Al voto anticipato del 23 novembre prossimo
Perché occorre astenersi alle elezioni regionali in Calabria

Domenica 23 novembre si svolgeranno in Calabria le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale e l'elezione diretta del presidente della giunta regionale.
Elezioni anticipate per effetto della condanna in primo grado a 6 anni di carcere per il caso Fallara del governatore, il fascista mal-ripulito Giuseppe Scopelliti, poi dimessosi per evitare la sospensione, tornato nel “centro-destra” dopo la rottura con l'Ncd di Alfano e dei fratelli Gentile, avvenuta dopo aver cercato, invano, l'impunità con la conquista di un seggio a Strasburgo alle scorse europee.
Si voterà con una nuova legge elettorale, ancor più antidemocratica della precedente, probabilmente incostituzionale, approvata a giugno e modificata a settembre, dopo l'impugnatura da parte del governo, abbassando le altissime soglie di sbarramento previste sia per le liste (ora è il 4%, prima era il 4% solo per le liste coalizzate, mentre saliva al 15% per quelle non coalizzate) che per le coalizioni (adesso è l'8%,invece del 15%). Ridotto il numero dei deputati componenti l'assemblea regionale da 50 a 30.
Le elettrici e gli elettori calabresi sono chiamati alle urne mentre vivono sulla propria pelle una situazione economica e sociale spaventosa.

Una terra martoriata
La Calabria oggi è infatti la regione più povera d'Italia, i suoi quasi 2 milioni di abitanti (1.980.533 censiti) hanno un reddito pro capite di 14.230 euro, il più basso della Penisola e fra i più bassi in assoluto dell'intera Europa. Il Pil pro capite (crollato di 13 punti dal 2007 ad oggi) nel 2013 si è fermato a 15.989 euro, meno della metà della Valle d'Aosta, del Trentino-Alto Adige e della Lombardia.
Il tasso di povertà riferito al 2013 è del 32,4% (era il 27,4% nel 2012), inferiore solo a quello della Sicilia. La disoccupazione è al 25,4%, quella giovanile al 65%, quella femminile al 41%, dati da record nazionale, ma il dato reale è ancora peggiore perché in molti non si iscrivono più nelle liste di disoccupazione. Infatti altissimo è il numero dei cosiddetti “Neet”, i giovani che non studiano più e che non solo non hanno un lavoro, ma nemmeno lo cercano, sfiduciati dal terrificante “mercato del lavoro” capitalistico. Il numero degli occupati è il più basso d'Italia solo il 37,4% della popolazione in età da lavoro.
La regione è al primo posto in Italia anche per il lavoro nero e irregolare 27,8%,fra i primissimi per quello precario, sottopagato ed iperflessibile. Come è al primo posto per l'emigrazione dal dopoguerra, soprattutto giovanile, tanto che l'età media dei residenti si è alzata a 55 anni.
La Calabria si conferma poi come una delle regioni d’Italia con più alti indici di mortalità sul lavoro in rapporto alla popolazione lavorativa.
La scuola e l'università pubblica regionali sono allo sfascio: dal punto di vista degli edifici spesso fatiscenti e non a norma, delle carenti condizioni igienico-sanitarie, dei contratti dei lavoratori del settore (alcuni dei quali “precari in eterno” specie i ricercatori), per i tagli ai servizi agli studenti e al personale docente e non, dai trasporti agli alloggi, per l'enorme aumento dei costi che rende per molti calabresi poveri una vera e propria chimera accedere all'istruzione, specie quella universitaria, con conseguente aumento del tasso di abbandono scolastico (16,4%).
Altro che “buona scuola” di cui ciancia il Berlusconi democristiano Matteo Renzi! Il tutto per effetto delle controriforme neofasciste dei governi nazionali della destra e della “sinistra” del regime che hanno di fatto affossato il diritto allo studio sull'altare dell'istruzione neofascista, classista, aziendalista, meritocratica, sempre più privata e costosissima, funzionale al dominio della classe dominante borghese.
I trasporti pubblici sono insufficienti a garantire il diritto alla mobilità delle masse della regione, specie se si considera che la maggior parte dei calabresi vivono in comuni piccoli e medio piccoli spesso totalmente sprovvisti di trasporti pubblici in termini sia di mobilità urbana che extraurbana.
Le strade della Calabria sono famigerate a livello nazionale per il loro grado di pericolosità, di mancato ammodernamento, per ritardi nei lavori, un vero e proprio simbolo del malaffare borghese italiano. Basta citare la A3 Salerno-Reggio Calabria, ancora da completare da quel lontano 1962, anno d'inizio dei lavori cominciati con tanto di cerimonia pubblica alla quale partecipò l'allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani, che è il tratto autostradale più disastrato dello Stivale, o la famigerata statale 106 jonica, la “strada della morte” che ha visto nel 2009 il più alto tassi di morti per incidenti stradali per chilometro stradale (0,46) dell'intero Paese.
La situazione delle ferrovie è drammatica visto anche il taglio dei treni locali (sono sempre di meno e in condizioni pietose) che ha creato enormi disagi in particolare ai pendolari sia studenti che lavoratori, in virtù di una precisa scelta dettata dal profitto e dalle privatizzazioni volta a privilegiare la clientela “business”, i treni ad alta velocità (che in Calabria non ci sono, l'alta velocità si ferma a Salerno) e le tratte a lunga percorrenza in un'ottica concorrenziale all'aereo a scapito delle esigenze delle masse costrette al trasporto su gomma, costoso, pericoloso e inquinante.
I 39 porti regionali grandi, medi e piccoli, sparsi su quasi 800 km di costa, non riescono nemmeno a ridimensionare i problemi della mobilità da e verso la regione di merci e persone viaggianti su gomma e rotaia.
Il fatto è che i politicanti calabresi al servizio della borghesia non hanno ancora intenzione di spostare massicciamente sull'acqua il trasporto di merci e persone, perché il trasporto marittimo è portatore di minor profitto rispetto a quello su gomma e su rotaia.
Per quanto riguarda il traffico aereo da segnalare che i tre aeroporti della regione (Lamezia, Reggio, Crotone) sono mal collegati con i centri più piccoli della Calabria, specie dell'interno, cosa che appunto spinge ad utilizzare i (pochi e costosi) treni, sempre in subordine all'automobile, per spostarsi nel resto della Penisola, tranne nel caso di chi abita in prossimità degli scali. Per queste stesse ragioni anche per le merci il trasporto aereo è poco appetibile.
Il trasporto pubblico calabrese è dunque complessivamente insufficiente, costoso e non costituisce quindi una reale alternativa a quello privato, determinando le inevitabili conseguenze in termini di traffico, sicurezza, incidenti stradali, inquinamento con relativo aumento dei costi sanitari.
La sanità pubblica regionale versa in condizioni disastrate in termini di servizi erogati, indebitamento (27 milioni di euro secondo la Corte dei conti), strutture insufficienti e carenti, costi dei servizi, mancanza di personale, tagli, intrallazzi politico-imprenditoriali-mafiosi (fra il 2006 e il 2010 ben 3 le aziende sanitarie regionali sciolte per mafia, Locri, Reggio Calabria, Vibo Valentia) per effetto dello smantellamento del servizio sanitario nazionale con relativo affossamento del diritto alla salute oltre alla nefasta azione delle giunte regionali degli ultimi anni della destra e della “sinistra” borghese che hanno trasformato la sanità regionale, come quella nazionale, in “un grande supermarket in cui i servizi sono una merce da vendere come le altre, i pazienti sono clienti da ingannare e circuire. Dove tutto ruota intorno al profitto delle assicurazioni e delle strutture private 'accreditate' che formano alleanze e monopoli nei settori più redditizi. È un sistema che lucra sullo stato comatoso del sistema sanitario nel Mezzogiorno d'Italia per depredargli i fondi della 'mobilità sanitaria', per spingere i malati a rivolgersi ai 'centri d'eccellenza'" (dalle Tesi del 5° Congresso nazionale del PMLI, dicembre 2008).
Terribile il fenomeno della rinuncia alle cure di migliaia di famiglie povere calabresi, come terribile è il cosiddetto “turismo sanitario” ovvero lo spostamento per le cure in altre zone d'Italia se non d'Europa o addirittura d'America (per chi può permetterselo s'intende).
Il territorio è devastato, la Calabria è ad altissimo rischio idrogeologico e di terremoti, per effetto dei mancati controlli, della cementificazione del territorio, del disboscamento, dell'abusivismo, dell'inquinamento di mari, laghi, fiumi e terreni dovuti anche agli infami interessi delle cosiddette “ecomafie” che hanno trasformato la nostra regione in una pattumiera di rifiuti tossici e nocivi per la salute, che ha determinato peraltro un'impennata delle malattie contratte dalla popolazione, specie i tumori, oltre al forte calo del settore turistico.
Sono diminuiti infatti di 7 punti negli ultimi tre anni gli arrivi di visitatori in Calabria, come diminuisce il numero medio dei loro giorni di permanenza, complice anche la crisi, in una regione dove peraltro il turismo costituisce un'eterna promessa di sviluppo e occupazione mai mantenuta ed è ancora molto lontana dalle regioni del Centro-Nord in termini di ricettività (strutture perlopiù carenti oppure costosissime ma concentrate in poche zone e non certo pensate per le tasche dell'italiano medio tanto meno dei calabresi), decoro del territorio, capacità di attrazione, carenza di infrastrutture strategiche come i depuratori per il mare, sempre più sporco, come gli impianti di risalita in Sila, Aspromonte e Pollino (le montagne calabresi sono peraltro devastate perennemente in estate da incendi dolosi che mandano in fumo migliaia e migliaia di ettari di boschi), le strutture pubbliche per lo sport e il turismo all'aria aperta, la pessima manutenzione dei centri storici dei comuni a fronte della crescita degli orribili quartieri moderni in odor di business edilizio o dei terrificanti villaggi sul mare che deturpano il territorio, l'incuria dei monumenti e dei siti archeologici che spesso versano in stato di totale abbandono.

Questione meridionale e 'ndrangheta
Questi sono solo alcuni dati del “caso Calabria”, si potrebbe continuare a lungo, parlando del problema dell'acqua che in molte case non arriva nemmeno, dei problemi specifici dei lavoratori dei vari settori, dei combattivi precari, della scarsa natalità dovuta alla miseria, delle odiose politiche di ostruzione nei confronti delle donne che decidono di abortire, del problema dei rifiuti (basso il dato della raccolta differenziata), dell'uso delle energie alternative ancora lontano anni luce dagli standard delle altre regioni, il problema della tossicodipendenza aggravata dalle fallimentari politiche neofasciste della proibizione, i diritti negati ai migranti sempre più schiavi di lavoro nero e caporalato, specie nell'agricoltura, i costi dello Stato borghese e delle sua ramificazione regionale e locale i quali considerando anche l'enorme evasione fiscale in Calabria, sono tutti sulle spalle delle masse popolari, specie i lavoratori dipendenti e i pensionati.
In parole povere si scrive Calabria, si legge Terzo mondo!
Le cause di tutto questo sono da ricercare nella legge fondamentale del capitalismo monopolistico, la legge del massimo profitto, e nella secolare Questione meridionale ossia l'insieme dei problemi, delle cause e degli effetti dell'enorme disparità economica, politica, sociale e culturale del Meridione rispetto al Centro e al Nord, che nasce con lo Stato borghese unitario del 1861 per effetto dell'alleanza organica tra la borghesia più reazionaria del Nord con i latifondisti del Sud, che ha impedito lo sviluppo in senso capitalistico del Mezzogiorno trasformandolo in un'enorme riserva di sfruttamento di manodopera a basso costo e in un mercato per i prodotti delle industrie settentrionali, gettando le basi della disparità Nord-Sud.
Divario ulteriormente accentuato da tutti i governi nazionali e locali succedutisi negli anni, in particolare quelli degli ultimi 20, con l'avvento e il consolidamento della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista con la relativa riduzione a carta straccia della Costituzione democratico-borghese del 1948, frutto di un compromesso fra borghesia e proletariato sfavorevole a quest'ultimo.
La Questione meridionale si è inasprita sempre di più negli anni anche per l'ingresso dell'Italia nell'Unione europea imperialista, vero mostro economico, politico, militare e istituzionale che non si può riformare e va distrutto, cominciando a tirarne fuori l'Italia.
Tutto questo è avvenuto lasciando mano libera nel Sud alla crescita delle organizzazioni criminali, fra le quali la 'ndrangheta detta anche “l'altra metà della luna” per la sua capacità di essere allo stesso tempo “invisibile” ma onnipresente.
La 'ndrangheta è la parte più reazionaria e sanguinaria della borghesia calabrese, è generata dall'economia capitalistica, la sua testa si trova dentro la classe dominante borghese e dentro lo Stato borghese, oggi diventato un regime neofascista secondo i piani della P2.
La sua terribile storia criminale inizia nella metà dell'800 in provincia di Reggio Calabria e attraversa tutta la storia d'Italia fino ai giorni nostri, diventando negli anni una vera e propria holding internazionale del crimine che continua a penetrare in sempre più vasti settori della vita economica calabrese, italiana e mondiale: narcotraffico, usura, prostituzione, traffico di armi e di uomini, edilizia pubblica e privata, gioco d'azzardo, estorsione, smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi, pornografia, contrabbando, riciclaggio di denaro, voto di scambio, ricettazione, omicidi, frode, ricatti, rapine, contraffazione, corruzione, business delle pale eoliche, controllo della terra e dei boschi, dei mercati di vendita dei raccolti, della produzione e distribuzione della carne e del pesce, perfino le telecomunicazioni (come dimostra il caso di Gennaro Mokbel, il fascista imprenditore romano, in carcere per l'inchiesta Broker che ha coinvolto fra gli altri il famigerato senatore PDL Nicola Di Girolamo ora a Rebibbia) amico di Antonio D’Inzillo, uomo della banda della Magliana condannato all’ergastolo e latitante per l’omicidio di Renato De Pedis, il quale dopo aver preso parte a un fallito putsch militare in Egitto nei primi anni Settanta, divenne l'anello di congiunzione fra la Fastweb, la Telecom Sparkle e gli interessi della 'ndrangheta. Fratello di Lucia Mokbel, ex agente del Sisde, elemento chiave della 'ndrangheta per il controllo della zona di Via Gradoli a Roma che è una delle protagoniste dei fatti di Via Gradoli, il covo delle “Br” scoperto nei giorni del sequestro del leader della DC Aldo Moro.
Negli anni la 'ndrangheta ha visto aumentare in maniera esponenziale i propri profitti, la capacità di penetrazione nelle istituzioni in Calabria, in Italia e all'estero, il proprio potere di ricatto e d'influenza, instaurando un regime di terrore e di omertà per chi vive in queste terre e si oppone al suo dominio, con tanto di aspetti perfino esoterici e religiosi, vedi i riti di affiliazione, gli inchini devozionali ai boss durante le processioni che svelano peraltro la connivenza di settori della chiesa locale, la riunione annuale dei capi delle 'ndrine al santuario di Polsi, nell'Aspromonte, dove sono custodite le 12 tavole della 'ndrangheta e dove venne deciso fra l'altro l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno (Margherita, ex DC) nel 2005.
Negli anni questa belva ha lasciato dietro di sé un'interminabile e spaventosa scia di sangue che fa della Calabria il territorio con più morti ammazzati d'Europa in rapporto alla popolazione residente. Donne, uomini, bambini, anziani, famiglie, studenti, imprenditori, attivisti politici, sindacalisti, uomini delle istituzioni, malcapitati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Non è possibile stabilire però il numero davvero esatto delle sue vittime a causa dei tantissimi casi di “lupara bianca” ovvero di spariti nel nulla. Intorno a 300 il numero delle vittime innocenti accertate negli ultimi 50 anni, 200 solo negli ultimi 25. Cosa agghiacciante è che ben 9 volte su 10 gli omicidi di 'ndrangheta rimangono impuniti.
Tornando all'Italia e alla capacità di penetrazione della 'ndrangheta nelle istituzioni borghesi è da ricordare lo scioglimento per mafia di 69 comuni, 63 dei quali in Calabria, 6 in altre regioni (Bardonecchia, Leinì e Rivarolo Canavese in Piemonte, Bordighera e Ventimiglia in Liguria, Sedriano in Lombardia, Nettuno nel Lazio). Da segnalare poi le vicende legate ai subappalti dell'Expo del 2015 di Milano che coincidono con le cronache di questi giorni.
La sua influenza è trasversale, direttamente e indirettamente, in Italia, praticamente tutti i partiti borghesi, di destra, centro e “sinistra”, di ieri e di oggi, di governo e di opposizione, legali e perfino illegali (vedi l'intreccio fra le 'ndrine calabresi e i piani golpisti degli anni '70 dei gruppi della destra eversiva legata al criminale capo della “Xa Flottiglia Mas” Junio Valerio Borghese e l'attentato al treno Freccia del Sud del 22 luglio del 1970), nel Nord (Lega Nord inclusa), nel Centro e ovviamente nel Sud del nostro Paese. Ultimo arrivato, per ora, il Movimento 5 stelle, come dimostra il caso di San Ferdinando (Reggio Calabria) di poche settimane fa.

Responsabilità politiche
Sul piano delle istituzioni regionali e locali il principale responsabile dell'agghiacciante situazione in cui versa il popolo calabrese è sicuramente l'ex governatore Giuseppe Scopelliti, predecessore dell'attuale presidente facente funzioni Antonella Stasi (NCD), a lui succeduta dopo la sua condanna e dimissioni.
Terribile il bilancio della sua giunta regionale, come i dati prima citati dimostrano, da ogni punto di vista, economico sociale e istituzionale, del resto lo “scopellitismo” è ormai sinonimo a livello nazionale di neofascismo, 'ndrangheta, corruzione, omofobia, diritti negati, mafia dei colletti bianchi, indebitamento, collasso economico e contabile: lui e i suoi compari prima hanno distrutto Reggio, poi l'intera Calabria.
La sua carriera di gerarca del regime neofascista è un lungo filo nero che inizia nelle fogne del MSI, nel nome di Mussolini e del senatore fascista reggino Francesco “Ciccio” Franco, prosegue con AN prima e con il delinquente numero uno d'Italia Silvio Berlusconi nel PDL poi, quindi il passaggio nell'NCD di Alfano e dei fratelli Gentile in appoggio ai governi nazionali Letta e Renzi ora il ritorno più a destra con la lista regionale a lui vicina Casa della libertà.
Nonostante la trombatura alle scorse europee con l'NCD, la condanna di primo grado per il caso Fallara, la perdita del comune e della provincia di Reggio, quindi della Regione non va sottovalutato e dato per finito. Le sue trame, gli interessi mafiosi che rappresenta, i pochi voti ancora a sua disposizione (vedi il crollo della destra a Reggio alle comunali del 26 ottobre scorso che hanno visto trionfare l'astensionismo) sono comunque sufficienti per farlo rimanere a galla, sia pur drasticamente ridimensionato e operante fuori (per il momento) dalle istituzioni e continuare a fare ulteriori danni al popolo reggino, calabrese e italiano, nel nome della borghesia e della 'ndrangheta, in questo certamente coerente con ciò che è sempre stato e sempre sarà: uno schifoso topo di fogna fascista e mafioso che starebbe bene solo a Piazzale Loreto!
Enormi le responsabilità della “sinistra” borghese locale che ha preceduto Scopelliti alla regione, si pensi al predecessore Agazio Loiero, come disgustosa è stata la finta “opposizione” a Scopelliti, del resto fino all'altro giorno fra i massimi esponenti dell'NCD di Alfano alleato di Renzi a Palazzo Chigi.

Liste e candidati
Sono 5 i candidati alla poltrona di governatore, affiancati da un esercito di 382 candidati al Consiglio regionale (solo 71 le donne) che cercheranno di accaparrarsi i 30 seggi del Consiglio regionale di Palazzo Campanella spalmati in 15 liste che correranno nelle 3 circoscrizioni, che sostituiscono le 5 della vecchia legge elettorale: Nord-Cosenza, Centro-Catanzaro, Crotone Vibo Valentia, Sud-Reggio Calabria.
Nessuno di loro ha nulla a che spartire con il proletariato e le masse calabresi, come dimostrano i loro programmi, tutti votati al sostegno del marcio sistema capitalista e scritti su misura per la borghesia regionale calabrese.
Il “centro-sinistra” ha 8 liste: PD, Democratici progressisti, Oliverio presidente, Centro democratico, la Sinistra con Gianni Speranza (che è il sindaco di Vibo Valentia di SEL, della lista è parte anche il PDCI), Calabria in rete, Cristiano Democratici Uniti, Autonomia e diritti (dettata dall'ex governatore Loiero), candida Mario Oliverio detto “palla-palla”, espressione della “sinistra” del PD, vincitore delle primarie di coalizione dello scorso ottobre in cui ha prevalso sul candidato renziano Gianluca Callipo e sullo stesso Gianni Speranza, ora entrambi candidati con lui.
Classe 1953, impiegato (ma c'è da chiedersi se ha davvero lavorato almeno per un solo giorno in vita sua), vecchio dinosauro della politica calabrese, proveniente dal PCI revisionista, occupa poltrone ininterrottamente dal 1980, quando a 27 anni diventa consigliere regionale del PCI. Riconfermato alla regione Calabria nel 1985 diventa assessore regionale all'agricoltura nella prima giunta di “sinistra” presieduta dal defunto esponente del PSI Francesco “cecchino” Principe, ovvero l'iniziatore di una vera dinastia politica borghese, ex deputato, più volte sottosegretario, ex presidente del Consiglio provinciale di Cosenza fino alla sua morte avvenuta nel 1999 e sindaco di Rende (Cosenza) ininterrottamente per quasi 30 anni, dal 1952 al 1980, padre di Sandro Principe anche lui vecchio noto arnese socialista calabrese ex deputato, sottosegretario, consigliere regionale e assessore regionale all'istruzione con Loiero, per decenni anch'egli sindaco di Rende, feudo dei Principe, è inoltre il capogruppo uscente del PD in Consiglio regionale, non confermato da Oliverio in lista.
E' dall'interno del PCI e alleato con questi tipi che cresce l'influenza di Oliverio nella regione, in particolare nel cosentino. Nel 1990 diviene sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza) luogo di nascita e feudo personale, ma il passo indietro sul piano istituzionale rispetto alla regione avviene solo con l'obiettivo di farne uno in avanti: diventa così nel 1992 deputato nazionale, dove resterà ininterrottamente 4 legislature, fino al 2006 per il PDS-DS-PD. Nel 2004 diventa presidente della provincia di Cosenza, carica ricoperta fino a qualche settimana fa, quando è stato sostituito da Mario Occhiuto, FI, sindaco di Cosenza, nominato dal voto dei sindaci e consiglieri comunali dei 155 comuni della provincia dopo l'abolizione dell'elettività dei consiglieri provinciali (ridotti a 16) e del presidente determinata dalla “riforma” Delrio, che ha ristretto gli spazi di democrazia borghese.
Dal 1997 al 2001 è segretario provinciale DS a Cosenza, subendo una cocente sconfitta per la sua immagine con la perdita del comune di San Giovanni in Fiore, passato in quegli anni a destra, riallacciando i rapporti con l'allora sindaco di Cosenza, il defunto filomafioso ex segretario nazionale del PSI Giacomo Mancini, inizialmente in competizione con gli allora DS.
Emblematico della sua politica e del suo trasversalismo fu l'accordo (ufficialmente sempre negato) stipulato quand'era segretario provinciale diessino, fra i DS, Mancini e i fratelli Gentile, allora in Forza Italia, per la spartizione delle poltrone parlamentari alle elezioni politiche del 2001.
Mancini pretese la candidatura di suo nipote e omonimo nella lista DS nella quota proporzionale della Camera dietro Marco Minniti in quota Pse-Lista Mancini, nome del raggruppamento del “padrino di Cosenza”, forte dell'appoggio di Antonio Gentile dato in cambio dei voti dei manciniani nel suo collegio senatoriale cosentino.
I DS bisognosi dei voti dei Gentile nel proporzionale e dove possibile nei collegi, fra i quali quello di Oliverio stesso, perché navigavano in brutte acque elettorali (infatti raggiunsero a livello nazionale il 16% dei voti validi, il minimo storico, con il segretario nazionale Veltroni in fuga verso la poltrona di sindaco di Roma e con il “centro-sinistra” poi sconfitto da Berlusconi) accettarono l'accordo che portò Gentile al Senato e Giacomo Mancini jr alla Camera (che da buon nipotino filomafioso e trasformista poi passerà a destra, PDL prima, Forza Italia oggi, diventando nel 2010 assessore regionale al Bilancio e vicepresidente della giunta nera di Scopelliti).
Rimasto da individuare un candidato del “centro-sinistra”, “sacrificabile a sua insaputa” nel collegio di Gentile, falsamente sostenuto dal partito per effetto dell'accordo, fu trovato in Achille Occhetto, l'ex segretario nazionale del PCI, che non trovando posto negli allora sicuri collegi uninominali delle regioni “rosse”, accettò la candidatura a Cosenza e fu infatti sonoramente battuto nel collegio ed eletto solo con il proporzionale.
In particolare come presidente della provincia di Cosenza (anche se ciancia di “buon governo”), Oliverio ha solo peggiorato le condizioni di vita delle masse del Cosentino, basti pensare che la disoccupazione su base provinciale è al 23,3%, il tasso migratorio all'8,7%, non si vedono segni di ripresa dell'economia e per ogni aspetto della vita economica e sociale vale sostanzialmente quanto scritto prima per l'intera regione.
Fra i massimi corresponsabili delle disastrose politiche della "sinistra" borghese in Calabria, su tutte quelle della giunta regionale filomafiosa, Agazio Loiero, in odore di massoneria proveniente dalla DC, fu tra l'altro senatore con l'allora CCD di Casini passando a “sinistra” attraverso l'UdR di Cossiga dopo la caduta del primo governo Prodi e diventando poi ministro con D'Alema e Amato. E' di questi giorni la notizia dell'indagine nei confronti di tutti gli assessori della sua giunta in carica nel 2008, Domenico Cersosimo, Carmela Frascà, Silvio Greco, Damiano Guagliardi (del PRC), Luigi Incarnato, Mario Maiolo, Demetrio Naccari, Mario Pirillo, Francesco Sulla e Michelangelo Tripodi, portata avanti dal procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, che ipotizza una frode da 12 milioni di euro elaborata con la creazione di un fondo di garanzia per incoraggiare le banche a rilasciare fidejussioni agli imprenditori per far loro ottenere finanziamenti europei a fondo perduto per le assunzioni. La regione Calabria da una parte gestiva denaro per incentivare l'occupazione e dall'altra era garante di quelle aziende sulle quali avrebbe dovuto invece vigilare. Loiero non figura fra gli indagati perché assente al momento del voto di giunta istitutivo del fondo.

Valanga di impresentabili
Nelle liste di Oliviero tanti sono gli impresentabili, molti dei quali vengono da destra come Elio Belcastro ex Mpa e sottosegretario con Berlusconi, nella lista Calabria in Rete vicina al renziano segretario regionale del PD Ernesto Magorno. Rosario Mirabelli consigliere regionale uscente che passa continuamente da destra a “sinistra” da Chiaravalloti a Loiero quindi Scopelliti e ora si accasa con Oliverio. Salvatore Magarò, anche'egli deputato regionale uscente eletto nella lista Scopelliti presidente, oggi nel PSI, Orlandino Greco ex Mpa ed ex presidente del Consiglio provinciale cosentino, Rocco Sciarrone proveniente dai gruppi di “centro-destra” del Consiglio provinciale reggino, Flora Sculco, nella lista Calabria in Rete nella circoscrizione centro, figlia di Enzo Sculco esponente crotonese del PDL in passato molto vicino a Scopelliti, poi passato a “sinistra” con il suo movimento “i demokratici”.
Clamoroso il caso di Antonio Scalzo, deputato regionale uscente del PD, fresco di rinvio a giudizio da parte del tribunale del capoluogo per illeciti nella gestione dell'Arpacal, agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. Avrebbe ricevuto denaro in cambio di assunzioni insieme all'ex assessore della giunta Loiero, Diego Tommasi. Ma a Mario Oliverio non basta il trasformismo “tradizionale” ne propone una variante quasi schizofrenica: nella lista Autonomia e Diritti di Loiero è candidato il vicesindaco della giunta di destra di Locri (Reggio Calabria), Raffaele Sainato, così com'è candidato Vincenzo Loiero, consigliere provinciale di Reggio Calabria eletto con l'UDC nel “centro-destra” che ora corre nella lista Oliverio presidente, i quali dunque sono CONTEMPORANEAMENTE a destra e a “sinistra”!
Alla faccia del “rinnovamento” delle “liste pulite”, dell'“alternativa a Scopelliti e alle destre” di cui blatera senza dignità nelle piazze lo stesso Oliverio! Cose dell'altro mondo, anzi “dell'altra metà della luna”!
In ultima analisi con la vittoria di costui e dei suoi compari non ci vuole molto a capire che i calabresi rischiano di passare, perfino dopo Scopelliti, dalla padella alla brace!
Il “centro-destra” con 3 liste, Casa delle Libertà (espressione di Scopelliti), Forza Italia, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, candida a governatore Wanda Ferro, classe 1968, presidente della provincia di Catanzaro dal 2008 al 2014, da poche settimane sostituita da Enzo Bruno del PD eletto dai sindaci e consiglieri comunali della provincia anche per effetto della divisione a destra, con tanto di rissa finita in ospedale fra il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo e l'ex assessore Lomonaco che lo ha accusato di non aver sostenuto il candidato ufficiale della destra Tommaso Brutto.
Wanda Ferro è l'immagine speculare al femminile di Oliverio a destra, carrierista borghese come lui, collezionando però, finora, molte meno poltrone nel tempo del suo principale avversario. Inizia la sua carriera politica come consigliere comunale a Catanzaro con AN nel 1997, diventando poi assessore comunale alla cultura dal 2001 al 2006, quindi consigliere provinciale dal 2004 al 2008, quando viene candidata, eletta e riconfermata nella tornata successiva presidente della giunta provinciale del capoluogo, in quota AN prima e PDL poi, partito del quale diventa anche coordinatrice provinciale. Dal 2012 è vicepresidente del Parco nazionale della Sila.
Molto vicina in passato a Scopelliti è stata scelta dopo una guerra intestina fra i capibastone nazionali e locali del “centro-destra”, Jole Santelli (ex sottosegretario alla giustizia di Berlusconi), gli uomini vicini a Raffaele Fitto in Calabria, Scopelliti stesso, i fascisti della Meloni e così via, dopo infiniti tentativi di accordo con l'UDC dei Trematerra e il NCD dei Gentile, che poi non si è concretizzato. In pochi giorni è riuscita ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale con la scoperta della nomina da lei stessa effettuata a Direttore generale della provincia di Catanzaro di Gennaro “Rino” Amato, suo compagno di vita. La qual cosa ha sgombrato ogni dubbio circa la sua volontà di portare avanti politiche in sostegno della famiglia. La sua, ovviamente.
Nelle liste della Ferro molti degli assessori regionali uscenti di Scopelliti e personaggi che tanto male hanno fatto al popolo calabrese, dal già citato Giacomo Mancini jr a Nazzareno Salerno, assessore regionale al Lavoro, ras di Serra San Bruno, oggi fuoriuscito dall'NCD ma non per seguire Scopelliti bensi Forza Italia, come del resto altri in passato vicini all'ex governatore, come Fausto Orsomarso, Tilde Minasi, Daniele Romeo.
In entrata invece nella lista Scopelliti dall'UDC e dall'NCD vecchi politicanti come Gianpaolo Chiappetta e Gianluca Gallo.
Pure la Ferro ha candidati “schizofrenici”, allo stesso tempo di “sinistra”, che corrono nelle sue liste: Colomba Bonfà, in lista nella circoscrizione Reggio con Fratelli d'Italia-AN, è consigliere comunale di “centro-sinistra” e di maggioranza a Bianco (Reggio Calabria). Il consigliere di maggioranza (ed ex assessore) Alfonso Passafaro che sostiene la giunta locrese di destra è in corsa con la Ferro nella lista di Scopelliti, quindi contro il suo vicesindaco, di destra, in carica, Raffaele Sainato, che è, ribadiamo, in lista con Oliverio!
Fuori dalle liste vale la pena, a proposito di trasformismo politico borghese, segnalare il pubblico sostegno dato alla Ferro, in presenza dello sgherro del delinquente di Arcore Giovanni Toti, di Pippo Callipo, l'industriale del tonno, trombato alle scorse regionali come candidato governatore per l'IDV di Di Pietro, vicino a Oliverio fino a qualche giorno fa.
Con la lista L'altra Calabria si candida a governatore Domenico Gattuso, classe 1959, professore di Ingegneria Civile all'Università di Reggio Calabria, proveniente dal PCI, trombato alle scorse europee con Tsipras. La sua lista altro non è se non la fotocopia in salsa regionale appunto della lista L'altra Europa con Tsipras presentata alle scorse europee, con all'interno il PRC, dissidenti di SEL e rottami vari trotzkisti e ambientalisti.
Come per il parlamento della Ue imperialista così per la regione l'obiettivo è sempre lo stesso: legittimare a “sinistra” le istituzioni borghesi vendendo illusioni elettorali, costituzionali, riformiste e pacifiste per riportare alle urne gli astensionisti, gli anticapitalisti, gli antifascisti e i sinceri fautori del socialismo.
Tanto per capire quanto nulla abbiano a che spartire con le masse popolari anche Gattuso e i suoi candidati basta citare il caso di Lucio Cortese di Paola (Cosenza), candidato nella circoscrizione di Cosenza, trotzkista del PRC, eterno candidato a tutto ed eterno eletto da nessuna parte. Accanito sostenitore di candidature a sindaco di Paola in grado di far accapponare la pelle perfino in un falso partito comunista come il PRC: nel 1997 addirittura quella di Giorgio Sganga, detto “Giò Giò”, baby pensionato della scuola media, commercialista, espressione della mafia dei colletti bianchi in odor di massoneria, trasversalismo e 'ndrangheta i cui interessi personali e familiari vanno dalla banche alle costruzioni, dalle università pubbliche a quelle private, dalle contabilità di infinite aziende, al calcio e tanto altro ancora, insomma un capitalista dalla testa ai piedi, peraltro diventato ricco e potente anche facendosi chiamare compagno, proviene dal PCI, che oggi è schierato con Oliverio. Per inciso arrivò ultimo su 4 candidati in quelle elezioni anche se sostenuto da mezzo “centro-sinistra”, il fatto è che a Paola tutto sanno chi è davvero.
Nel 2007 e nel 2012 Cortese spinse per la candidatura, ottenuta e regolarmente bocciata dall'elettorato entrambe le volte dell'anticomunista ex PCI ed ex PSI Alessandro Pagliaro, tutte e due le volte nemmeno eletto consigliere comunale. Fece il giro d'Italia fra la base del PRC la sua battuta al comizio conclusivo della campagna del 2007 “il comunismo è fallito”.
Il Nuovo Centrodestra e l'Unione di Centro candidano Nico D'Ascola, avvocato reggino, senatore eletto (in realtà nominato) con il PDL in Calabria poi passato con l'NCD di Alfano dopo la rottura tra Berlusconi e il suo ex delfino. Difensore di Scopelliti nel processo Fallara (in passato fu avvocato anche dello stesso Berlusconi), non ha però seguito l'ex governatore fuori dall'NCD nella lotta scatenatasi con i fratelli Gentile per effetto della mancata elezione del ras reggino a Strasburgo.
Fino all'ultimo le due formazioni hanno oscillato fra le due coalizioni regionali, specie quella di Oliverio, intanto perché sarebbe stata una riproposizione “naturale” su terra calabrese della maggioranza di governo che sostiene Renzi, poi perché data per “vincente”. Tanto che lo stesso Antonio Gentile detto “U cinghiale”, senatore ed ex sottosegretario con Berlusconi prima e con Renzi poi (anche se in quest'ultimo caso si è dovuto dimettere per il tremendo caso della censura da lui voluta al quotidiano L'Ora della Calabria poi portato al fallimento, per impedirgli di parlare dell'inchiesta che riguardava il figlio Andrea Gentile) ha minacciato più volte il passaggio all'opposizione suo e di altri senatori a lui vicini in caso di mancato accordo elettorale in Calabria con Oliverio.
La scelta obbligata di presentarsi da soli, che non deve far dimenticare il fatto che l'NCD dei fratelli Gentile e l'UDC dei Trematerra sono fra i massimi corresponsabili dello sfascio della giunta nera e filomafiosa di Scopelliti, tanto che Pino Gentile, fratello di Antonio ed ex sindaco di Cosenza, è assessore uscente ai lavori pubblici come Michele Trematerra lo è all'agricoltura e alla forestazione. Tutti e due sono di nuovo in lista.
Due vere dinastie politiche borghesi quella dei Gentile e dei Trematerra, la prima nasce negli anni '70 a Cosenza all'ombra di Giacomo Mancini nel PSI, la seconda nella DC seguendo poi Casini fino all'UDC con Gino Trematerra ad Acri (Cosenza), feudo dei Trematerra e prosegue con il figlio Michele, attualmente indagato per aver favorito la 'ndrina dei Lanzino proprio ad Acri e dintorni concedendogli enormi privilegi nello sfruttamento delle risorse della montagna.
Il Movimento 5 stelle candida Cono Cantelmi, avvocato catanzarese, vincitore delle squallide “regionarie on line” che nulla hanno a che spartire con la democrazia diretta. Il partito di Grillo e Casaleggio, sempre più a destra, strizza in Calabria l'occhio al separatismo, agendo di fatto come una sorta di Lega del Sud, avallando e rilanciando quindi le sciagurate politiche federaliste di questi anni al servizio della borghesia regionale. Cavallo di battaglia di Cantelmi la proposta di dare “l'assegno di sostegno per 12 mensilità, per tutti i cittadini residenti nella Regione Calabria da almeno 5 anni, di cittadinanza italiana, di età compresa tra i 25 e i 64 anni, che risultino iscritti nelle liste dei disoccupati-inoccupati dei centri per l’impiego, aventi reddito familiare annuo inferiore a 12mila euro (o inferiore a 6mila euro se appartenenti a famiglie unipersonali)”.
Gli uomini di Grillo appaiono in Calabria in enorme difficoltà, sia per l'incredibile crollo alle amministrative di Reggio dello scorso 26 ottobre che li ha visti perdere ben 9 elettori su 10, sia per il citato caso di San Ferdinando nella piana di Gioia Tauro.
Di fronte a tutto questo schifo appare del tutto evidente che da un punto di vista di classe per il proletariato e le masse popolari calabresi l'unico voto utile è il voto dato al PMLI contro il capitalismo e per il socialismo attraverso l'astensionismo, disertando le urne, oppure annullando la scheda o lasciandola in bianco.
Alle elezioni regionali calabresi del 23 novembre vota il PMLI astenendoti!
Creiamo le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta!
Contro i governi regionali della destra e della “sinistra” borghese al servizio del capitalismo!
Per la Calabria governata dal popolo e al servizio del popolo!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Un simpatizzante calabrese del PMLI

12 novembre 2014