicidio colposo e lesioni colpose ci sono l’ex presidente della Olivetti nonché padrone di “Repubblica” Carlo De Benedetti insieme a due suoi stretti parenti che hanno rivestito ruoli manageriali nell’azienda - suo fratello Franco De Benedetti e suo figlio Rodolfo - e all’ex amministratore delegato Corrado Passera.
Le indagini precisamente riguardano la morte di venti lavoratori, tutti deceduti quando ormai erano andati in pensione, che tra gli anni ’70 e gli anni ’90 lavorarono in reparti a stretto contatto con l’amianto - la cui pericolosità per la salute umana è stata ipotizzata in Inghilterra negli anni ’30, in Germania negli anni ’40 ed è stata conclamata al di là di ogni dubbio dagli anni ’50 - e per questo motivo si ammalarono di mesotelioma pleurico, il tumore tipico che colpisce chi ha passato lunghi periodi a contatto con manufatti realizzati con l’utilizzo di tale minerale.
Carlo De Benedetti è interessato dall’indagine nella sua qualità di amministratore delegato e presidente dell’Olivetti dal 1978 al 1996, suo fratello Franco come amministratore delegato dal 1978 al 1989, di vicepresidente dal 1989 al 1992 e di consigliere di amministrazione fino al 1993, il figlio del padrone di “Repubblica”, Rodolfo, come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1997 e l’ex ministro Corrado Passera in qualità di consigliere di amministrazione dal 1990 al 1996 e amministratore delegato dal 1992 al 1996. Risultano iscritti nel registro degli indagati anche l’imprenditore vicino al PD Roberto Colaninno - già amministratore delegato della Olivetti a partire dal 1996 - e Camillo Olivetti, sotto inchiesta quest’ultimo nella veste di amministratore delegato fra il 1963 e il 1964 e di consigliere di amministrazione fino al 1981.
Secondo la Procura di Ivrea nella fabbrica che sotto Adriano Olivetti negli anni ’50 e ’60 (quando già il rischio dell’amianto era ben noto) vide all’opera intellettuali e letterati dell’allora ‘sinistra’ borghese, i lavoratori venivano esposti all’amianto senza alcuna precauzione e per questo motivo si ammalarono: le patologie provocate da tale minerale peraltro hanno un’incubazione lunghissima, e se è vero che i magistrati piemontesi si occupano ora solo dei morti da mesotelioma alla pleura a partire dal 2001, è anche vero che la Olivetti ha impiegato l’amianto nei suoi stabilimenti dagli anni ’30, e che nei decenni che vanno da quel periodo fino agli anni ’70 vi sono stati numerosi morti a causa di tumore tra gli operai sicuramente a causa dell’amianto, ma ormai la magistratura ha rinunciato a perseguire gli autori di tali omicidi colposi sia perché gran parte dei dirigenti della Olivetti di allora sono deceduti sia soprattutto perché ormai è impossibile, anche con delle autopsie o con l’uso delle cartelle cliniche dell’epoca che erano molto più approssimative rispetto a quelle degli ultimi tre decenni, dimostrare di fronte ai tribunali il nesso di causalità che lega l’uso dell’amianto alla morte da tumore degli operai o ex operai di allora.
D’altra parte è accertato che anche all’epoca di Adriano Olivetti (presidente della Olivetti dal 1938 al 1960 al quale la Rai ha dedicato lo scorso anno la fiction apologetica in due puntate intitolata “Adriano Olivetti: la forza di un sogno” nella quale viene spacciato ai telespettatori come un filantropo amico della classe operaia) negli stabilimenti Olivetti si usò l’amianto senza alcuna precauzione per i lavoratori (si ribadisce che negli anni ’50 già era perfettamente noto alla medicina il grave rischio che l’esposizione da amianto portava alla salute), e questo la dice lunga su come l’ideologia borghese presenta come amici dei lavoratori padroni senza scrupoli solo per far passare il falso messaggio che anche nel padronato vi possano essere degli amici della classe operaia.
Sull’inchiesta di Ivrea pesa poi come un macigno una sentenza della Corte d’appello di Torino emessa nel novembre 2013, nella quale i giudici, pronunciandosi sul caso dell’ex operaia Lucia Delaurenti, hanno scritto a chiare lettere che il male che la uccise era diretta conseguenza del talco respirato dall’operaia alla Olivetti fra il 1972 e il 1976, e hanno condannato a sei mesi di reclusione l’allora amministratore delegato della Olivetti, Ottorino Beltrami, che nel frattempo è deceduto all’età di 96 anni. Secondo la Corte d’Appello l’azienda conosceva il problema addirittura da decenni ma lo affrontò con colpevole ritardo, tanto che Beltrami affrontò la questione amianto con “omissione cosciente di ogni cautela”. In sostanza, Ottorino Beltrami sapeva che di amianto si poteva morire, ma se ne infischiò, come secondo i magistrati di Ivrea se ne fregarono Carlo De Benedetti, Passera, Colaninno e gli altri dirigenti menzionati.
Con buona pace delle favole metropolitane borghesi a proposito della filantropia operaistica di Adriano Olivetti e del “progressismo” politico sbandierato da Carlo De Benedetti.

15 ottobre 2014