Riuscito lo sciopero indetto dalla Fiom in Piemonte contro la legge di stabilità e il Jobs Act
Grande e combattiva manifestazione dei Metalmeccanici in piazza a Torino
Gli operai attaccano duramente il governo Renzi. La polizia carica i contestatori del vertice UE sul lavoro. Sei manifestanti fermati, tre dei quali arrestati. Landini attacca la polizia e il governo ma anche gli “sciocchi”

Grande successo il 17 ottobre dello sciopero regionale dei metalmeccanici piemontesi: alte adesioni in tutte le fabbriche e oltre 10mila operai in piazza in una delle più grandi manifestazioni degli ultimi venti anni a Torino.
Citiamo solo alcune percentuali delle decine di fabbriche che hanno aderito allo sciopero. Il 100% nella provincia di Torino alla FederalMogul di Cuorgné, alla Hot Roll, alla Microtecnica e alla Turbocare. Ad Alessandria ha scioperato il 95% degli operai di KME e della Schiavetti, il 90% dell'Ilva, l'80 della Marcegaglia. Ad Asti: il 90% della Johnson Eletric. Ad A V.C.O/Biella l'85% di Lagostina. A Novara il 97% di Meritor e il 90% di Tecnomeccanica e Lagostina. A Cuneo il 95% di Valeo. A Vercelli il 85% di Dana Italia Crescentino.
Al lungo e combattivo corteo, partito da piazza XVIII Dicembre, hanno aderito diverse categorie dalla CGIL, dalla scuola alla Funzione pubblica e ai pensionati, contro il Jobs Act e la legge di stabilità. La nutrita partecipazione operaia è stata per lo più assicurata dalle decine di pullman venuti da tutta la provincia di Torino, ai quali si sono aggiunte migliaia di metalmeccanici giunti nel capoluogo in treno.
Alla manifestazione, che ha attraversato il centro città, centinaia di bandiere rosse sindacali, gli striscioni delle RSU di fabbrica e delle categorie provinciali. Uno di essi recitava “Articolo 18 non si tocca. SCIOPERO GENERALE”. Tanti i cartelli, tra cui “Scalpo operaio. Dono di Renzi all'Europa”.
Durissimi gli attacchi all'esecutivo Renzi definito “governo di merda”. Tra gli slogan “L'articolo 18 non si tocca. Tutti pronti alla lotta”. Alcuni operai erano incatenati ad una zavorra di piombo, come se fossero ai lavori forzati. Sulla palla di piombo era scritto “Jobs Act”.
“Con il Jobs Act - denuncia un operaio - tutti i lavoratori avranno una catena al collo, come gli schiavi”. Particolarmente combattive le operaie che a più riprese hanno lanciato la parola d'ordine “Ci tolgono il lavoro, ci tolgono i diritti, ci vogliono anche zitti”.
Sul palco di piazza Castello stracolma di operai, come non avveniva ormai da diversi anni, è stato messo lo striscione “Mai la nostra firma per i licenziamenti””. Negli interventi, tra cui quello di Maurizio Landini, Segretario generale Fiom-Cgil, è stato sottolineato come la crisi economica e occupazionale in Piemonte colpisca migliaia di famiglie e aziende. Basti citare un dato: nelle 583 aziende piemontesi che utilizzano “ammortizzatori sociali”, in cui è presente la FIOM, su un totale di 28 mila lavoratori, ben 2.750 sono stati licenziati.
E' straordinaria la riuscita della manifestazione operaia, ben superiore a quelle degli ultimi anni, nonostante i lavoratori abbiano dovuto rinunciare al salario di una giornata, prezioso in questo periodo di crisi, e nonostante su di loro incombano i provvedimenti repressivi, che ormai nelle fabbriche italiane, irregimentate nel sistema Marchionne, fanno parte della quotidianità.
La grande manifestazione torinese mostra che la coscienza antigovernativa, la combattività e la reattività della classe operaia italiana ai provvedimenti antipopolari del governo Renzi sono altissime.
Lo stesso giorno, in una Torino duramente colpita dalla disoccupazione giovanile al 46%, si è svolto al Teatro Regio il provocatorio ed arrogante vertice dei ministri europei del lavoro. Protetti da uno schieramento di “forze dell'ordine” di 1.500 agenti in assetto antisommossa (poliziotti, carabinieri, finanzieri, e agenti di polizia municipale), che hanno presidiato la “zona rossa” sfregiando con una violenta militarizzazione la città, i superpagati politicanti borghesi, tra cui la presidente della Camera, Boldrini (SEL), il Segretario generale del Consiglio europeo, Thorbjorn Jagland, e il sindaco di Torino, Piero Fassino, (PD), si sono riuniti per discutere dei diritti dei lavoratori e dei diritti sociali in questo periodo di crisi del capitalismo internazionale: leggasi per accordarsi su come massacrare ulteriormente le masse popolari e lavoratrici europee.
Tanti i presupposti economici e le lotte in corso che il 17 ottobre hanno portato in piazza anche una combattiva e cosciente componente giovanile e studentesca, determinata ad una sonora contestazione al vertice europeo con un corteo, sfilato dietro lo striscione “Contro il vertice dell’ipocrisia” in cui erano presenti anche i “sindacati di base” e i facchini del CAAT (Centro Agro Alimentare Torino, cioè il mercato ortofruticolo), .
Partito da Piazza Arbarello il corteo è confluito in piazza Statuto, dove era già arrivato il corteo operaio.

L'aggressione poliziesca allo spezzone studentesco
E' stato proprio durante i comizi finali che la componente giovanile e studentesca in piazza Castello, è stata proditoriamente aggredita dalle “forze dell'ordine” con un fitto lancio di lacrimogeni ad altezza d'uomo, cariche e manganellate. Precari, disoccupati e studenti hanno cercato di oltrepassare l'ingente schieramento di polizia, rimuovendo le transenne e lanciando pomodori, per penetrare nella “zona rossa”. Mentre avvenivano le cariche anche gli operai e parte del servizio d'ordine della FIOM hanno aiutato i giovani e sostenuto il loro diritto di manifestare nella “zona rossa”. Si contano 6 fermati, durante le cariche. Tre di loro, tra cui un ragazzino minorenne, sono stati arrestati.
La reazione repressiva certamente ordinata ad alti livelli governativi è una vera e propria violenta aggressione all'intera giornata di mobilitazione, non soltanto, dunque, agli studenti e ai precari e ai disoccupati, ma a tutti coloro che in quella giornata erano scesi in piazza, operai metalmeccanici e pensionati compresi.
Per questo è inaccettabile il tentativo di Landini, che, continuando il comizio mentre i giovani venivano gasati e malmenati, ha di fatto addossato loro la responsabilità di un presunto tentativo “di rovinare questa giornata in modo sciocco”. E ha poi rilanciato “Se cento persone riescono a scatenare una reazione così forte delle forze dell'ordine, e visto che Torino è soltanto l'inizio delle mobilitazioni sindacali contro il governo, allora meglio chiarire subito che un corteo non può essere gestito in questo modo”.
Non ci torna neanche il suo timido tentativo iniziale di avanzare l'ipotesi che dietro “l'eccesso di reazione delle forze dell’ordine” potesse esserci “il governo”, tentativo poi smentito in un'intervista all'Huffington Post in cui il segretario FIOM dichiara di non aver mai pensato a precise indicazioni del Viminale.
Va detto con chiarezza che le responsabilità sono di Renzi in quanto la sua strategia è quella di una sistematica provocazione e repressione nei confronti delle masse, dei lavoratori, dei sindacati, degli studenti.
Va detto con chiarezza che i giovani contestatori del vertice avevano il pieno diritto di manifestare dentro la “zona rossa” e hanno fatto bene a tentare di difendere tale diritto e che sono stati violentemente ed ingiustamente aggrediti.
Il Segretario FIOM rischia anche di creare e fomentare pericolose scissioni tra il movimento operaio e quello studentesco e giovanile. Intanto ancora una volta ha mostrato i suoi tentennamenti e il suo imbarazzo politico nell'indicare chiaramente le responsabilità politiche di Renzi, contro il quale la sua denuncia non è mai andata a fondo.
La strategia della tensione e della repressione messa in campo dalle istituzioni borghesi aveva già provocato una vittima. Nella notte del 15 ottobre i lavoratori delle cooperative di facchinaggio del CAAT con un picchettaggio avevano impedito a lungo l'ingresso dei camion con la merce. Protestavano perché sono arruolati spesso in nero con metodi da caporalato, sottopagati e trattati come schiavi. Durante le cariche a suon di manganelli da parte della polizia, un lavoratore ambulante che voleva far ingresso al mercato è morto colpito da infarto.
Noi auspichiamo che nell'autunno di fuoco che si prospetta nei prossimi mesi operai, disoccupati, precari, pensionati, studenti, non si lascino turlupinare dalle posizioni opportuniste dei politicanti e dei sindacalisti borghesi e consolidino l'unità di piazza e di lotta che si va creando per spazzare via senza indugio e con la massima determinazione, il Berlusconi democristiano, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche.

22 ottobre 2014