La “coalizione dei diritti del lavoro” di Vendola, Landini, Civati e del “Manifesto” trotzkista
Ennesimo imbroglio per tenere nel capitalismo la sinistra sociale
Una iniziativa parallela da parte dei falsi comunisti tra cui Losurdo, D'Orsi, Vattimo e Dinucci

Dalle colonne compiacenti de “Il Manifesto” trotzkista del 3 ottobre, e il giorno dopo dal palco della manifestazione di SEL in piazza Santi Apostoli a Roma contro l'austerità e per una “nuova politica economica”, con la partecipazione di Landini e Civati, Nichi Vendola ha lanciato la proposta della costruzione di una “coalizione dei diritti e del lavoro”: una nuova formazione politica riformista a sinistra del PD renziano, che metta insieme SEL, i dissidenti del PD, pezzi della lista Tsipras in disgregazione, elementi della sinistra sindacale e sociale, e il cui leader in pectore potrebbe essere il leader della Fiom, Maurizio Landini.
“Mettiamo SEL a disposizione, come uno strumento, un lievito, un terreno di incontro per una parte del PD, i movimenti, le associazioni della sinistra diffusa e del sindacato”, ha detto infatti Vendola nell'intervista a “Il Manifesto”, precisando di voler “riaggregare” le forze della sinistra “in un progetto che non abbia nessuna torsione minoritaria e testimoniale, lontano dalla trappola per cui c'è il governissimo o c'è il minoritarismo. Rimettiamo in campo le forze che parlino il linguaggio di una sinistra moderna, che non si sente custode di nessuna ortodossia ma che sia protagonista di un cambiamento”.
Tradotto dal solito linguaggio ampolloso del narcisista trotzkista, significa un ennesimo imbroglio riformista per tenere ingabbiata la sinistra sociale nel capitalismo, nell'elettoralismo e nel parlamentarismo borghesi. Dire che si vuole sfuggire a una condizione minoritaria e testimoniale vuol dire infatti cercare di entrare in parlamento superando gli alti quorum che l'Italicum di Renzi e Berlusconi ha fissato per i piccoli partiti, e dire “sinistra moderna” vuol dire una sinistra riformista, che rifugge da qualsiasi connotazione marxista (da qui il rifiuto dell'”ortodossia”), ma non rifugge invece da possibili alleanze di governo col PD di Renzi, sia nelle giunte locali dove del resto SEL è già largamente presente, sia in un'eventuale coalizione per le elezioni nazionali con le regole di una nuova legge elettorale fortemente maggioritaria come l'Italicum.
Ecco perché, dal palco di Santi Apostoli, Vendola ha sottolineato che “non vogliamo morire di governismo, ma neanche di estremismo”. E Civati, intervistato da “Il Manifesto” sotto il palco, nel ricordare che l'idea della coalizione era già stata avanzata quest'estate a Livorno in un convegno a tre con Vendola e Cuperlo, ha precisato: “Io vorrei un PD e un centrosinistra diverso, non vorrei una forza di opposizione tout court. E vedo che Vendola l'ha capito bene”.
D'altra parte non è solo l'Italicum e il patto di ferro del Nazareno, che spingono Vendola, Civati ed altri dissidenti PD a contrapporgli una sorta di “patto degli apostoli” (la definizione è loro) per non sparire dal panorama parlamentare. Essi vedono anche l'opportunità di intercettare i voti di quella crescente parte di iscritti e di elettori di sinistra che stanno abbandonando in massa il PD renziano (come si desume anche dai recenti dati sul tesseramento) e che altrimenti andrebbero a confluire nell'astensionismo, essendo anche che il M5S del narcisista e razzista Grillo si è ormai smascherato ampiamente ai loro occhi .
Non a caso, nel mettere a disposizione “Il Manifesto” per la costruzione del “nuovo soggetto”, la direttrice Norma Rangeri ha rivendicato la partecipazione del quotidiano trotzkista alla campagna elettorale per la lista Tsipras come “un'occasione da non perdere per chi non voleva rassegnarsi a votare per Renzi, né per Grillo e nemmeno ripiegare nell'astensionismo”.
Su chi dovrebbe fare il leader della “coalizione dei diritti e del lavoro” sono tutti d'accordo, anche se non lo dicono apertamente: Maurizio Landini. Il trotzkista Ferrero lo dichiara anche: “Firmerei domani per Landini. Ma se lui dice che vuole impegnarsi nella Cgil dobbiamo credergli”, ha detto il leader del PRC a “Il Fatto Quotidiano”. Ma a spiegare bene il perché è stato Livio Pepino, ex membro del Csm ed ex presidente di Magistratura democratica su “Il Manifesto” dell'11 ottobre, teorizzando in sostanza che non potendo prescindere dall'ormai dominante intreccio tra politica e media ci vuole “un uomo, o una donna, in grado di aggiungere un personale carisma a un gruppo autorevole e coeso”: qualcuno sperimentato “in centinaia di confronti televisivi”, come appunto Maurizio Landini.
L'interessato per ora glissa, e dice di voler restare alla guida dei metalmeccanici della Cgil fino alla scadenza del suo mandato. Che però scadrebbe nel 2018, proprio in coincidenza, salvo imprevisti, con la fine naturale di questa legislatura e le prossime elezioni politiche, a cui potrebbe candidarsi come leader della nuova formazione politica. Visto in questa luce il suo intenso presenzialismo sui media è assimilabile a una lunga campagna elettorale in vista di quel traguardo.
In parallelo con la “coalizione dei diritti e del lavoro” e con lo stesso intento truffaldino di creare uno specchietto per le allodole che intercetti i voti degli anticapitalisti e degli iscritti ed elettori in uscita dal PD “che – si legge nel documento - sempre più approdano all'astensionismo come forma di protesta anti-sistemica”, si muove l'appello per “Un'Associazione per la ricostruzione del Partito Comunista nel quadro ampio della sinistra di classe”, firmato da un centinaio di politici, sindacalisti, intellettuali, giornalisti, tra cui diversi falsi comunisti come Domenico Losurdo, Angelo D'Orsi, Gianni Vattimo e Manlio Dinucci. Tra loro c'è anche il rinnegato Omar Minniti, già espulso dal PMLI per aver tradito e attaccato il Partito. Dietro la manovra sembra esserci il PDCI neorevisionista, come si evince anche al richiamo “al miglior patrimonio politico e ideologico dell'esperienza storica del PCI” e a Gramsci e Berlinguer.
Come se non bastasse, si è aggiunta una terza proposta riformista, quella di “Sinistra lavoro”, che si richiama alle “grandi tradizioni politiche della sinistra italiana, comunista e socialista”. Tra i promotori ci sono il ben noto revisionista Claudio Grassi (dirigente PRC e leader di “Essere Comunisti”) e i trotzkisti Luigi Vinci, Luciana Castellina e Valentino Parlato. Ci sono anche alcuni firmatari dell' “Associazione per la ricostituzione del Partito comunista”, come il revisionista Simone Oggionni (leader dei Giovani comunisti del PRC). Che babele! Di certo tutti questi riciclati non porteranno nulla di buono al proletariato e alle nuove generazioni.
 

22 ottobre 2014