Promosso da Usb, Cobas, Adl Cobas, Usi e Cub
Successo dello sciopero sociale
Manifestazioni in 60 città contro il Jobs Act, la precarietà, la controriforma della scuola e il governo Renzi. A Napoli occupata la tangenziale. A Roma lanci di uova e fumogeni contro il ministero dell'economia. A Palermo blocchi stradali. Cariche ingiustificate delle “forze dell'ordine”
Questa nuova forma di lotta non può però sostituire lo sciopero classico dei lavoratori e la direzione del proletariato

Si è svolto con successo lo sciopero generale sociale del 14 novembre, indetto per l'intera giornata dai sindacati di base Cobas, Usb, Adl Cobas, Usi e Cub, a cui hanno aderito collettivi studenteschi, centri sociali e del territorio, comitati e coordinamenti dei lavoratori precari, organizzazioni di migranti e di piccoli lavoratori autonomi. Oltre 100 mila lavoratori, disoccupati, precari, studenti e migranti, sono scesi in lotta con assemblee, sit in, manifestazioni e cortei in ben 60 piazze d'Italia, dal Nord al Sud, contro il Jobs Act, l'abolizione dell'articolo 18, l'attacco allo Statuto dei lavoratori, la precarietà, la controriforma della scuola e il governo Renzi.
Manifestazioni e cortei di migliaia e anche decine di migliaia di persone si sono svolte in almeno una ventina tra le grandi città del Nord come del Centro e del Sud, tra cui Torino, Milano, Bergamo, Venezia, Trieste, Padova, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Pescara, Napoli, Salerno, Bari e Palermo. La concomitanza dello sciopero proclamato nella stessa giornata dalla Fiom in tutto il centro-nord con manifestazione a Milano ha aumentato parecchio l'efficacia e l'impatto sociale, politico e anche mediatico di questa importante giornata di lotta inedita che dal Nord al Sud ha avuto Renzi e la sua politica come bersaglio centrale, e che fa salire ulteriormente la temperatura di questo autunno caldo aperto dalla grande manifestazione della Cgil del 25 ottobre a Roma contro il governo del nuovo Berlusconi e il suo arrogante attacco ai diritti e alle conquiste dei lavoratori. Una giornata che gli deve aver fatto fischiare non poco le orecchie, se dall'Australia si è scomodato a proclamare stizzito che “è finito il tempo in cui una manifestazione poteva far cadere un governo”: cioè che lui, come Craxi e Berlusconi, va avanti fregandosene della piazza.
Da Nord a Sud una prorompente volontà di lotta
Ecco un resoconto, forzatamente parziale, delle manifestazioni che si sono svolte nel Paese:
A Milano lo sciopero sociale si è incrociato con la grande manifestazione dei metalmeccanici per lo sciopero indetto dalla Fiom nel Centro-Nord, a cui seguirà un'altra a Napoli il prossimo 21 novembre e poi altre due in Sicilia e Sardegna. La città è stata percorsa da tre cortei. Imponente quello della Fiom con Landini e la Camusso che si è concluso in piazza Duomo, e che ha visto la partecipazione di 80 mila lavoratori. Sia Landini che la Camusso (che è stata anche fischiata) hanno avuto toni duri contro il Jobs Act e la legge di stabilità: “La partita non è ancora chiusa” ha detto Camusso, e Landini ha promesso che “non ci fermeremo, noi non stiamo scherzando”. Vedremo. Dal palco ha preso la parola anche un lavoratore dello sciopero sociale.
Un altro corteo con alcune migliaia di lavoratori aderenti alla giornata di sciopero sociale è confluito in piazza San Babila. Il terzo corteo, quello degli studenti, a cui si erano uniti anche i No Tav, con in testa lo striscione “La buona scuola siamo noi”, era stato autorizzato ad arrivare in piazza Fontana, per manifestare sotto la sede dell'Arcivescovado dove nel pomeriggio era stato indetto un convegno della Cei sulla “Buona scuola” di Renzi con un inviato del ministero dell'Istruzione. La guardia di finanza lo ha interrotto in piazza Santo Stefano e caricato a freddo da dietro, sparando lacrimogeni urticanti che hanno provocato vomito e malori a diversi manifestanti. Nel pomeriggio nuovo corteo verso l'arcivescovado, che stavolta i manifestanti sono riusciti a raggiungere, ma solo per essere imbottigliati davanti al portone d'ingresso e massacrati di botte dalla polizia piombata in forze.
Anche a Genova lo sciopero sociale si è sommato allo sciopero generale indetto dalla Camera del lavoro contro il Jobs Act e la legge di stabilità. Quattro i cortei della Cgil che hanno paralizzato la città per tutta la mattinata, con migliaia di lavoratori diretti verso piazza Caricamento. Imponente quello partito dalla zona industriale di Cornigliano, con in testa la Fiom ma anche molti lavoratori del commercio e dei servizi, a cui si sono uniti strada facendo i portuali. I metalmeccanici scandivano slogan come “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà”, e anche “Renzi attento, ancora fischia il vento”. Nel corteo anche Vincenzo Serrapica, lavoratore licenziato da Fincantieri per un diverbio con un capo, la cui vicenda è assurta a esempio di applicazione anticipata del Jobs Act di Renzi.
Da piazza Corvetto è partito il corteo dei dipendenti pubblici e delle municipalizzate, aperto dallo striscione dei lavoratori del centro stampa San Biagio in mobilità da gennaio, che stampano tra l'altro il “Secolo XIX”. Un altro corteo con gli edili si è mosso dal quartiere Foce, mentre un quarto corteo ha riunito i combattivi autoferrotranvieri dell'Amt, che hanno bloccato per alcuni minuti l'ingresso autostradale di Genova-Est.
Contemporaneamente e per tutta la giornata si è svolto anche lo sciopero generale sociale, animato da studenti, movimento di lotta per la casa, precari, centri sociali e No Tav, con un lungo corteo che ha attraversato tutto il centro, aperto da un grande striscione con scritto “PD uguale Precarietà e Devastazione”. Ha tentato anche di raggiungere la nuova sede del PD in via Maragliano protetta da un imponente sbarramento di polizia, bersagliandolo con lancio di uova. Ma lo stesso hanno fatto anche gli operai della Fiom staccatisi dal corteo Cgil in piazza Montano a Sampierdarena, bombardando con uova la locale sezione del PD.
A Padova lo sciopero sociale indetto da studenti medi, Cobas, Usb e centri sociali ha visto la partecipazione di migliaia di giovani e di lavoratori. In tarda mattinata un corteo di circa 500 giovani ha cercato di raggiungere la federazione del PD, ma è stato bloccato e caricato dalla polizia davanti all'istituto universitario di lingue in piazza Maldura. Il corteo si è poi diretto verso il centro e quindi la prefettura dove si è sciolto. Nel pomeriggio un altro corteo è sfilato in città prendendo di mira il sindaco leghista Bitonci.
A Bologna circa 500 persone hanno sfilato in centro e nella zona universitaria, guidate dai collettivi Cas, Tpo, Labas e Xm e dagli studenti universitari e medi, seguiti dai lavoratori di Usb e Cobas. Nella notte gli universitari avevano bloccato con strisce rosse e bianche le facoltà di giurisprudenza, lettere e medicina: in segno di protesta, avevano scritto, contro i “continui tagli all'istruzione e al diritto allo studio”.
Anche Pisa è stata animata da diversi cortei di studenti e lavoratori. Le manifestazioni più combattive si sono svolte davanti alla sede della Provincia, dove gli studenti sono stati aggrediti e manganellati dalla polizia, e all'aeroporto, in solidarietà ai facchini e agli altri dipendenti della cooperativa di servizi in lotta per le condizioni di lavoro.
Firenze è stata percorsa da circa 2.500 studenti e lavoratori in corteo, con in testa striscioni contro la politica del governo e il nuovo Berlusconi, tra cui “Contro il governo Renzi, no al Jobs act”, “No jobs act, no buona scuola”, “Rottamiamo Renzi” e altri slogan del genere. Occupati i viali di circonvallazione con manifestazioni che sono proseguite fino alle 15 del pomeriggio, dopodiché è cominciato lo sciopero degli autoferrotranvieri dell'Ataf.
Veramente notevole il successo dello sciopero sociale a Roma , che in tutto l'arco delle 24 ore ha visto accendersi cortei, manifestazioni, flash mob e altri eventi un po' dappertutto in centro e in periferia. Già la sera precedente volantinaggi e flash mob erano stati effettuati nelle strade della movida dei quartieri San Lorenzo e Ostiense. Al mattino presto un gruppo di attivisti dei comitati per l'acqua pubblica, con caschetti rossi e chiavi inglesi a imitazione di Super Mario Bros, ha occupato l'atrio di Acea, l'azienda comunale di acqua e energia che esegue 300 distacchi di acqua il giorno.
La mattina ha visto scendere in piazza 15 mila persone in tre cortei partiti da Piramide, La Sapienza e piazza Esedra, andando a confluire in un unico fiume in centro città. Spiccavano gli striscioni contro la scuola di Renzi e il Jobs Act, ma anche altri per l'acqua pubblica, per la pensione ai lavoratori “quota 96” e per Cucchi, come quello con la scritta “Mai più morti di Stato”. Davanti al ministero del Tesoro sono state lanciate uova e fumogeni. Poi il corteo si è diretto all'ambasciata tedesca, dove sono state lanciate alcune bombe di vernice. Al policlinico Umberto I i manifestanti hanno issato uno striscione con la scritta “Salute bene comune”.
Alcuni lavoratori sono saliti sulle impalcature del Colosseo per issare due striscioni contro la privatizzazione del trasporto pubblico e in solidarietà a Ilario e Valentino, autisti del Tpl romano licenziati dopo una loro intervista al programma tv Presa diretta . Bloccato il ministero dell'Istruzione dagli insegnati Cobas, con la parola d'ordine “contro il piano scuola di Renzi, assumere tutti i precari”. Notevole per combattività il colorato e rumoroso corteo di 500 migranti che hanno invaso via del Tritone per chiedere il diritto di asilo.
Un sit in di fronte alla Telecom è stato improvvisato da un gruppo di lavoratori dell'azienda staccatisi dal corteo, che inalberavano lo striscione “Telecom unica e pubblica”. Diversi ricercatori hanno inscenato un concerto di casseruole sotto le finestre del ministero della Funzione pubblica. Blocchi anche attorno al Miur e incursione all'ipermercato Auchan di Casalbertone, per denunciare lo sfruttamento del personale precario e i licenziamenti. Cortei anche a Cinecittà e al Pigneto. All'aeroporto di Fiumicino sono stati cancellati 22 voli.
A Napoli un corteo di 10 mila manifestanti, qualcuno dice 20 mila, studenti, centri sociali, precari, sindacati di base, in particolare contro il Jobs Act e lo Sblocca Italia sulla bonifica di Bagnoli, ha invaso la tangenziale percorrendo a piedi 2 km fino all'uscita di Capodimonte in direzione Pozzuoli, paralizzando il traffico e bloccando anche lo svincolo dell'autostrada. Il corteo ha attraversato anche il rione Forcella lanciando slogan contro Renzi e il caporione leghista e razzista Salvini. Nel pomeriggio volantinaggio nella zona dello struscio in via Toledo, per denunciare lo “sfruttamento dei precari nei negozi gestiti dalle multinazionali”.
Tra le altre numerose manifestazioni vale la pena di citare almeno quella di Torino , dove hanno sfilato 5 mila persone, con striscioni “Niente profitti sui nostri diritti” e “no jobsact, no precariato”; le migliaia di studenti e lavoratori in corteo a Novara ; il sit in di denuncia tenutosi a Venezia sulle condizioni degli stagisti e mediatori culturali delle istituzioni impiegati senza stipendio; la manifestazione di Trieste , con lo striscione “Renzi contro tutti, tutti contro Renzi”; quella di Pescara , dove in piazza i manifestanti hanno composto lo slogan “No Oil” contro le trivellazioni petrolifere nell'Adriatico previste dallo Sblocca Italia; il migliaio di persone che hanno manifestato a Bari e le altre migliaia in corteo a Palermo , con i numerosi blocchi stradali, favoriti anche dalla forte partecipazione degli autoferrotranvieri, che hanno lasciato metà dei bus nelle rimesse.
L'errore da evitare
Il PMLI non può che applaudire e appoggiare iniziative come questa giornata di lotta che assestano un duro colpo al padronato, al governo e all'arroganza antioperaia e neofascista di Renzi. Tuttavia sentiamo il dovere di mettere in guardia i lavoratori e i movimenti di lotta, in particolare i precari, gli insegnanti, gli studenti, i piccoli lavoratori autonomi, dalle teorizzazioni di certi dirigenti dei “sindacati di base” che rischiano di dividerli dalla classe operaia anziché unirli ad essa in un vasto fronte unito da essa guidato per sconfiggere l'attacco ai diritti sindacali, lottare per il lavoro, il salario, la fine del precariato e le altre rivendicazioni e buttare giù al più presto il governo del nuovo Berlusconi.
Non si può accettare infatti che passi tra i lavoratori e i giovani la concezione anarchica e spontaneista dello sciopero sociale espressa dal leader dei Cobas, Bernocchi, all'assemblea dell'11 novembre a La Sapienza con la partecipazione di Landini, secondo il quale “oggi non c'è più la classe operaia egemonica. É stata frantumata. Il Novecento è finito. Oggi c'è un pluriverso fatto di precari, partite iva e di molte altre forme di lavoro dipendente”. Una tesi che rischia di fare da sponda alle teorizzazioni reazionarie alla Renzi, che dipingono una classe operaia ormai minoritaria ed in via di estinzione, se non fatta di “privilegiati” che tolgono il lavoro e il pane ai giovani precari, e liquidano la lotta di classe come un residuo del Novecento.
Per quanto ridotto numericamente rispetto al Novecento, il proletariato è sempre oggettivamente la classe più rivoluzionaria della società, per il posto fondamentale che occupa nel sistema produttivo capitalista, perché non può emancipare se stessa se non rovesciando l'attuale ordine capitalista e borghese ed emancipando tutta l'umanità. E perché, come dice Lenin, è la classe di avanguardia di tutto il popolo, che svolge una funzione di avanguardia negli scioperi e nelle lotte, ed è l'unica capace di guidare tutte le altre classi sfruttate e oppresse ad abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo. Sarebbe perciò un grave errore se i lavoratori pubblici, i precari, gli studenti, gli artigiani, i disoccupati, dessero retta a quelli come Bernocchi; o come il manifesto trotzkista, che già esalta la nascita del “Quinto Stato”, che sarebbe avvenuto con lo sciopero sociale. L'antico sogno della velleitaria piccola borghesia “rivoluzionaria” di prendere il posto del proletariato.
Un sogno rimasto storicamente come una pia illusione perché nessun'altra classe può sostituirsi al proletariato come la classe antagonista per eccellenza della borghesia perché solo esso occupa il ruolo centrale di produttore del profitto nel sistema economico capitalistico.

19 novembre 2014