Il partito di Obama punito per le diseguaglianze di classe, il lavoro precario, le ingiustizie sociali e il razzismo
Alle elezioni legislative negli Usa il 77% di elettori americani diserta le urne

Il partito democratico di Obama nei sondaggi era dato fortemente sfavorito rispetto il concorrente repubblicano nelle elezioni legislative di medio termine del 4 novembre e alla fine la batosta annunciata è arrivata ancora più pesante delle previsioni. Il partito repubblicano ha rafforzato l’ampia maggioranza di cui godeva alla camera già da quattro anni e ha ribaltato i rapporti di forza in senato conquistando 53 seggi contro i 46 dei democratici.
I repubblicani hanno vinto anche in Stati considerati in passato sicuri per i democratici come il Colorado , l’Iowa e il North Carolina e hanno conquistato anche la poltrona di governatore in 24 sui 36 Stati nei quali si rinnovava la carica, comprese le tradizionali roccaforti democratiche come Maine, Maryland, Massachusetts e l’Illinois di Obama.
L’amministrazione democratica della Casa Bianca dovrà governare per i prossimi due anni, fino alle presidenziali del 2016, con un parlamento in mano all’opposizione che già lo scorso anno, quando controllava solo la camera, l’aveva messa in difficoltà e costretta a cedere su alcuni capitoli per dare il via libera all’approvazione del bilancio federale.
I tempi delle elezioni trionfali del 2008, quando Obama era stato eletto presidente per la prima volta con lo slogan che prometteva grandi cambiamenti, erano già un ricordo sbiadito a fronte della politica dell’amministrazione democratica che in sei anni può annoverare a suo vanto la parziale modifica della sanità pubblica, che comunque ha appena scalfito lo strapotere delle società di assicurazione private, e poco altro.
Certo Obama era salito alla Casa Bianca poche settimane dopo il crack di Lehman Brothers che aveva dato il via alla devastante crisi finanziaria e economica che nel giro di poco tempo aveva raddoppiato il numero dei disoccupati da 7 milioni a 15 milioni e fatto crollare il potere di acquisto del reddito medio di un lavoratore sceso nel 2010 allo stesso livello del 1968. Oggi Obama poteva sbandierare altri numeri, dall’uscita del paese dalla recessione fino a una crescita economica del 2% all’anno che in Europa se la sognano, alla riduzione del numero dei disoccupati che comunque sono sempre 9,4 milioni. Ma sono numeri che vanno analizzati meglio perché nascondono una realtà che ha visto crescere le diseguaglianze di classe, il lavoro precario, le ingiustizie sociali e il razzismo, ovvero i motivi per i quali Obama e il partito democratico sono stati abbandonati e puniti da una buona fetta del proprio elettorato.
Gli Usa sembrano avviati fuori della crisi economica ma il beneficio finisce nelle tasche della minoranza ultraricca; i dati al 2012 sottolineano che il 90% meno ricco della popolazione detiene il 23% della ricchezza, circa la stessa quota che si registrava nel 1940, con i salari dei lavoratori fermi ai livelli di venti anni fa. I dati ufficiali della disoccupazione sono in parte falsati dal fatto che non sono calcolati coloro che non cercano attivamente lavoro, “scoraggiati” dal fatto che non lo trovano e che così escono dalle statistiche.
Sul piano elettorale questa situazione si traduce con una ancor più accentuata diserzione delle urne che lo scorso 4 novembre è stata scelta dal 77% degli elettori, con una crescita consistente rispetto al 63% delle precedenti legislative del 2010. Hanno disertato le urne i progressisti delusi dalle promesse di Obama finite nel nulla, ispanici e afroamericani in particolare, che avevano partecipato in misura maggiore alle elezioni presidenziali e che sono un bacino elettorale del partito democratico. Le hanno disertate soprattutto i giovani, da quasi il 90% di quelli compresi tra i 18 e i 29 anni. Solo il 13% di loro è andato a votare mentre le attese erano per una percentuale di otre il doppio; che comunque non arrivava a un terzo del corpo elettorale giovanile.
 

12 novembre 2014