All'incontro con i movimenti popolari del mondo
Il papa insiste: “Non sono un comunista”. Stia tranquillo, confermiamo che non lo è
Dica invece che il sistema che giustamente critica è il capitalismo


di Eugen Galasso
Il convegno romano su "Tierra, Techo y Trabajo" (ossia "Terra, tetto e lavoro") di fine ottobre con i movimenti popolari (c'erano, tra gli altri, il presidente boliviano Evo Morales, indio, ex-cocalero, ossia produttore di coca, l'Associazione "Sem Terra" (i senza terra) del Brasile, i cartoneros, cioè coloro che riciclano i cartoni per renderli riutilizzabili, l'associazione internazionale "Via Campesina", che si batte per politiche solidali e compatibili ecologicamente, per le politiche agricole, il collettivo italiano "Sherwood" legato al "Leoncavallo" (sic!), ancora la fabbrica italiana di componentistica (tubi, soprattutto) "Ri-Maflow", che da anni si batte per la sopravvivenza, pur essendo di per sé quasi "leader" a livello europeo e non solo (ma le "logiche" del capitalismo sono spietate, si sa).
Il papa, cordialissimo, si è detto entusiasta e particolarmente coinvolto, esprimendo le sue concezioni, piene di buona volontà quanto generiche: ha detto che "l'amore per i poveri è nel Vangelo, non si tratta di comunismo" (come "Il Bolscevico" aveva già avuto modo di scrivere, non abbiamo alcun dubbio in proposito; chi scrive era stato uno dei non pochi destinatari italiani di una lettera di fuoriusciti argentini anti-golpe che addirittura ritenevano Bergoglio, allora vescovo di Buenos Aires, troppo tiepido rispetto al golpe argentino; un'accusa, possiamo dirlo ora alla luce di vari altri documenti, decisamente infondata - da questo, tuttavia, a definirlo "comunista" ce ne passa, però...). Poetiche e sincere, quasi certamente, le espressioni papali nei confronti degli intervenuti: "Odorate di terra, di popolo, di lotta", senz'altro sentita la sua vibrata accusa contro chi fa in modo che le persone non abbiano un tetto sopra di sé (in altri termini: una casa) e un lavoro. Ma il problema è a monte: non si tratta tanto di un "chi" malvagio e oppressore, quanto di strutture oppressive, strutture che, per noi (PMLI) hanno un nome ben preciso: capitalismo.
Che l'attuale deriva "neo-liberista", come si suole definirla, rappresenti un peggioramento della condizione capitalistica è certamente vero (si pensi alla privatizzazione di tutto, anche dell'acqua, potenzialmente persino dell'aria...), ma il problema, come papa Bergoglio e un cattolicesimo "di sinistra" dovrebbero sapere e comunque sforzarsi di capire, è nella causa, nel sistema socio-economico capitalistico, appunto. Da sempre un sistema che teorizza e pratica lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la schiavitù salariale etc. Illudersi che il capitalismo possa "emendarsi", "migliorare" è moralismo antistorico, una pia quanto pericolosa illusione. "Questo nostro incontro non risponde a un'ideologia", ha avvertito Bergoglio, salvo poi esporre un'ideologia di tipo riformista, interclassista e pacifista laddove ha invitato i suoi interlocutori a non contrapporsi all'attuale sistema economico ma a lavorare per "cambiarlo": "Va fatto con coraggio, ma anche con intelligenza. Con tenacia, ma senza fanatismo. Con passione, ma senza violenza. E tutti insieme, affrontando i conflitti senza rimanervi intrappolati, cercando sempre di risolvere le tensioni per raggiungere un livello superiore di unità, di pace e di giustizia." Insomma li ha spinti ad abbandonare ogni antagonismo nei confronti del capitalismo e piuttosto a "rivitalizzare le nostre democrazie", li ha invitati a "camminare insieme" evitando di "racchiudere il movimento in strutture rigide".
Quando Evo Morales, che sembra abbia avuto un rapporto particolarmente fecondo e positivo con papa Francesco inizia parlando di un suo (di Bergoglio) sostanziale anticapitalismo, ma poi parla di un sentimento "in America Latina (includendo anche il papa latino) probabilmente non anticapitalista ma certamente anticolonialista" compie un evidente errore, in quanto i residui "colonialisti" derivano evidentemente dal capitalismo, da come i paesi capitalisti tendono a creare colonie economiche, anche se non più esplicitamente politiche, nei (e dei) paesi più deboli.
Forse non è un caso che l'editorialista del "Manifesto" Guido Viale (ex Lotta continua, ora ambientalista), parli, per Bergoglio, commentandone il discorso tenuto nell'occasione del convegno di cui parliamo, di un "preciso programma politico e sociale". No, siamo ancora nelle secche, molto cariche di ambiguità, della cosiddetta "Dottrina sociale della Chiesa" (è anche una materia di insegnamento nelle Facoltà teologiche, nei Seminari, negli Istituti superiori di scienze religiose e viene insegnata in modi anche molto diversi, non a caso), che si è affermata a fine Ottocento con la "Rerum Novarum" di Leone XIII° e che nel corso del tempo si è realizzata in direzioni varie, teoricamente anticapitaliste ma mai veramente tali (Bergoglio si è spinto oltre i suoi predecessori, soprattutto oltre il "papa emerito" Ratzinger, il più conservatore dei papi recenti, che non a caso il "leader intellettuale" di “Comunione e liberazione" Antonio Socci contrappone a Bergoglio, ma anch'egli, finora, non ha saputo esprimersi decisamente contro il potere economico-politico del capitalismo).

5 novembre 2014