Mentre Ankara bombarda i curdi in Turchia
Continuano i raid aerei imperialisti sulla Siria
Le forze dello Stato islamico si avvicinano a Baghdad

 
Secondo il Comando centrale militare Usa (Centcom), Stati Uniti e Arabia Saudita hanno condotto 21 attacchi aerei tra il 13 e il 14 ottobre nell'area vicino alla città curda di Kobane, al confine fra Siria e Turchia, sotto attacco delle formazioni delle Stato islamico (Is), e uno in Iraq. Nel corso della settimana precedente i raid aerei imperialisti sono stati almeno 50 e hanno avuto tra gli altri quali obiettivi le raffinerie controllate dall'Is nella provincia settentrionale siriana di Deir ez-Zor. Raid che servono a togliere lo sfruttamento della risorsa petrolifera a chi le controlla oggi, l'Is, o alla Siria se le riprendesse. Bombardamenti che tornano comunque comodi alla coalizione imperialista dei paesi occidentali e di quelli arabi reazionari.
I raid nella zona di Kobane avrebbero permesso ai combattenti curdi siriani delle Unità di protezione popolare (Ypg) di riprendere il controllo di parti della città conquistate nel corso dell'assedio che dura da tre settimane da parte delle formazioni dell'Is. Formazioni che sono avanzate anche nella parte centrale dell'Iraq e sarebbero arrivate fino a 13 chilometri da Baghdad, vicino all’aeroporto internazionale presidiato da alcune centinaia di militari americani. A difendere il governo fantoccio iracheno del nuovo premier, il filoamericano sciita al-Abadi, ci sarebbero poco più di 60mila soldati.
Il comando militare americano sottolinea l'importanza dei raid aerei ma di pari passo nell'amministrazione Obama si levano più voci per un intervento delle truppe di terra, non ultimo il vice consigliere alla Sicurezza nazionale, Tony Blinken, che ha ripetuto le difficoltà ad arginare l’offensiva islamista “soltanto con la forza aerea”.
Di questo si è certamente parlato nel summit del 14 ottobre a Washington dei comandanti militari dei 22 paesi che compongono l'alleanza anti-Is dedicato alle discussioni sulla strategia da ridefinire. Il capo di Stato maggiore Usa, il generale Dempsey, ha ripetuto la sua posizione a favore dell'invio di truppe di terra: “il mio istinto mi dice che sarà necessaria una diversa forma di assistenza vista la complessità del conflitto. Mosul potrebbe essere la battaglia decisiva nella campagna via terra in futuro”.
Può darsi che una escalation militare possa servire anche a ricompattare le fila della coalizione guidata dall'imperialismo americano e formata da Australia, Bahrain, Belgio, Gran Bretagna, Canada, Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Giordania, Kuwait, Libano, Olanda, Nuova Zelanda, Qatar, Arabia Saudita, Spagna, Turchia e Emirati Arabi Uniti, che comincia a mostrare delle crepe.
La Turchia di Erdogan che ha fatto attraversare le sue frontiere a più di un miliziano sunnita per combattere contro il regime siriano di Assad, compresi quelli che oggi sono nelle file dell'Is, ha bloccato qualsiasi aiuto alle formazioni curde siriane che difendono Kobane, sollevando persino la protesta dell'Onu. E ha represso le manifestazioni dei curdi a Istanbul, Ankara e altre città del paese con un bilancio di alcune decine di morti e diverse centinaia di feriti. Ma Erdogan si spingeva oltre e nella notte tra il 12 e il 13 ottobre l'aviazione turca bombardava obiettivi del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) nel Sud est del paese. Si è trattato del primo attacco a partire dal cessate il fuoco dichiarato dai curdi nel marzo del 2013. Per colpire oltrefrontiera Erdogan chiedeva che la coalizione desse il via libera alla costituzione di una zona cuscinetto tra Turchia e Siria, sotto controllo turco e futura base per la resistenza contro Assad, e una no-fly zone in territorio siriano. Colpire l'Is e contemporaneamente Damasco e allargare l'area di controllo dell'imperialismo turco.
La coalizione imperialista capeggiata dagli Usa teme come la peste l'avanzata delle forze dell'Is, che per quanto bersagliata dalle scalate dei bombardamenti aerei non sembra arrestarsi e dilaga grazie al crescente sostegno che riceve dalle popolazioni locali. Non solo verso la frontiera turca ma simultaneamente in direzione della capitale Baghdad riuscendo ogni volta a sbriciolare la resistenza delle truppe fantoccio imposte, armate e dirette dall'imperialismo Usa e occidentale.
 

15 ottobre 2014