Assaltato e sciolto di forza il parlamento di Ouagadougou
Il popolo del Burkina Faso spazza via Compaoré
Il potere in mano ai militari che promettono un governo di transizione

 
Con un comunicato affidato alla lettura di una giornalista televisiva il presidente Blaise Compaoré annunciava il 31 ottobre le sue dimissioni da presidente: “Voglio preservare le conquiste democratiche e la pace sociale e dunque io dichiaro che il potere è vacante in modo da permettere la realizzazione di una transizione che deve sfociare in elezioni libere e trasparenti nel tempo limite di 90 giorni”. Seguito da un folto gruppo di collaboratori e amici lasciava la capitale Ouagadougou per scappare in Costa d'Avorio. La “transizione” annunciata da Compaoré era in realtà l'inizio della sua fuga dal paese cacciato dalla rivolta popolare esplosa all'annuncio della sua intenzione di cambiare la costituzione per potersi ripresentare alle elezioni presidenziali del 2015 e prolungare ulteriormente il suo mandato che dura già da 27 anni.
Le proteste organizzate dalle opposizioni avevano portato in piazza a fine ottobre centinaia di migliaia di manifestanti, fino a un milione quelli presenti alle iniziative del 28 ottobre che avevano il centro a Place de la Nation, la piazza principale della capitale del Burkina Faso stracolma di manifestanti con striscioni che riportavano scritte come “Blaise vattene” o “Non toccate l'articolo 37”, quello della costituzione che l'assemblea nazionale si apprestava a modificare nella seduta in programma per il 6 novembre.
Compaoré era alla guida del paese da 27 anni, dal 1987 quando con un golpe fece fuori l'allora presidente Thomas Sankara. I due facevano parte del gruppo dei militari che aveva preso il potere nel 1982 in seguito alla rivolta popolare contro le intromissioni della ex potenza coloniale francese che continuava a metter eil naso nelle vicende del paese nonostante l'indipendenza dichiarata nel 1960.
Nel 1983 Sankara divenne presidente, cambiò il nome al paese da Repubblica dell'Alto Volta, il fiume che lo attraversa, a Burkina Faso, la Terra degli integri nella lingua nazionale; nazionalizzò tutte le risorse terriere e minerarie, compreso lo sfruttamento dell'oro, una delle importanti risorse del paese, avviando una politica economica antimperialista con l'obiettivo di affrancarsi dalle potenze coloniali e dagli aiuti del Fondo monetario internazionale (Fmi).
Una “anomalia” sanata da Compaoré col golpe del 1987. Nel quasi trentennio del suo mandato Compaoré ha fatto del Burkina Faso un alleato di punta degli ex colonialisti francesi, che mantengono un nucleo di forze speciali nel paese, e degli Usa che dalla base militare di Kaya controllano coi droni il Sahel. Con la modifica costituzionale Compaoré puntava a rimanere al potere per altri 15 anni, una carica a vita.
La soluzione non era accettata nemmeno dal padrino imperialista francese e bocciata in una lettera inviatagli agli inizi di ottobre dal presidente François Hollande. Il cavallo era logoro e andava cambiato.
Il 31 ottobre, dopo una giornata di scontri tra manifestanti e polizia, Blaise Compaoré annunciava l'intenzione di lasciare il potere. In mani fidate. I vertici militari dichiaravano di aver preso il controllo del paese e il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Honoré Traoré, braccio destro del presidente in fuga, diffondeva un comunicato nel quale specificava che “in conformità alle disposizioni costituzionali, constatato il vuoto di potere che si è creato, tenuto conto dell'urgenza di salvaguardare la vita della nazione, io assumerò da oggi le mie responsabilità di capo dello Stato” dopo aver “preso atto delle dimissioni” di Compaoré.
Una soluzione bocciata dalla piazza che non accettava un prestanome di un dittatore in fuga. I manifestanti assaltavano il parlamento che era sciolto di fatto, in scontri che portavano a 30 morti e un centinaio di feriti, e assediavano per ore la sede dello Stato maggiore dell'esercito. Che affidava lo scettro del potere al colonnello Isaac Zida, un altro di quelli fidati alla corte del presidente in fuga ma meno compromesso.
“Non sono qui a usurpare il potere ma aiutare il paese a uscire dai guai”, dichiarava Zida, appena nominato capo di Stato ad interim dai generali che “temporaneamente” assumevano la guida del governo.
La Place de la Nation a Ouagadougou continuava comunque a essere piena di manifestanti, e era ancora presidiata il 4 novembre quando Zida prometteva di dar vita a un governo ad interim “con tutte le forze politiche” ma non accettava la richiesta delle opposizioni di metterlo in pratica nel giro di due settimane.
La vigilanza dei manifestanti deve restare alta affinché la rivolta che ha posto la fine alla dittatura trentennale di Compaoré non faccia la fine di quella egiziana, con Hollande e il colonnello Zida nei ruoli di Obama e del generale Sisi.

12 novembre 2014