Ucraina
La metà degli elettori diserta le urne
Il Fronte popolare del premier Yatsenjuk e il presidenziale Blocco Poroshenko hanno i maggiori consensi. Non si è votato in parte del Donbass controllato dagli indipendentisti russofoni e nella Crimea ritornata sotto la Russia

 
L'Ucraina ha votato in modo “massiccio” per un riavvicinamento “irreversibile” all'Europa, affermava il presidente Petro Poroshenko commentando l'uscita dei primi risultati delle elezioni legislative del 26 ottobre. A dire il vero, se si considera che secondo i dati forniti dalla commissione elettorale centrale l'affluenza alle urne nei 198 distretti è risultata del 52,4%, risulta che il 47,6%, quasi la metà dei circa 36 milioni di elettori ha disertato le urne e casomai ha dato un “massiccio” segnale di sfiducia nei partiti filo Ue e anche filorussi guidati dai maggiori capitalisti, chiamati oligarchi, che si disputano il controllo del paese.
Nelle regioni dell'Ovest del paese, quelle da cui è venuta la maggior partecipazione alla rivolta e all'abbattimento del vecchio regime filorusso alla fine del 2013, si sono registrate le affluenze al voto più alte ma la diserzione è stata scelta comunque da quasi un terzo degli elettori. Nelle regioni dell'Est i seggi sono stati aperti solo nelle zone controllate dal governo reazionario di Kiev e la diserzione del voto ha raggiunto i due terzi degli elettori.
Non si è votato in parte del Donbass, nelle autoproclamate repubbliche autonome di Donetsk e Lugansk controllate dagli indipendentisti russofoni e nella Crimea ritornata sotto la Russia. La questione del futuro delle due repubbliche è stata rinviata a data da destinarsi dall'accordo di pace di Minsk che ha definito una precaria tregua nelle regioni dell'Est e i dirigenti separatisti hanno a loro volta indetto elezioni presidenziali e parlamentari per il 2 novembre.
Al momento in cui scriviamo sono state scrutinate oltre l'80% delle schede per l'elezione col sistema proporzionale della metà dei 450 deputati della Rada, il parlamento ucraino, mentre l'altra metà è eletta col sistema maggioritario e solo a scrutinio completato sarà possibile sapere la effettiva spartizione dei seggi. Rispetto ai voti validi si disputerebbero la vittoria il Fronte popolare del premier Arsenj Jatsenjuk e il Blocco del presidente Petro Poroshenko. Presidente e capo del governo raccolgono entrambi un numero di voti poco sopra al 20%, ovvero poco più di un misero 10% di consensi rispetto al corpo elettorale.
Fra gli altri partiti in lizza si attestano attorno al 10% dei voti i nazionalisti di Auto-aiuto (Samopomich) del sindaco di Leopoli, Andry Sadovy e il Blocco oppositore legato all'ex presidente filorusso Viktor Yanukovich. Il Partito radicale del populista e ultranazionalista Oleg Liashko registra il 7,5% dei consensi e il partito Patria della ex premier Yulia Timoshenko supera di poco la sogli di sbarramento del 5 %. Sotto la sogli e quindi senza seggi risultano al momento i fascisti e i nazisti di Svoboda e di Pravi Sektor (Settore destro) anche se potrebbero inviare propri rappresentanti eletti nella parte maggioritaria. Fuori dal parlamento il partito comunista revisionista.
Dalle proiezioni sui parlamentari eletti col sistema uninominale risulterebbe che il partito di Poroshenko dovrebbe raggiungere i 127 seggi e essere la formazione con la maggioranza relativa mentre quella di Jatsenjuk dovrebbe ottenere 80 seggi. Assieme non raggiungerebbero la maggioranza alla Rada e dovranno probabilmente allargare la coalizione governativa. Che non ha solo da affrontare la questione delle regioni separatiste dell'Est ma anche la gestione altrettanto difficile della crisi economica che ha già prodotto 6 milioni di disoccupati; l'economia ucraina è al collasso, la produzione industriale ad agosto era scesa del 21,4% rispetto a un anno fa e il dato complessivo del 2014 dovrebbe registrare un calo del pil fino al 10%. Il bilancio pubblico è sull'orlo della bancarotta, tenuto in piedi solo dai consistenti aiuti del Fondo Monetario internazionale.
Ciò che interessa al regime reazionario ucraino e ai suoi padrini imperialisti occidentali, Unione europea e Usa in testa, non sono le condizioni delle masse popolari e dei lavoratori ma che le elezioni legislative rappresentino “un’ulteriore pietra miliare per il paese, che dimostra l’impegno per un processo democratico stabile” che rafforzi il distacco dell'Ucraina dalla Russia e ne leghi il futuro all'occidente imperialista.
La Russia di Putin ha fatto buon viso a cattivo gioco e il vice ministro degli Esteri Grigori Karasin ha commentato: “Aspettiamo i risultati ufficiali, ma già ora è chiaro che nonostante la campagna elettorale dura e sporca, le elezioni sono valide”. Nonostante che nella regione di Kharkov molti seggi fossero presidiati armi alla mano dalle milizie naziste di Pravyj sektor mentre in quella di Dnepropetrovsk diversi seggi abbiano ricevuto decine di migliaia di schede sbagliate; secondo il partito comunista revisionista sarebbero state stampate 10 milioni di schede elettorali in più. Una campagna elettorale molto “sporca” che invece secondo gli osservatori dell'Ocse sono state consultazioni che “si sono svolte in conformità alle norme democratiche”.
Nel coro imperialista non poteva mancare la voce dell'Italia di Renzi. Il ministro degli Esteri Federica Mogherini definiva le elezioni ucraine "una vittoria della democrazia" e sottolineava in particolare che riteneva “importante che sia stata assicurata la più ampia partecipazione al voto (sic!)” assicurando che l'Italia continuerà “a sostenere il cammino di riforme su cui il presidente Petro Poroshenko e il nuovo parlamento dovranno proseguire” per stringere i legami con l'Unione europea imperialista.

29 ottobre 2014